Scelte orientate al risparmio, ma il mercato del fuori casa tiene

Osservatorio –

Il 2011, secondo il panel Crest/Npd Group, si chiude con un lieve segno più per il comparto dei bar: crescono visite e scontrino medio. Ma i consumatori si orientano verso formule e comportamenti di consumo che consentono di contenere la spesa

Non si piange, ma nemmeno si ride. Il bilancio del 2011 per il settore del fuori casa italiano, fotografato da Npd Group, evidenzia un mercato sostanzialmente piatto. In realtà qualcosa si muove: i due maggiori segmenti, quick service e full service, grossomodo corrispondenti a bar e ristoranti, mostrano una segno positivo sia nel numero di visite da parte dei clienti sia nella spesa.
«Si tratta tuttavia di incrementi di minima entità - afferma Matteo Figura, responsabile della business unit Foodservice di Npd Group in Italia -. Ma che, considerando la situazione economica generale, testimoniano una tenuta che non molti settori possono vantare».
Il bar si conferma di gran lunga il segmento principe del comparto: non solo per il numero di visite enormemente maggiore rispetto a quelle registrate nei ristoranti (motivato soprattutto dal peso delle prime colazioni), ma perché anche in termini di spesa mostra un fatturato superiore.

Aperitivo in salute

Analizzando la distribuzione delle visite nell’arco della giornata, emerge con evidenza che l’unico momento che registra una certa vivacità è quello delle pause. Il merito, in questo caso, va ascritto interamente al rito dell’aperitivo.
«Negli ultimi anni - spiega Figura - registriamo una discreta vivacità dei consumi legati all’aperitivo. A crescere non sono tanto il numero di visite, che restano al contrario sostanzialmente stabili, ma il tipo di consumi. In particolare, abbiamo notato un certo incremento nella richiesta di cibo, a partire dai cosiddetti piatti unici. Questi ultimi, parallelamente, mostrano invece una diminuzione nel canale ristoranti. Un segno evidente di come l’aperitivo venga considerato da un numero crescente di consumatori come una possibile alternativa alla cena. Non a caso il fenomeno happy hour, fino a poco tempo fa sostanzialmente limitato all’area milanese, si è andato progressivamente estendendo. L’aperitivo con buffet ha man mano contagiato dapprima le altre grandi città italiane e successivamente molti capoluoghi di provincia del Nord». E l’effetto contagio sembra destinato a continuare, allargandosi a macchia d’olio in tutta la Penisola, con buona pace dei ristoratori, attaccati al cuore nella loro principale fonte di business: la cena.
La forza dell’aperitivo, infatti, è duplice: piace perché regala ai clienti una coinvolgente esperienza di convivialità ed è apprezzato perché è una soluzione decisamente più economica rispetto alla classica cena al ristorante. L’ideale per chi non vuole rinunciare alle proprie puntate fuori casa ma si trova comunque a fare i conti con ridotte disponibilità di portafoglio.
«La tendenza alla destrutturazione delle occasioni di consumo che si era manifestata negli ultimi anni - spiega Figura - ha subito in tempi recenti una decisa battuta d’arresto. Dal modello “mangiare meno e più spesso” si sta tornando, almeno nel fuori casa, a concentrare la spesa nelle tre occasioni classiche della colazione, del pranzo e della cena. La crescita dell’aperitivo è solo apparentemente in contrasto con questo fenomeno: come abbiamo visto, infatti, l’aperitivo viene sempre più vissuto, servito e consumato come vera e propria alternativa alla cena».

Colazioni “minacciate”
La prima colazione si conferma l’occasione di consumo per eccellenza per il settore dei bar: raccoglie infatti esattamente la metà delle visite totali. Ma se un tempo si trattava di un terreno sostanzialmente privo di competitor, oggi il quadro si fa più complesso: in un periodo nel quale i clienti sono molto attenti alla spesa, si fanno sempre più minacciose due “tentazioni”: da un lato quella di tornare a fare la colazione in casa, magari con il caffè delle macchine a capsula sempre più diffuse nel segmento domestico, capaci di offrire un espresso paragonabile a quello dei pubblici esercizi. Dall’altra quella delle macchinette, complice - anche in questo caso - la crescente qualità dei prodotti erogati. La sfida, quindi, è quella di innalzare la qualità dei prodotti base (caffè, cappuccini e brioche) e di rendersi più appetibili, magari ricorrendo a formule promozionali. Cercando allo stesso tempo di resistere alla tentazione di aumentare i prezzi nonostante il forte aumento del prezzo del caffè registrato nel recente passato.

Tre euro a visita

Nel segmento “Quick service”, che oltre ai bar comprende i fast food, i self service, le pasticcerie e tutto il mondo dei take away, gli ultimi due mesi dell’anno hanno determinato un ribaltamento della tendenza che si era manifestata fino a ottobre. Nel 2011 complessivamente preso, infatti, le visite sono cresciute in misura maggiore rispetto allo scontrino medio. Sul totale dell’anno, si registra una spesa per visita dell’1% superiore a quella del 2010, con uno scontrino medio di 3,08 euro (molto basso a causa del forte peso dei caffè e delle prime colazioni sul totale delle consumazioni).
Analizzando il solo comparto dei bar in senso stretto, il 2011 fa però registrare una seppur contenuta riduzione del numero di visite, calate dello 0,3% appena sotto quota cinque milioni. Un calo che ha toccato anche le altre principali categorie del comparto, dai fast food all’italiana a pizzerie al trancio e take away, ma non il segmento Quick service nel suo complesso, che invece mostra una lieve crescita nel numero di visite. Un segno evidente della forza propulsiva delle nuove formule di somministrazione che si stanno affacciando sul mercato e che rendono il terreno competitivo sempre più agguerrito.

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