Il governo di Barcellona punta più sulla omogeneità dei servizi nelle varie zone che sulle bellezze specifiche locali
Un nuovo modo di fare marketing turistico. Lo propone la Catalogna, la regione spagnola vasta quanto il Belgio con 7 milioni di abitanti e oltre 25 milioni di turisti nel 2006, di cui 15,7 stranieri. Ebbene, per promuovere il suo splendido territorio il governo catalano non si è affidato alle solite formule, alle bellezze paesaggistiche, sagre, feste e sgargianti depliants, ma ha inventato un nuovo metodo organizzativo che merita senz'altro di essere importato in molte regioni italiane. Al centro, la proposta di aree omogenee con la vocazione a un certo tipo di turismo (familiare, sportivo, culturale ecc.) e club di aziende che concorrono a dare un'identità specifica al territorio. Se ne ha i requisiti - dopo un attento esame - l'area ottiene il marchio, la certificazione di qualità che ne attesta la vocazione e può comunicarla in Spagna e all'estero, perfino in Cina, con una promozione agevolata.
La creazione di aree omogenee
«Abbiamo cominciato a lavorare cinque anni fa con tre, quattro destinazioni di mare, adesso siamo già arrivati a otto aree omogenee che hanno ottenuto il marchio - spiega Cristina Gargallo, direttrice dell'ufficio del turismo della Catalogna per l'Italia -. La cosa particolare di questa destinazioni non è la consueta certificazione Iso di qualità del singolo albergo o stabilimento balneare, ma della meta complessiva. Per ottenere il marchio di turismo familiare, per esempio, l'area dev'essere possedere tutti gli ingredienti per soddisfare un turismo con nonni e bambini (alberghi dedicati, ristoranti, attività, parchi acquatici, servizi d'assistenza). Il progetto del turismo familiare è già operativo a Cambrils, Salou e Calafell nella Costa Dorada a sud di Barcellona; nel Maresme, a Calella, Pineda de Mar, Santa Susanna e Malgrat de Mar a nord di Barcellona e a Blanes in Costa Brava. Anche Barcellona si sta dando una propria specializzazione». Lo stesso discorso vale per il turismo sportivo. Si richiede un minimo di caratteristiche generiche (varietà geografica, condizioni atmosferiche adatte per gran parte dell'anno ecc.) e altre specifiche per lo sport: impianti per la pratica di diverse specialità, spogliatoi, docce, palestre, piscine di minimo 25 per 16 metri, aerodromo per il paracadutismo, percorsi di ciclismo con diversi livelli di difficoltà in pianura e montagna, itinerari podistici di almeno 800 km, campi di calcio in erba naturale di 90 metri per 45 metri. Lloret de Mar sulla Costa Brava ha già ottenuto il marchio sportivo».
Cambia anche il modo d'informare
Le novità riguardano anche gli aspetti logistici. Chi vuole prenotare vacanze di questo tipo a migliaia di chilometri da casa, non deve perdersi in snervanti telefonate e problemi di lingua, ma può contare su un unico interlocutore e unità di coordinamento. Non più il solito ufficio del turismo che ti dà le piantine e l'elenco degli alberghi, ma chioschi con un'informazione interattiva ed educativa. Si punta su ciò che è caratteristico: se ci si trova nella zona del vino, la promozione garantisce al turista un primo contatto con tutto ciò che è cultura enologica. «Come ente del turismo - aggiunge Cristina Gargallo - abbiamo creato dei “club di prodotti” che coinvolgono aziende pubbliche e private per lavorare insieme in attività promozionali. Riguardano la cultura (sale da concerto, musei, santuari, teatri, castelli ecc.), le attività fisiche (sentierismo, kajak, rafting, mongolfiera ecc.), golf, enogastronomia e benessere (terme, spa, talassoterapia, ecc.). Grande attenzione, naturalmente, verso le persone con handicap, ai problemi dell'età, diete e allergie alimentari. La selezione è severa, si paga una quota annuale inferiore ai mille euro, si crea un catalogo specifico per ogni club che ha la preferenza per le promozioni».