Canoni immobili a dispetto della crisi

Chairs and tables stacked in a closed pub
Dopo il lockdown il peso degli affitti sul conto economico di un'attività è triplicato. Lo rivela uno studio della Federazione Italiana Pubblici Esercizi. Una situazione insostenibile che obbliga molti gestori a rinegoziare i contratti o a sospendere temporaneamente i pagamenti

Torniamo a parlare di canoni, perché di questi tempi, l’affitto rappresenta un costo fisso che diventa, man mano che la situazione pandemica tende ad aggravarsi, sempre meno sostenibile (l'articolo è stato redatto prima dell'entrata in vigore del Decreto Legge Ristori, D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, e dell'ultimo Dpcm del 3 novembre in vigore dal 6 novembre). Girando tra le vie dei centri storici di grandi e piccole città, è sempre più frequente vedere molti esercizi con le serrande abbassate. In quelle aree la crisi ha, infatti, colpito più duro e l’effetto combinato dello smart working, dell’e-commerce e del calo dei turisti, soprattutto stranieri, ha determinato una vera e propria desertificazione delle attività e coloro che hanno resistito registrano una significativa e costante contrazione del business con variazioni negative, in alcune aree del Paese, del 70-80%. Attività che, nonostante l’emergenza, si sono trovate comunque a fare i conti con canoni rimasti invariati per tutto il periodo del lockdown. Con l’emanazione dei vari decreti emergenziali (dal Cura Italia risalente allo scorso marzo fino al più recente Dl Agosto 104/2020) qualcosa è stato fatto per  alleviarne l’onere riconoscendo agli esercenti un credito d’imposta pari al 60% dell’ammontare del canone di locazione per i mesi di marzo, aprile, maggio e giugno (per le imprese del settore turismo fino a luglio). Non molto, per la verità. Un credito, tra l’altro, non spettante alle imprese con ricavi superiori ai 5 milioni di euro. In quest’ultimo periodo, in coincidenza della conversione in legge del Dl Agosto (Legge 13 ottobre 2020 n. 126), le organizzazioni imprenditoriali di settore puntavano a ben altro e a ottenere non solo un rinnovo del cosiddetto bonus affitto, ma anche alla concessione di sgravi fiscali al locatario nel caso di riduzione del canone e all’improcedibilità degli sfratti per morosità in caso di pagamento dei canoni scaduti. Richieste che, però, sono rimaste sul tavolo delle commissioni parlamentari. Restano, dunque, aperti, anche i temi urgenti della rinegoziazione dei canoni di locazione e del blocco delle ordinanze di rilascio degli immobili o di convalida di sfratto in caso di morosità derivante dalle difficoltà economiche affrontate dalle imprese a causa delle restrizioni da Covid-19.

L'affitto arriva ad incidere per circa il 30% sul giro d'affari

Che il “fronte affitti” sia diventato caldo lo ha evidenziato più volte Fipe-Confcommercio negli incontri con le forze governative e anche in un webinar dedicato. Tra i numeri presentati nel corso del seminario, quello più preoccupante riguarda proprio il costo dell’affitto che, secondo le valutazioni della federazione, assorbirebbe il 30% circa del giro d’affari dei locali. «Un’incidenza non più sostenibile - ha puntualizzato Luciano Sbraga, direttore del Centro Studi Fipe - e che non consente alle imprese di sopravvivere». Teniamo conto che oltre il 60% delle imprese che operano nel mondo della somministrazione sono titolari di un contratto di affitto, percentuale molto più elevata di settori come il commercio (43,9%) o l’alberghiero (39,5%). Solo 9 mesi fa, sostiene sempre la Fipe, prima della tempesta scatenata dal virus, la voce “affitto” incideva mediamente per poco più del 10% sui bilanci di un pubblico esercizio.

Le pronunce a favore dei gestori

Le cause, come sappiamo, sono sotto gli occhi di tutti: il settore è, infatti, destinato a chiudere l’anno con una flessione del volume d’affari di 24,1 miliardi, il 27% in meno rispetto al 2019. Per contro, i canoni non solo sono rimasti quelli del “tempo ordinario”, ma anche proposte per una soluzione in  bonis  delle vertenze tra proprietario e locatore non hanno sortito grandi effetti (a tale scopo le associazioni hanno messo a disposizione degli associati appositi moduli per richiedere ai proprietari la rinegozione del contratto o la sospensione del pagamento del canone). Per contro, si è generato un contenzioso non indifferente a fronte di molti casi di gestori che hanno optato per l’auto riduzione dei canoni. Un contenzioso che, in alcuni casi, ha segnato qualche punto a favore dei gestori: lo scorso 27 agosto, infatti, il Tribunale di Roma, in merito a una causa tra locatario e proprietario, ha emesso un provvedimento cautelare  che impone a quest’ultimo di ridurre il canone d’affitto del 40% per i mesi di marzo e aprile, in pieno lockdown, e del 20% per i mesi successivi, fino a marzo 2021. Una pronuncia motivata sulla base della sopravvenuta impossibilità del ristoratore di svolgere appieno la propria attività. E, segnala Fipe, una pronuncia simile è stata presa dal Tribunale di Venezia. Buone notizie, ma gocce nell’oceano. 

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