Rametti coi denti, rum a strati, shakerate da flair. La miscelazione del rum di 15 fuoriclasse all’Angostura Global Cocktail Challenge di Trinidad & Tobago
Al Trotter's Restaurant di Port of Spain, capitale delle isole di Trinidad & Tobago, si sono dati battaglia a febbraio quindici validi barman giunti dai cinque continenti. L'Angostura Global Cocktail Challenge si è svolta nei giorni del Carnevale, che per questo Paese caraibico, affacciato sul Venezuela, è una vera festa nazionale. Ma non lasciatevi ingannare: al Baccanale dei rum ocktail, come l'abbiamo ribattezzato, si è giocato sul serio. La dinamica del concorso è simile ad altre celebri cocktail competition internazionali. I giudici badano alla presentazione del candidato, alle competenze tecniche, alla pulizia dei gesti e della stazione, alla padronanza della storia dei cocktail, ma alla fine è sempre il prodotto base che conta. «Voglio sentire tanto Angostura nei cocktail», sussurrava prima della gara il mixologist neozolandese Jacob Briars, uno dei cinque membri della giuria insieme a Eric Forget, cellar master di Hine Cognac; Andy Griffiths, il neozelandese vincitore della precedente edizione; Vidia Doodnath, direttore di produzione di Angostura Group e il popolare bar chef americano Tony Abou-Ganim, autore del bestseller “The Modern Mixologist”, nella veste di presidente di gara.
Queste sono le regole del gioco
Due le ricette previste dal regolamento: una a base di Angostura Carribean Rum, l'altra a libera scelta, ma tutte con almeno 5 gocce di Angostura Aromatic Bitters. In palio 50 punti così suddivisi: 25 per il gusto, 15 per la presentazione, 5 per l'aspetto, 5 per l'aroma. Di fatto 35 punti riservati alla miscela, il resto allo speech. Ha vinto David Delaney Jr, ragazzone del Massachussets, che dice di provare un totale senso di appagamento. E non soltanto per l'assegno da 10.000 dollari che si è messo in tasca e o per il titolo di ambasciatore mondiale 2012 per Angostura. «La più grande soddisfazione è di sentirmi parte di un nuovo movimento che sta restituendo rispetto, dignità e ammirazione per chi fa il nostro mestiere. Credo che siamo finalmente vicini al giorno in cui non troverai più quel genere di cliente che chiede: Dunque cos'altro fai, oltre al barman, per guadagnarti da vivere?». Chi vince in un concorso internazionale importante come l'Angostura Global Cocktail Challenge sa di essere destinato a diventare opinion leader e si attrezza. Quando arrivi primo in una gara di questo genere sei consapevole di poter imporre uno stile, che di solito è quello più diffuso nel tuo Paese. La paternità di questa succosa teoria è del giudice Jacob Briars: «Se la spunta un americano e negli Stati Uniti va forte il genere speakeasy, di riflesso la sua vittoria farà da volano nel mondo alla cultura dei cocktail fossili. Se trionfa un malese o un indiano s'imporranno i drink a base di frutti esotici. Se vince un russo emergerà lo stile dell'Est Europa reso celebre da personaggi come Alex Kratena. Se vince un europeo, la rivisitazione dei cocktail classici, s'imporrà come il nuovo trend e così via. A questo si aggiunga, parliamo ovviamente dei casi più fortunati, che chi vince ha la chance di lavorare a fianco dell'industria per creare nuovi prodotti. È successo con il Lemon, Lime & Bitters, una miscela molto popolare in Australia, che adesso si può trovare anche in bottiglia, o con l'Orange Bitters di Angostura. Entrambi sono il frutto di un lavoro a quattro mani tra bartender e aziende».
La gara di Trinidad è stata stimolante come un aperitivo riuscito. Sono emerse tendenze trasversali. Prima fra tutte l'affermazione definitiva del concetto di condivisione. Tra siti, blog, social network e bar show la circolazione d'informazioni ha tra i barman ha accelerato il passo. Giuseppe Santamaria, bar manager del Boutique Bar dell'Olha Hotel di Barcellona, ne è convinto: «A Barcellona si mescola con un'attitudine simile a paradisi del cocktail come Londra, Berlino, Parigi. È l'Unione Europea del bere miscelato. Nella nostra cerchia puntiamo a favorire il libero scambio e la circolazione d'idee». Parla da portavoce europeo Giuseppe Santamaria. E ne ha tutti i titoli, lui che è italiano, ha lavorato da Londra a New York, da alcuni anni vive in terra catalana e rappresenta a Trinidad & Tobago l'intera Europa Occidentale.
