
Poteva un cocktail bar a Pompei non ispirarsi alle meraviglie del sito archeologico più famoso d'Europa? La nuova cocktail list del The Roof è un viaggio nella Pompei di ieri e di oggi, tra archeologia, arte e spirito internazionale. Il cocktail bar sulla terrazza panoramica dell’Hotel Habita79 MGallery Collection di Pompei, che con i suoi 162 posti a sedere, offre una vista sul Vesuvio e i Monti Lattari, si presenta al pubblico con i nuovi 10 signature cocktail (tutti in carta a 15 euro), creati da Ferdinando Longobardi, bar manager e mente del progetto beverage, insieme a Giovanni Langella e Christian Cascone, head bartender, che ripercorrono la storia della città resa eterna dall'eruzione del 79 d.C., non senza un twist contemporaneo.
Il percorso comincia proprio da Pompei, il drink simbolo: un gin nobilitato da un cordiale di caprettone (vitigno storico della zona), yuzu per un influsso asiatico e polvere di lampone che evoca il celebre rosso pompeiano. C'è poi Dedalo, twist sul Paloma con tequila, sciroppo d'uva e soda al pompelmo rosa, che rende omaggio all'omonima statua alle porte degli scavi. Have è invece un delicato gin tonic con cordiale di sakura e albicocca Pellecchiella del Vesuvio, limone e tonica richiamo poetico all’accoglienza latina e allo spirito da giramondo del suo ispiratore. Il 79 d.C. è un colpo di scena liquido: mezcal, cordiale di lime e basilico, con un tocco piccante di jalapeño. «È il nostro cocktail più teatrale. Come il Vesuvio prima dell’eruzione, sembra tranquillo ma poi esplode di sapore», spiega Longobardi. Servito in ceramica siciliana con tappo rimuovibile, è un piccolo capolavoro scenico. Tra le esperienze più immersive c’è Gli Amanti, servito con champagne e una boccettina da versare al momento contenente vodka, simple syrup, tamarindo dolce, e limone. Il cliente “ridà vita” al drink, esattamente come facevano gli archeologi ottocenteschi con i celebri calchi. Il lato più ironico della lista arriva con Priapo, tiki drink afrodisiaco a base di rum Barcelo, sherbet ai lamponi, passion fruit e home mix alla cannella, ispirato al mosaico del dio Priapo nella Casa del Fauno. L’estetica ne fa uno dei best-seller della carta (nonché quello più popolare sui social). C’è poi Venus, un Boulevardier chiarificato allo yogurt alla fragola, con bitter al cioccolato, servito in una coppetta “lava” dai toni rosso fuoco, omaggio alla Dea Venere e alla lava del Vesuvio. Velvet Martini, invece, celebra il vitigno coda di volpe e gioca su texture e contrasti con bitter alla pesca, mentre Petite, amaro e fresco, chiude il menu con una strizzata d’occhio alla “Piccola Pompei” scoperta in Francia, mescolando amaro locale, rosolio al bergamotto, Chartreuse verde, limone e soda.
La proposta culinaria firmata dallo chef Roberto Lepre è pensata per accompagnare l’esperienza beverage, ma anche per diventare protagonista. «Quest’anno abbiamo ampliato il menu per offrire una cena completa: dalle tapas ai primi piatti, fino ai dolci. Il cliente può vivere qui l’intera serata, senza dover cambiare location», racconta Longobardi. Il menu ha un’anima internazionale e contaminata, ma radici ben piantate nel territorio: lievitati realizzati con mosto d’uva dei cocktail, antipasti da condividere fra cui, Capesante ai carboni servita con spinaci al burro, 'nduja e quinoa soffiata (tapas 13 euro, regular 19 euro); Ricciola al kamado laccata in salsa agrodolce con puntarelle alla romana e maionese di papacelle (tapas 13 euro, regular 19 euro), Spaghetti di Gragnano Igp con burro di Normandia, astice e limone; Agnolotti strigliati di pasta fresca al basilico, provolone del Monaco e carciofi di Schito in doppia consistenza. Il best seller è il Burger, preparato con bun home made ai semi di sesamo, hamburger di Scottona, rucoletta all’insalata, salsa smokey, lamelle di Parmigiano Reggiano 24 mesi e cipolla di Tropea caramellata, viene servito con patatine fritte e maionese al ginger. Non mancano, ovviamente, i dolci artigianali. «Ogni elemento nel piatto parla con il drink, sono frutto di uno studio a quattro mani tra cucina e bar», aggiunge lo chef.
La forza di The Roof Pompei è la sua capacità di unire mondi: l’archeologia e il design contemporaneo, il drink d’autore e l’accessibilità, l’ospitalità di hotel e la vivacità di uno street bar. «Volevamo creare un luogo in cui bere bene fosse per tutti, non solo per chi alloggia in hotel. Abbiamo rotto il cliché dell’hotel elitario, formale e inaccessibile». Missione riuscita: oggi The Roof è frequentato da un pubblico eterogeneo: locali e turisti, dai 22 ai 45 anni e oltre. Si arriva anche da Napoli, per vivere serate complete tra aperitivi, cena e dopocena. Un progetto che ha sdoganato l’hotel bar in Campania, aprendo le porte a una nuova idea di convivialità. «Per me, che sono pompeiano, dopo varie esperienze nazionali e internazionali, lavorare qui è stato un po’ come chiudere un cerchio. Ma è anche un punto di partenza: vogliamo essere un esempio per altri hotel, che possono diventare hub creativi e aperti, non più luoghi distanti. The Roof è la dimostrazione che si può fare», conclude Longobardi.