Le dieci regole del buon cameriere

Marco Natali di OCCCA
Marco Natali di OCCCA
Mai camminare all'indietro o fare percorsi a mani vuote, osservare una proprietà di linguaggio e non mettere in difficoltà il cliente. Le pratiche che fanno il buon cameriere

Il cameriere è, tra i mestieri dell’ospitalità, quello più spesso sottovalutato. Basti pensare a quanti si approcciano a questa professione come una parentesi, nell’attesa di trovare un “lavoro vero”, senza pensare che forse è uno dei lavori più “veri” che ci siano: con una domanda costante spesso più alta dell’offerta, con decine di migliaia di operatori che coprono doppi turni in altrettanti ristoranti, bar, bistrot e alberghi.

Migliaia come sono diventati, in poco tempo, gli iscritti ad OccCa (acronimo di Ordine dei Cuochi e dei Camerieri alla Carta), una pagina Facebook che nasce come satirica e cresce ponendosi domande e cercando risposte ai molti problemi nel settore della ristorazione.
La persona dietro OccCa si chiama Marco Natali, 35 anni di cui 15 in sala. Nella sua esperienza professionale ha conosciuto gli ambienti di lavoro più disparati, dal ristoro estivo per famiglie al ristorante stellato; negli ultimi anni ha lavorato da Ruggine (Bo), dove il cameriere è incentivato a conoscere il menu dei cocktail e a saperne prepararne alcuni.

La comanda, l'empatia, il sorriso

Abbiamo raccolto le sue osservazioni dal “fronte del cameriere” per coglierne utili suggerimenti. Tanto per cominciare: il miglior cameriere da cocktail bar è quello che conosce le dinamiche che ci sono dietro un banco, ed è in grado di facilitarne il lavoro. In cima alla scala gerarchica di ogni locale c’è la “comanda”, e il cameriere è l’ambasciatore dell’ultima parola che conta: quella del cliente. Attraverso l’empatia - la capacità di mettersi nei panni sia del cliente che del barman - il buon cameriere diviene il “biglietto da visita” del locale, dato che spesso è la prima persona che il cliente incontra. La sua vera divisa sono il sorriso, la capacità di accogliere e dare una buona prima impressione, attraverso una pulizia che passa dall’igiene e l’ordine personale e arriva al linguaggio con cui si rivolge all’ospite. Nella ristorazione classica si parla di circa 25 coperti per cameriere, che diminuiscono a 15 nel caso di un fine dining e arrivano a oltre 40 in una pizzeria. Sono cifre di massima, ma simili considerazioni valgono anche nel contesto bar: a seconda del tipo di offerta e del numero di processi che il cameriere dovrà svolgere (portare una welcome water, spiegare il menu e il concept, allestire una sorta di mise en place per i cocktail) si dovrà calcolare il numero di addetti necessari. In altre parole, più aumenta “l’artigianalità” del bar, più sarà necessario un cameriere che non si limiti solo a domandare quanti Negroni deve portare.

Mai a mani vuote, mai all'indietro

«Sono tante le cose che un buon operatore di sala deve tenere a mente - afferma Natali - per fare al meglio il proprio lavoro; la prima è “non camminare mai a mani vuote”. Durante una giornata di lavoro si percorrono diversi chilometri e ottimizzare i propri spostamenti non va solo a beneficio del servizio, ma anche della salute fisica. Quei passi in più alla fine di una giornata sono centinaia di metri risparmiati. Inoltre, mai fare un passo indietro. Una sala ben gestita è fatta di percorsi non tracciati ma ben chiari nella testa di chi vi lavora, un passo indietro senza guardare porterà un giorno o l’altro a scontrarsi con un collega o un cliente».
Ancora. Il cameriere non è mai “esclusivo” ma sempre “inclusivo”, ovvero non adotta comportamenti o linguaggi che potrebbero essere non compresi dall’ospite o che potrebbero metterlo in difficoltà. Il caso tipico è quello in cui si corregge un’“ignoranza” del cliente, perdendo l’occasione di fargli vivere il piacere di una scoperta, che gli rimarrà impressa.

Ogni cliente è unico, anche nelle azioni che gli si rivolgono: per questo il bicchiere viene portato o riempito sempre da uno stesso lato e per questo c’è sempre una risposta valida al “perché si fa così?”, che dovrebbe essere sempre fornita dai capiservizio o dai colleghi più esperti. La professionalità di un cameriere è il risultato di situazioni, contesti e persone diverse con cui ha avuto a che fare. Saper far bene significa cogliere un fatto raramente percepito: quello del cameriere è un lavoro in parte creativo, ma che deve replicare costantemente un’azione. Egli non vede ciò che “costruisce”, ma è in realtà colui che tesse una rete invisibile che lega il locale ai clienti, allo staff e a una fantastica o disastrosa esperienza. «Oggi - dice Natali - si cerca in un bravo cameriere non la capacità di organizzare e gestire la sala, bensì quella di adattarla alle esigenze del bartender o del cuoco. Un giorno si riscoprirà l’importanza di questo mestiere e allora il cameriere tornerà a gestire il mondo dell’ospitalità».

Le 10 regole del buon cameriere

1. Mai camminare per la sala a mani vuote

2. Non camminare mai all’indietro

3. Meglio essere empatico che simpatico

4. Osservare la pulizia personale, nei movimenti e nel linguaggio

5. La vera divisa del cameriere è il sorriso

6. Mai mettere in difficoltà il cliente

7. Il cameriere non è mai “esclusivo”, ma sempre “inclusivo”

8. I problemi personali si lasciano a casa

9. Domandarsi e approfondire sempre il perché si fa una cosa in un certo modo

10. Il locale ha una gerarchia, al vertice della quale c’è la “comanda”

1 commento

  1. Benfatto e bendetto… Da copiare, tradurre (con qualsiasi traduttore online), stampare e darlo da leggere come guida generale ai/alle futuri/e camerieri/cameriere.

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