Caffè: la crisi si batte con la qualità

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Continua il calo dei consumi di espresso al bar: tra il 2007 e il 2010 il mercato ha perso in media il 2% l’anno a volume. I torrefattori grandi e medi reagiscono accelerando sul fronte dell’export. E in Italia tengono investendo su miscele di pregio e servizi

L'eccellenza premia e fidelizza: è la conclusione che emerge dallo studio sul business del caffè torrefatto nei pubblici esercizi di Cogent, società milanese di ricerche di mercato specializzata nella filiera del caffè. Il settore coinvolge 570 imprese, con un totale di 2.900 addetti. Il 23% del totale a volume del caffè torrefatto in Italia, pari a 56.970 tonnellate, è destinato all'horeca: in prevalenza a bar, birrerie e pub.
Un mercato che ha subito, anche se in modo contenuto, i contraccolpi della crisi, con un calo medio annuo del 2% in volume tra il 2007 e il 2010, pressoché tutto a carico del non decaffeinato (-2%), che detiene il 97% del mercato. Il calo medio del decaffeinato è dell'1%, a fronte però di una quota di mercato del 3%.

Un mercato diviso in tre

«La competizione tra le imprese è ulteriormente cresciuta - osserva Giandomenico De Franco, partner di Cogent e curatore della ricerca -: è sempre più difficile attuare strategie di “lock-in” degli esercenti, perché la rotazione nelle gestioni è diventata sempre più rapida». Lo dimostrano i dati sul turnover dei bar nel 2010: 8.382 imprese avviate e 11.713 cessate.
Il mercato si divide in tre gruppi competitivi. Le torrefazioni leader tengono le proprie posizioni grazie a un rapporto consolidato con gli esercenti e ai servizi offerti: formazione, assistenza ecc. Gli sforzi maggiori di queste aziende in termini di sviluppo del fatturato sono concentrati sui mercati esteri e sui sistemi monoporzione, capsule in testa.
Mantiene le proprie quote se non addirittura cresce la fascia media, grazie a rapporti più stretti con i gestori ottenuti realizzando corsi di formazione, ridisegnando il merchandising e rivitalizzando i prodotti. Anche queste aziende hanno intrapreso la via dell'internazionalizzazione, che fa intravedere prospettive interessanti specie nel caffè filtro.
Le torrefazioni “minori”, che offrono un prodotto di bassa qualità e per lo più operano in ambito provinciale, continuano invece a giocare su leva del prezzo e tentata vendita.
Nel 2010, secondo Nielsen, gli investimenti pubblicitari lordi dei torrefattori sono raddoppiati, passando da 127,7 a 233,9 milioni di euro. «Le aziende hanno capito che per crescere bisogna investire - riprende De Franco -. Hanno puntato soprattutto sulla tv, specie quella satellitare, mentre il web rimane ancora marginale, tranne per il monoporzionato. Sul punto vendita l'espresso esce sempre più dall'anonimato grazie all'affermarsi di pack di grande visibilità, come le campane in latta o materiale sintetico che spesso contengono miscele “esclusive”, di grande pregio, che permettono al locale di distinguersi e di offrire un'esperienza di consumo di alto livello».
Dato il contesto economico, Cogent individua nell'attenzione ai costi il principale fattore critico di successo per i torrefattori. La forte accelerazione del prezzo del caffè verde dalla seconda metà del 2010, oggi è destinata a erodere i margini delle torrefazioni, da cui ci si aspetta un ritocco dei listini. Un intervento che risulterà più “semplice” per le aziende che lo legano a una proposta di maggior valore: miscele più pregiate, merchandising più ricco, assistenza migliore. Altro fattore critico è la solvibilità dei clienti: già nel 2009 i tempi medi di incasso sono passati da 116 a 125 giorni. E il trend, almeno a breve, verosimilmente non cambierà.
La sfida per tutti sarà mantenere se non accrescere la qualità, senza cedere alla tentazione di risparmi su materie prime o forniture: macchine più volte rigenerate o di fascia di prezzo medio-bassa offrono prestazioni non idonee a esaltare la bontà della miscela. In caso contrario, la concorrenza basata sul prezzo potrà rapidamente approfittarne.

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