Giuseppe, Stan e l'arte dello swizzling
Ciusseppi, come si ostinano a chiamarlo i suoi colleghi americani, ha giocato sull'identità di Angostura Bitters, sul suo corredo aromatico, sulle tradizioni caraibiche. Ha cucito un abito nuovo, usando tessuti speziati, per lo Swizzle, un must per i Caraibi. Il suo Tobago Swizzle Spice è un medium drink con 4 cl di Angostura 5 Year Gold Rum, 1,25 cl di Angostura Aromatic Bitters, 2 cl di succo di lime, 1,75 cl di sciroppo di cannella, 1,25 cl di Disaronno e una cilegina al maraschino. Per miscelarlo ha usato, e non stato l'unico concorrente, il tradizionale swizzle stick della Martinica. Un ramoscello dotato di “denti”, che permettono di raffreddare velocemente e creare una leggera spuma sulla superficie del drink. Nei Caraibi francesi questo strumento è conosciuto col nome di Bois Lé Lé ed è usato per drink come il Ti Punch o il Rum Swizzle.
Stanislav Vadrna, artista del genere, lo dipinge così: «I barman che fanno swizzling, hanno qualcosa di sensuale, misterioso. Quando stringi in mano lo swizzle stick è come se stringessi in mano la natura stessa. Diventi consapevole che i movimenti del tuo corpo influenzano il drink che stai preparando. Un consiglio: quando girate il bastoncino andate a tempo di musica, come se fosse una danza rituale. Ascoltare musica è il modo ideale per mettere in connessione il vostro corpo col bicchiere, il swizzle stick e il ghiaccio frantumato. In questo modo potrete condurre il vostro cliente in un viaggio in territori inesplorati. Quel bastoncino sarà il tramite per trasferire il vostro amore incondizionato alla bevanda che state preparando. Quando mescolate sentirete lo swizzle che col ghiaccio produce un suono. Quel “taca, taca, taca, taca” è una melodia che cattura chi vi osserva dall'altra parte del banco». Che piaccia o no, non si tratta di solo teatro, ma di arte del servizio. Ed è nella natura delle cose, che quando una cosa acchiappa il pubblico, diventi anche moda. Prendi la shakerata effettuata con due shaker che abbiamo visto eseguire a tutti e tre i concorrenti americani in gara. L'ha “brevettata” Tony Abou-Ganim, l'ha resa celebre Jim Meehan del Pdt di New York e ora è imitata dalla West alla East Coast. La doppia shakerata stupisce, ma allo stesso tempo è funzionale. «Può trasformarsi anche in una forma di danza, come ha dimostrato in gara Rachel Ford e secondo me questo sarà il flair del futuro». E se lo dice un asso internazionale del flair, Gianluigi Bosco, ospite all'evento di Trinidad, potremmo scommetterci.
Rum cocktail nello stile di Donn Beach
Altro spunto interessante è il ritorno di una miscelazione fatta di più rum. A differenza di altri distillati la sovrapposizione di rum diversi nella stessa ricetta può offrire risultati sorprendenti. Si prenda il Planter's Punch di Donn Beach. La chiave del suo successo sta nella combinazione di rum dall'aroma differente: un rum scuro giamaicano dove emergono le melasse, un rum bianco dry come si trovano a Porto Rico, qualche goccia di rum della Guyana Britannica, che dà alla miscela un tocco speziato tipico dei rum nati dalla pregiata canna da zucchero che cresce lungo il Rio Demerara. «È una questione di equilibri. Prima di miscelare faccio un esercizio: isolo mentalmente le note aromatiche del rum scelgo quale aroma dovrà essere messo in risalto. Nel caso di una gara sponsorizzata è imperativo trovare il modo per far diventare l'ingrediente sponsor una star». Lui, David Delaney jr, ci è riuscito. In Italia Rum Angostura è distribuito da Gancia