Bignami dello specialty in miscelazione

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Mirabilia Coffee e Nonsolococktail insieme per degli incontri di divulgazione sul caffè nei cocktail. Le basi per muovere i primi passi in tema

L’utilizzo del caffè in miscelazione è cosa nota e decisamente datata, ben più di quanto peraltro si conosca generalmente. L’Espresso Martini di Dick Bradsell, realizzato negli anni Ottanta, è divenuto in breve un pilastro della cocktelleria contemporanea, e trent’anni prima era toccato al leggendario Irish Coffee di Joe Sheridan all’idroscalo di Foynes, in Irlanda, poi reso celebre da Stanton Delaplane e Jack Koepple al Buena Vista Cafè di San Francisco. Il matrimonio tra bevande alcoliche e caffè, in ogni caso, era piuttosto frequente già nel centro Europa dell’Ottocento, soprattutto nelle kaffeehauser austriache, e anche in Italia non è certo sconosciuto il caffè corretto con un goccio di distillato.

Un ingrediente specialty

Evolvono le tecniche di miscelazione, ed evolve di conseguenza il caffè che viene utilizzato: citofonare a Mirabilia Coffe, realtà che si concentra sulla divulgazione del caffè specialty e che insieme alla firma di consulenza Nonsolococktail ha avviato degli incontri volti alla discussione dello specialty come ingrediente nei cocktail. Come racconta Alice Monti, curatrice e ideatrice di Mirabilia, «il caffè specialty rappresenta il 10% della produzione mondiale. Si tratta di un caffè di qualità superiore, dal profilo aromatico spiccato, che rimane organoletticamente fedele alla pianta. Ogni pianta è diversa, di conseguenza anche i sentori di ciascun chicco, che è il seme della pianta, cambiano». Acidità e amarezza sono le caratteristiche principali con cui il caffè contribuisce a una miscela, insieme al bagaglio di sentori secondari che ciascuna tipologia porta con sé.

Una lavorazione più controllata

Per quanto il prodotto caffè sia per definizione poco sostenibile (coltivato in climi tropicali, necessita di trasporti ingenti per forza di cose), lo specialty mantiene una filiera controllata e cortissima, con pochi intermediari tra torrefattore e venditore, a fronte del caffè commerciale che vede una continua coltivazione intensiva e ha un valore determinato dalla borsa, quindi distante dal valore effettivo del prodotto. Enorme attenzione va posta poi sulla tipologia di lavorazione. Lo specialty può essere naturale: le ciliegie della pianta vengono essiccate al sole, la buccia si rapprende, i chicchi vengono raccolti e asciugati. Gli zuccheri vengono trasmessi organicamente tra polpa e chicco, ne risulta un caffè più dolce ma potrebbero esserci sovrafermentazioni non spontanee: è dunque una lavorazione che richiede maggior gestione e controllo. «Motivo per cui», spiega Alessandro Bignamini di Nudo Coffee, «anche alcuni naturali meno pregiati possono costare come varietà di altissimo livello, dato il consumo di tempo ed energia».

Il caffè lavato

Si parla, altrimenti, di lavato: il chicco viene spolpato, poi messo a fermentare per circa 24 ore, con l'eventuale piccola fermentazione che ne risulta utile a rimuovere la mucillagine. Il seme viene poi asciugato e pompato con acqua corrente in taniche, così che appunto si lavi, e poi essiccato. Il caffè derivante è più stabile, più acido, meno dolce ma decisamente più brillante.

E su questi toni gioca il bartender. Lo racconta Stefano Zarotti, ex barista e protagonista in latte art, oggi membro di Nonsolococktail. Per il suo Tu vuò fa’ l’Americano, twist sull’aperitivo italiano, sceglie un Honduras in moka. «Un caffè delicato, il cui carattere non è pesante o impattante, per un cocktail che funziona benissimo anche pre-dinner». Sentori di arancia, uva bianca, caramello, che si mescolano egregiamente con la parte vinosa del vermouth e le spezie del bitter, legate anche da una crusta di mandorle tostate.

Poi una proposta analcolica, che accontenti chi non può o non vuole assumere alcool e magari prediliga qualcosa di più dolce (non a caso, il caffè è una delle colonne meno conosciute della miscelazione tiki). Ecco allora una Coffe Colada, con estratto di ananas, succo di lime e crema di cocco, al quale si aggiunge un caffè Guatemala estratto in french press (grana più doppia, infusione con acqua calda per circa quattro minuti): frutta a guscio, caramello, frutta secca, una decisa dose di tropicale per un cocktail chiaramente estivo e approcciabile.

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