Come vi definite, un brewpub forse? «Brewpub è corretto, ma siamo molto altro». Perché se è vero che la protagonista è la birra, che viene anche prodotta all’interno del locale, la definizione di pub sta davvero molto stretta all’Osteria di Birra del Borgo, anche ambasciata romana del birrificio di Borgorose, in provincia di Rieti. Aperta da quasi un anno è un luna park della ristorazione da 300 mq e 120 posti a sedere. Qui si cucina, si prepara la pizza, si realizzano cocktail prevalentemente con la birra, che si produce all’interno e si propone rigorosamente alla spina. Il tutto in una location originale, anticamente una rimessa per automobili, restaurata in passato e resa già locale di tendenza da Cristina Bowerman e soci, che qui aprirono il primo Romeo Chef&Baker. Per poi cederla a Leonardo Di Vincenzo e soci, che l’hanno riadattata per farla sembrare in tutto e per tutto una costola del birrificio di Borgorose.
A rendere il progetto unico, una parata di “star” del food&beverage capitolino, che hanno risposto alla chiamata del re dei birrifici artigianali laziali: Gabriele Bonci0 ha elaborato la linea della pizza, in teglia e alla romana, che viene servita in tranci (o meglio Trrranch); Marco Valente e Irma dalla Taberna di Palestrina si sono spostati all’osteria per occuparsi del reparto cucina; Alessandro Procoli e i ragazzi del Jerry Thomas hanno elaborato la carta dei cocktail e hanno formato Giulio Pentenè per rappresentarli dietro al lungo bancone di via Silla. Cuore dell’offerta sono le 24 spine, di cui 4 linee a pompa, più una cinquantina di bottiglie di birre “ospiti”. Si tratta di spine collegate a barili (cask) e non a fusti di acciaio. Parlavamo di produzione interna e, difatti, il punto di attrazione più importante del locale è l’impianto da 350 litri a cotta con grande tino a vista, i due fermentatori in legno da 600 litri e le anfore in terracotta utilizzate per far “maturare” le specialità birrarie.
Specialità della casa
È intanto già nata la prima birra prodotta all’interno del locale, battezzata Trenta Denari: una pale ale maturata in anfora, dall’intensa speziatura, data dalla verbena odorosa e dal pepe cubebe. Attualmente in fermentazione, c’è invece un’altra birra prodotta con l’utilizzo di lime e limoni derivanti dalle lavorazioni del bancone. Il riutilizzo delle materie prime e l’azzeramento degli scarti è uno dei punti cardine della sinergia fra i vari laboratori operanti all’interno dell’Osteria. Come si diceva il reimpiego di lime e limoni, ma perfino le lische delle alici sono finite in un nuovo progetto di birra. Bionde e rosse sono protagoniste anche nella preparazione di miscelati. E qui gioca un ruolo importante Giulio Pentenè, laurea in botanica e grande passione per le spezie. «Avere a che fare con birre molto particolari - spiega a Bargiornale - rende il bilanciamento ancor più complesso. Ci sono birre che sono già piccoli cocktail che bisogna esaltare e non coprire con la miscelazione». Poche le lavorazioni concesse: ad esempio, “no” alle riduzioni e “sì” al sifone per rendere la schiuma ancor più suadente. La carta dei cocktail è in costante evoluzione e, in parte, è studiata in collaborazione con il team del Jerry Thomas, Alessandro Procoli in primis.
Cucina bio e tranci
La cucina è, invece, il regno dello chef Marco Valente. O meglio, oste, perché è questa la veste che ha deciso di ricoprire in questo locale. Il suo marchio di fabbrica è: paste fresche e materie prime d’eccellenza scelte insieme al compagno d’avventura, il genio della pizza al taglio Gabriele Bonci. Rigoroso, ad esempio, il lavoro fatto da entrambi sui cereali, selezionati per birre e pizze. Bonci ha formato personalmente il giovane pizzaiolo Luca Pezzetta per proporre in osteria i suoi famosi tranci romani che fanno capolino nel menu. Ad esempio nel “Percorso Atipico”, tagliere da 5 tranci abbinati ad altrettante birre in perfetta sintonia di gusto.