Pioggia di ricorsi dei contribuenti contro i comuni che hanno applicato l’Iva al 10% sulla Tariffa di igiene ambientale: secondo la Corte Costituzionale, infatti, non è dovuta. Più difficile ottenere il rimborso invece nel caso di pagamento della Tia2
Sul pasticcio dell’Iva applicata alla tariffa rifiuti si stanno muovendo anche le procure. L’intrico sembra infatti non risolversi, nonostante la questione - sul piano del diritto - sia chiara: la Tia (tariffa d’igiene ambientale) è un tributo e quindi non deve essere soggetta all’Iva. Lo aveva stabilito la Corte Costituzionale già nel 2009: la Tia è una tariffa solo nel nome, perché la somma da pagare non è proporzionale alla quantità di rifiuti prodotti, ma dipende da indicatori come superficie dell’immobile e categoria d’utilizzo. E non si può applicare un’imposta su una tassa. Così molti contribuenti hanno chiesto la restituzione dell’Iva versata indebitamente.
Il Governo è corso ai ripari con il Dl 78/2010 (art.14, comma 33), dichiarando che la tariffa rifiuti è un’entrata patrimoniale e come tale soggetta a Iva. Nel suo intervento si è però riferito alla nuova tariffa, la cosiddetta Tia2 (tariffa integrata ambientale) introdotta con il Codice dell’ambiente 2006 e all’epoca ancora inattuata, e non alla Tia, che era stata introdotta con il decreto Ronchi (22/1997) per sostituire la Tarsu (tassa rifiuti solidi urbani). Il ministero dell’Economia (circolare 3/2010) ha poi provato a “metterci una pezza” e bloccare le istanze di rimborso, sostenendo la continuità tra Tia e Tia2.
Ma l’interpretazione è stata sconfessata dalla Corte di Cassazione (sentenza 3756/2012), che l’ha definita il «frutto di una forzatura logica». In attesa di una soluzione legislativa, i contenziosi si moltiplicano nei 1.197 comuni che al 2010 hanno applicato la Tia. Nel 2011 sono passati a 1.340; alcuni, però, hanno optato per la Tia2, che nel 2011 ha visto le sue prime applicazioni.
Tia e Tia2: le differenze
Ci sono dunque due entrate che funzionano allo stesso modo ma hanno diversa natura giuridica: tributaria la Tia, patrimoniale la Tia2. Per capire se si ha diritto al rimborso bisogna guardare al tipo di prelievo. Se il comune non invia alcuna fattura, si è in presenza della Tarsu (in vigore nella maggior parte dei comuni): qui l’Iva non è applicata. Se invece si parla di tariffa, vanno guardati i riferimenti legislativi citati in bolletta: l’art. 49 del Dlgs 22/97 per la Tia e l’art. 238 del Dlgs 152/06 per la Tia2. Nel primo caso va presentata istanza di rimborso al gestore del servizio entro cinque anni (per altri 10) dal pagamento: in caso di rifiuto, lo si può citare in giudizio davanti al giudice ordinario.
Nel secondo caso la faccenda si complica: bisognerebbe adire la magistratura ordinaria, chiedere l’illegittimità dell’articolo 14 del Dl 78/2010 per violazione dell’articolo 3 della Costituzione e rimandare l’argomento alla Consulta.