Il recupero di fabbriche, garage e palazzi: i nuovi locali li fanno rivivere

Il recupero dell’esistente è oggi una delle priorità delle amministrazioni pubbliche per dare nuova linfa vitale ai centri urbani. I locali sono in prima fila nel conquistare, recuperare e ridare vita a spazi dismessi

recupero vecchi spazi
Il recupero dell’esistente è oggi una delle priorità delle amministrazioni pubbliche per dare nuova linfa vitale ai centri urbani. Solo in Lombardia sono 1.000 le aree dismesse da riqualificare, contesti che offrono spesso una situazione ambientale favorevole per la realizzazione di locali che a volte ne diventano il centro d’attrazione

Una video installazione che ha messo in vetrina progetti di locali ubicati in contesti storici (es. la Starbucks Reserve Roastery all’interno di Palazzo Broggi a Milano o il Locale a Palazzo delle Seggiole a Firenze) o in aree industriali (es. Edit a Torino all’interno del complesso ex Incet, storica fabbrica di cavi elettrici). Luoghi “rigenerati” proprio per essere diventati destinazioni per attività di somministrazione e, allo stesso tempo, poli di attrazione e connessione sociale di interi quartieri. Così Bargiornale, all’ultima edizione del Salone del Mobile di Milano (9 -14 aprile 2019) ha voluto mettere in evidenza una tendenza diffusa in tutta la Penisola che vede il fuori casa protagonista di tante iniziative di riqualificazione urbana. Non è un caso che la video mostra sia stata presentata all’interno di The Bar-Caffè del Borgo, centro di aggregazione del quartiere Ventura-Lambrate, uno dei distretti più vivaci della Design Week e sede, nel secolo scorso, di alcune grandi fabbriche del milanese: dalla Faema all’Innocenti che produceva la Lambretta.

I numeri e gli investimenti

Solo in Lombardia, sono 1.000 le aree dismesse da recuperare - o in via di recupero - mentre nella sola Milano si contano 80 edifici abbandonati e 764 aree dismesse. Si tratta di aree classificate, secondo il più recente censimento e monitoraggio regionale, come “Aree della rigenerazione” che una volta recuperate possono portare entro il 2050 all’azzeramento totale del consumo di suolo come previsto dall’apposito disegno di legge ora al Senato. Investire nel recupero dell’esistente è, quindi, oggi una delle priorità delle amministrazioni pubbliche non solo italiane per dare nuova linfa vitale ai centri urbani sottraendo spazio al degrado e alla criminalità.

Per il periodo 2014-2020 l’Unione Europea ha programmato nuove risorse finanziarie per la riqualificazione urbana fra cui il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) che assegna almeno il 5% delle risorse (circa 7-8 miliardi di euro) ad azioni integrate per lo sviluppo urbano sostenibile. Jessica, ad esempio, è il nuovo strumento messo a disposizione della Commissione Europea di utilizzo delle sovvenzioni a titolo dei Fondi strutturali vigenti, per il sostegno ai progetti di sviluppo urbano che possono includere il recupero delle aree dismesse. È quest’ultimo un tema di primaria importanza nei Paesi industrializzati che hanno subito il passaggio da un sistema economico produttivo incentrato sull’industria a un sistema incentrato sui servizi con il conseguente inevitabile processo di dismissione sia di complessi e impianti industriali nel territorio, sia di molti grandi immobili e/o palazzi storici nei centri urbani. Negli ultimi decenni i progetti di pianificazione territoriale e di trasformazione delle città puntano, dunque, sulla riqualificazione delle aree dismesse, sulla valorizzazione delle archeologie industriali così come sul recupero e rifunzionalizzazione degli edifici sottoutilizzati.

Riqualificare nel fuori casa

Fra le possibilità di conversione della destinazione d’uso, vi è anche quella d’inserimento di attività legate al fuori casa. Un fattore fondamentale per il riuso adattivo di un’immobile industriale, così come di un edificio storico, è il suo potenziale di recupero in termini di trasformabilità e adattabilità (per le aree dismesse la necessità di bonifiche, lo stato di conservazione strutturale dei fabbricati, compatibilità delle caratteristiche architettoniche funzionali dell’esistente con le nuove destinazioni d’uso) e la posizione del sito. Naturalmente per far sì che un progetto di riconversione funzioni è necessario che si trovi in prossimità dei centri abitati dove esiste un potenziale bacino di utenza. Al di là delle possibili filosofie innovative di condivisione nate per limitare gli sprechi di risorse grazie alla crescente mobilità sociale (economia circolare, sharing economy, locazioni temporary), una delle maggiori strategie di natura pubblica o privata adottate per la riqualificazione di edifici di pregio e/ all’interno di un contesto di futura riqualificazione è quella del recupero con cambio di destinazione d’uso spesso in tutto o in parte per il settore fuori casa. Uno dei primi esempi in Italia è stata la riqualificazione dell’ex Mulino Stucky a Venezia convertito in un Hilton (inaugurato nel 2007), mentre fra i più recenti quelli a Torino dell’ex Incet - Industria Nazionale Cavi Elettrici Torino con la nascita dell’incubatore gastronomico Edit (2015) o a Milano dell’ex fabbrica Richard Ginori e dell’area circostante con l’apertura di numerose attività e di un ristorante gourmet come Lume dello chef Luigi Taglienti (2016). Per non parlare di Nuvola, il nuovo centro direzionale Lavazza, firmato Cino Zucchi Architetti, frutto di un progetto di riqualificazione del quartiere Aurora di Torino che ha preservato l’architettura industriale esistente, dando vita a un nuovo spazio aperto alla città (2018).

Sempre più spesso nei centri storici porzioni di immobili (spesso il piano terra) resesi libere per cambio di destinazione d’uso o cessione di attività vengono destinate a bar-caffetteria o bistrot con cocktail bar in virtù dell’aumento dei consumi fuori casa spinto dalla forte mobilità sociale e dal turismo. Un vero e proprio fervore di rinnovamento favorito da grandi società (Starbucks a Milano è l’esempio più recente), ma anche da piccole realtà locali soprattutto di giovani imprenditori.

Gli immobili nelle zone centrali urbane, soprattutto a valenza storico-artistica che richiedono maggiori investimenti per la riqualificazione, sono sempre più ambiti dai grandi gruppi o catene (abbigliamento, alberghi, società finanziarie o d’assicurazione) che spesso si affidano a progettisti di chiara fama per aumentare il ritorno d’immagine.

In quest’ultimo caso la tendenza è quella della conservazione dell’involucro esterno e della ristrutturazione degli interni sulla base delle nuove esigenze normative e di destinazione d’uso (spesso assoggettate ai vincoli imposti dalla Soprintendenza preposta), mentre per quanto riguarda l’ambientazione i progettisti (architetti, interior designer, scenografi e persino registi) possono avere ampia libertà d’azione (mood, materiali e arredi) oppure seguire le linee guida della committenza. Philippe Starck, Patricia Urquiola, Karim Rashid, Martin Brudnizki sono tra i nomi internazionali più famosi coinvolti in recenti progetti di “recupero” fino a Wes Anderson che ha progettato il Bar Luce della Fondazione Prada. E l’ispirazione è quasi sempre dettata dal “contenitore”, storico o industriale che sia. *

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