Hotel, in arrivo la classificazione Ue

Normative –

Il parlamento di Strasburgo ha dato un’indicazione precisa: la classificazione degli alberghi deve diventare omogenea per garantire trasparenza al consumatore

Nell'Europa a 25, che cosa guida il viaggiatore nella identificazione degli standard alberghieri? Un tre stelle a Roma offre lo stesso livello di servizi e attrezzature di un tre stelle a Bucarest? O a Stoccolma? Con l'intento di fissare nuove norme a tutela dei viaggiatori e un sistema comune europeo sulla sicurezza e sulla qualità dei servizi di sistemazione alberghiera, si è mosso il Parlamento europeo. A fine novembre l'Assemblea di Strasburgo ha votato una proposta, preparata dal presidente della commissione trasporti Paolo Costa, con la quale, tra le altre misure volte a favorire una politica comune per promuovere il turismo in Europa, chiede l'adozione di criteri comuni nell'attribuzione e valutazione delle stelle. E prefigura la creazione di un marchio CE “comprendente criteri comuni paneuropei che garantiscano al consumatore quel livello minimo di qualità che può aspettarsi, a prescindere dal paese dell'UE che si visita”.

Segnali di qualità
La questione dell'armonizzazione degli standard alberghieri non è nuova. Nuovo è invece il punto di vista che tende a far nascere un sistema basato sulla trasparenza, la confrontabilità e la protezione del consumatore. Già nel 2005 se ne era occupato Hotrec, l'associazione di hotel, ristoranti e caffè in Europa, che aveva elaborato un documento contenente quindici raccomandazioni alle quali attenersi in caso di formulazione o revisione dei sistemi di classificazione nazionale o regionale degli alberghi. Ma senza grandi risultati. «La classificazione alberghiera è ormai diventata un problema», afferma il presidente di Federalberghi-Confturismo Bernabò Bocca. «E riteniamo che difficilmente si possa trovare a livello europeo una soluzione che stentiamo a trovare in Italia. Da sempre è nostra convinzione che sia il mercato a stabilire le regole del gioco. È quindi opportuno per i consumatori avere dei “segnali” che identifichino il livello qualitativo dell'offerta ricettiva, ma essa deve fortemente tenere conto della qualità che l'impresa offre». Perché una cosa è un arredo economico, un'altra è un arredo di design e in materiali pregiati. Di certo, non è facile districarsi nella selva di classificazioni vigenti in ognuno dei 25 Paesi europei: in Francia, per esempio, non esistono le cinque stelle, e per un tre stelle la superficie di una doppia deve essere almeno di 15 mq in Spagna e di 10 in Francia.

La necessità di una riforma
«È vero che in Europa esistono vari metodi di classificazione alberghiera», conviene Paolo Costa «tuttavia non credo che un'armonizzazione porterà a disorientare le imprese del settore. Semmai è vero il contrario. Il rapporto che ho stilato pone degli obiettivi fra cui appunto quello di garantire che un "tre stelle" in Polonia offra servizi e sistemazioni perfettamente comparabili con i servizi e le sistemazioni garantite da un "tre stelle" in Italia. Al momento non è così. Detto ciò, spetterà ora alla Commissione europea elaborare le applicazioni esecutive in merito, incidendo proprio sui metodi di classificazione alberghiera degli Stati membri». In Italia questa materia, così come i provvedimenti che riguardano il turismo, dopo la riforma del Titolo Quinto della Costituzione, è di competenza esclusiva delle regioni. Ognuna, quindi, stabilisce i criteri in maniera autonoma e disomogenea. Con il risultato di alimentare confusione, allontanando il consumatore da una chiara identificazione degli standard di qualità. Ma il sistema delle stelle, che dà ampio rilievo agli aspetti strutturali e meno alla qualità dei servizi (l'anima dell'ospitalità), è ritenuto obsoleto e inadeguato alle richieste dei consumatori e all'evoluzione dell'offerta. «La definizione di una seria politica della qualità e di procedure organizzative per l'erogazione dei servizi, l'adozione di nuove azioni correttive tese al miglioramento organizzativo, l'impiego di personale addetto al servizio in forma più o meno esclusiva e con orario più o meno prolungato possono costituire invece un supporto di grande rilievo per incrementare lo standard qualitativo di una struttura alberghiera», sostiene Renzo Iorio, presidente di Aica-Confindustria. L'avvento di una nuova classificazione omogenea e generale, che dovrà superare i localismi, potrà, secondo Aica, non solo difendere e qualificare l'eccellenza nell'accoglienza, ma anche consentire lo sviluppo di un'offerta di ricettività economica, in linea con gli standard europei.

Iter avviato
 In concreto, che cosa ci si deve attendere dopo il passo compiuto dal Parlamento europeo, che, di fatto ha dato l'avvio all'iter legislativo per porre mano alla regolamentazione di un settore decisivo per l'economia di molti Paesi, visto che il turismo contribuisce al 4% del Pil europeo? L'omogeneizzazione delle classificazioni alberghiere prefigurato dal Rapporto fa esplicito riferimento alla creazione di un marchio CE. Non è però chiaro su quali elementi dovrà basarsi, considerando che esiste una forte disparità di regolamentazioni, per esempio, sulla superficie delle camere, che, tra l'altro, impedisce lo sviluppo di catene low cost in Italia, contraddicendo uno dei cardini su cui riposa la libera concorrenza in Europa. «Spetterà alla Commissione elaborare la strategia», annota Costa. «Credo comunque che, per favorire una classificazione comune a livello europeo, sia necessario utilizzare tutti gli strumenti a disposizione dell'Unione europea per colmare il divario economico e sociale ancora persistente fra gli Stati membri». Tra questi vi possono essere i marchi di qualità, come quello messo a punto da Isnart che va sotto il nome di Ospitalità italiana, una certificazione già assegnata a quasi 2000 alberghi di tutte le categorie, basata su un disciplinare che pone l'accento sui servizi al cliente più che sugli aspetti strutturali (per di più soggetto a controlli annuali, al contrario della classificazione attuale), che avrebbe il merito, secondo l'Istituto emanazione di Unioncamere, di essere sufficientemente flessibile per lasciare spazio, valorizzandole, alle diverse realtà territoriali e alle politiche regionali.

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