È qui la festa? Il Tyler, locale trasformista

Alla scoperta del locale di Ponte Milvio che ospiterà la prima tappa di Baritalia 2019. Appuntamento lunedì 27 maggio a Roma

Dieci signature drink, hamburger gourmet, grandi spazi e dj set. Il Tyler si impone nel panorama romano

A sentire la storia del Tyler non può non venire in mente Gino Paoli che cantava “eravamo quattro amici al bar, che volevano cambiare il mondo…”. In questo caso gli amici sono partiti in quatto da Fregene e hanno cambiato il mondo del food&bev dal litorale laziale a Roma Nord, con locali di successo che attirano folle di appassionati. Il tutto in cinque anni: dall’apertura del Jolly Roger a Fregene (2014) a quella del Blanco Beach Club, una discoteca con aperitivi sul mare.

Nel 2018 gli amici diventano cinque e iniziano la conquista di Roma partendo da Ponte Milvio, con il Tyler, e ancora una rapida successione di aperture dell’insegna Lievito, prima a Prati, poi Fleming, a breve via Chiana, con il coinvolgimento di altri finanziatori, oltre a uno degli alfieri della pizza a Roma, Stefano Callegari.
Eppure “quelli del Jolly Roger”, come amano definirsi, restano umili e si definiscono con convinzione “prima mangiatori e bevitori che proprietari di locali”. Bargiornale ha incontrato in un normale mercoledì sera due di loro, Carlo Roscioli e Giovanni Bertugno, in un Tyler prima tranquillo, poi a mano a mano sempre più affollato. Atmosfere American diner anni ‘50-'60, poltroncine rosse e attenzioni che non ti aspetti, perché in un locale estremamente casual destabilizza non poco vedere arrivare prima un amuse bouche, poi un dolce cadeau a fine serata (dei biscottini).

La carta e altro ancora

Nel mezzo cocktail fatti con cura, studiati nei minimi dettagli dal bar manager Carlo Piccerillo, dalla sua squadra e dai ragazzi del Jerry Thomas, con cui c’è una partnership per lo studio dei signature, dieci in carta, in cui far giostrare le circa cento referenze in bottigliera. Non scontata neanche la selezione di birre artigianali, con dieci pompe che spaziano da Birra del Borgo a Toccalmatto, che si affiancano a un’ampia carta di referenze in bottiglia. E ancora un menu composto da hamburger e bao al vapore, da nuggets e chicken wings, da ribs e pulled pork, con la particolarità che la carne viene dalla macelleria Feroci, una delle più rinomate di Roma, e che i piatti in carta, pane e pasticceria sono completamente home made.

Spiega Giovanni Bertugno: «Abbiamo iniziato facendo un menu che ricordasse molto da vicino quello del Jolly Roger, ma che non proponesse le stesse pietanze, per evitare di sovrapporci con il nostro locale di Fregene». Specializzazione negli hamburger e nei panini in generale, quindi, che nel pane fatto in casa trovano la loro particolarità rispetto a molti competitor diretti.

Ma qui c’è molto di più, a partire dalle dimensioni del locale, che sono di tutto rispetto: quattrocento metri quadrati interni che raddoppiano nella bella stagione con il dehors. Proprio grazie a queste ragguardevoli dimensioni, il Tyler è riuscito a imporsi nel panorama capitolino come “locale con programmazione”, perché dire che è un locale dove si fa musica è riduttivo. Il Tyler dalle 23 in poi si trasforma, con un fitto calendario che spazia dai concerti al dj set, dall’apprezzatissimo appuntamento del Tylerdì con il karaoke (800 persone a serata, con prenotazione necessaria anche con 3 settimane d’anticipo) al Doctor Why, il famoso quiz da pub, che partirà a breve. Il risultato, ad oggi, è che l’orario dell’aperitivo è quello più tranquillo per il Tyler, che l’ora di cena è appannaggio di giovanissimi e famiglie, alla ricerca di un po’ di comfort food all’americana, e che la vera folla arriva nel dopocena, quando la prenotazione è d’obbligo e si fa fatica a trovare posto a sedere.

Fra le novità anticipate a Bargiornale dai soci c’è un imminente restyling, che parte dall’estetica del locale per spostarsi proprio sul concept. Spiega Giovanni Bertugno: «Prima di diventare Tyler questo locale era sede di un Crazy Bull, la famosa catena american style che ha spopolato nei primi anni del 2000. È anche per questo che abbiamo scelto di partire proprio come American diner anche nell’arredamento. Non volevamo destabilizzare la clientela affezionata».

Una volta messi a loro agio sia i vecchi clienti del Crazy Bull, sia gli aficionados del Jolly Roger, oltre ai nuovi appassionati del Tyler, i cinque soci adesso si sentono pronti per il passo successivo: «Siamo ai primi rendering con il famoso architetto romano Matteo Parenti, che ha già curato il progetto di Lievito Fleming. La nostra intenzione è quella di far cambiare pelle al Tyler e portarlo più verso atmosfere british: vogliamo farlo diventare un salotto casual londinese, che strizzi un po’ l’occhio ai gastropub, ma che mantenga sempre la sua caratteristica di comfort».

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