Bilancio imprese 2020, scarsa natalità e 22mila chiusure

Dai dati nati-mortalità dei pubblici esercizi nel 2020, emerge un forte calo nella nascita di nuove imprese a fronte di un numero di chiusure che, contrariamente a quanto ci si sarebbe aspettato, resta nella media. L'impatto reale della pandemia si avrà quest'anno con la chiusura di almeno 30mila imprese

Fipe fa, come consuetudine, il punto sulle imprese nate e cessate durante l'ultimo anno, il 2020, elaborando i dati di Infocamere. E, come c'era da aspettarsi, non sono buone notizie. Ma, meno catastrofiche di quanto si poteva prevedere.

Nel settore delle imprese di ristorazione, ambito analizzato dal Centro Studi Fipe che include ristoranti, bar e mense/catering, il saldo tra imprese nate e cessate nell'anno si conferma, infatti, negativo: - 13.600 imprese in totale, di cui - 6.507 ristoranti, - 6.469 bar e - 102 mense e catering. Negativo, di conseguenza, anche il tasso di imprenditorialità, il rapporto tra il flusso di imprese nell'anno e lo stock di fine periodo: -3,4% per i ristoranti, -3,0% per le mense e -4,5% per i bar. Tuttavia, fanno notare gli analisti di Fipe, il numero di chiusure resta nella media, risultando pari a 22.250, di cui 10.247 bar e 11.820 ristoranti (ad esempio, nel 2018, le cessazioni erano state pari a 25.994, di cui 11.991 bar). «Predetto che oltre 22 mila chiusure non è certo un dato banale o da prendere sottogamba - precisa Luciano Sbraga, direttore del Centro Studi Fipe - ci aspettavamo che i numeri delle chiusure relativi al 2020 fossero in linea con quelli degli anni precedenti. Gli effetti concreti dei lockdown devono, infatti, ancora arrivare: attualmente le imprese sono ancora sotto l'ombrello della cassa integrazione o in attesa dei ristori e bisogna, comunque, considerare che chiudere un'impresa ha un costo. In questo momento, le imprese stanno aspettando di capire cosa accadrà. Quindi, il reale impatto sul tessuto imprenditoriale lo si vedrà nel secondo e nel terzo trimestre del 2021. È come se oggi il settore fosse su un tavolo operatorio sotto anestesia. Al momento, invece, è già evidente la riduzione delle nuove iscrizioni, solo 9.190 nel 2020: un dato molto preoccupante perché è attraverso la natalità imprenditoriale che si realizza la prospettiva di generare innovazione e di sviluppare nuova occupazione». Molto, dunque, dipenderà dall'evoluzione pandemica dei prossimi mesi e dal timing di una ripartenza delle attività che, al momento, non sembra essere dietro l'angolo. Insomma,  occorrerà aspettare gli inizi del 2022 per avere una visione complessiva del contraccolpo pandemico sull'offerta. «Nel corso del 2021 il settore registrerà molto probabilmente un reale saldo negativo - risponde Sbraga - un saldo cioè non compensato, come è avvenuto negli anni scorsi, dalle cosiddette variazioni e cioè da movimenti che avvengono all'interno di imprese già attive (ad esempio, cambio di codice di attività). La previsione, ad oggi, è che avremo almeno 30mila pubblici esercizi che cesseranno definitivamente l'attività».

 

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