Sono 393mila le aziende censite da MovImprese al 30 settembre 2011, il 2,9% in più rispetto a 12 mesi prima: Il 41% sono bar, il 46% ristoranti. Ma la crisi si fa sentire: le procedure fallimentari sono in costante aumento
Una galassia molto vasta e in continuo movimento: è il comparto del fuori casa fotografato dai numeri di MovImprese, la rilevazione periodica fatta da InfoCamere sulla nati-mortalità delle aziende italiane.
«Dai dati aggiornati al 30 settembre 2011 - spiega Roberto Susanna, direttore comunicazione e relazioni istituzionali di InfoCamere - l'ultimo anno ha fatto registrare un marcato dinamismo delle imprese legate al fuoricasa, il cui numero è aumentato del 2,9%». Stiamo parlando di un universo di circa 393mila imprese, di cui 47mila legate al mondo dell'ospitalità (ma quelle attive sono 44mila). Le rimanenti 346mila si occupano di ristorazione: tra ristoranti e attività di ristorazione mobile si contano 177mila aziende (di cui 160mila attive), mentre i bar e gli esercizi simili senza cucina sono 158.075 (141mila attivi). Completano il quadro 3.043 tra aziende di catering e di altri servizi di ristorazione e 7.079 attività non meglio specificate.
Le nuove aperture
Milano, Roma e Torino sono le città dove sono state registrate le performance migliori in valori assoluti per quanto riguarda le nuove aperture. Sono solo quattro le province italiane che registrano un saldo negativo tra aperture e chiusure: Belluno, Trento, Savona e Isernia), mentre Monza Brianza è quella che registra la maggiore crescita.
Lombardia, Lazio e Campania hanno il maggior numero di imprese, mentre a Roma il numero dei bar raggiunge la cifra record di 8.500 strutture.
In crescita i fallimenti
Il rovescio della medaglia del gran numero di aperture è il rilevante fenomeno dei fallimenti. Nel 2010 nel fuori casa sono stati uno al giorno, contro i 253 dell'anno precedente. Nel 2011, però, la situazione è peggiorata, visto le previsioni parlano di 346 aziende in fallimento. «Il comparto - sentenzia Susanna - risente dell'onda lunga della crisi».
«Il gran numero di nuove aperture - continua Susanna - conferma che i pubblici esercizi sono uno dei settori d'impresa dove si concentrano le prime modalità dell'intraprendere». Anche fra gli immigrati. Le aziende straniere nel giro di dieci anni sono passate dal 4 al 10% del totale, con una velocità di crescita delle ditte individuali superiore di sei volte rispetto a quelle fondate da italiani. «La popolazione immigrata tende a concentrarsi dove ci sono nuclei già esistenti di persone con la stessa nazionalità e condizione economiche favorevoli» spiega Susanna. Così si spiega perché a Milano una impresa su tre è in mani straniere e a Napoli il dato è di una su cinquanta. In generale gli imprenditori stranieri si concentrano più sui ristoranti che sui bar. Fanno eccezione i cinesi, che si stanno avvicinando al mondo dei bar, soprattutto al nord: su 3.900 società fondate da un cinese, 2.000 sono bar e 1.900 ristoranti. Nove egizioni su dieci, invece, aprono un ristorante.
Sono oltre 17mila le imprese individuali del fuori casa di proprietà di stranieri.
Dimensioni mignon
La dimensione media delle aziende del fuori casa è molto ridotta: quattro addetti. Si tratta di una fra le più basse a livello europeo, dato peraltro che non si discosta da quello di altri settori. In generale l'Italia si distingue per avere aziende di dimensioni molto ridotte. È il “nanismo” della Penisola che fa sì che una volta aperto un bar raramente si pensa a realizzare una catena.
La differenza più marcata degli imprenditori del fuori casa rispetto ad altri settori viene dai titoli di studio: il numero di laureati è molto basso. Il 50% dei neo imprenditori con età fra i 36 e i 51 anni possiede però un diploma.