Acquisti: l’attenzione è massima

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Courtesy Christian Birkholz/Pixabay
Le vendite di birra si sono concentrate sulle grandi marche, quelle di spirit sui prodotti premium: i dati dell'osservatorio Tracking Grossisti Iri del primo quadrimestre 2021

Salvare il salvabile: è stata questa la stella polare che ha guidato le scelte di molti dei protagonisti del mondo del fuori casa, grossisti inclusi. Che nel primo quadrimestre 2020, in attesa della fine delle restrizioni, hanno dovuto far fronte a un mercato fortemente ridimensionato. Secondo i dati dell'osservatorio Tracking Grossisti Iri, le vendite dei grossisti di beverage nel periodo gennaio-aprile 2021 hanno registrato un calo a volume superiore al 30% sia per gli spirit sia per la birra rispetto all'anno precedente.

Mario Carbone, account director di Iri

«La scelta che ha accomunato grossisti e gestori di locali - Mario Carbone, account director e responsabile dell'Osservatorio Tracking Grossisti di Iri - è stata di razionalizzare gli acquisti, con la conseguente riduzione delle scorte di magazzino. Tanto che, con la ripresa del fuori casa, si sono trovati sovente in rottura di stock. I distributori hanno rinunciato agli acquisti speculativi e riorientato la propria attività verso altri segmenti di clientela non horeca, ampliando il proprio raggio d'azione: dal negozio al dettaglio all'online, al servizio porta a porta, specie nei piccoli centri. I gestori hanno ridotto le quantità e aumentato la frequenza, per ridurre al minimo il magazzino».

Un effetto molto evidente di questa rafforzata attenzione sugli acquisti è stata la significativa riduzione degli assortimenti: «L'assortimento medio, nelle birre, è pari a 154 referenze: 13 in meno rispetto allo stesso periodo del 2020, addirittura 45 in meno rispetto al 2019. Negli spirit il fenomeno è meno marcato, ma altrettanto evidente: 5 referenze in meno rispetto al 2020, 23 in meno rispetto al 2019 su un totale di 391 referenze».

Birre: meno fusti, più grandi marchi

Il mercato delle birre è cambiato in maniera significativa: le più penalizzate sono state le vendite di fusti, mentre la crescita delle birre artigianali e specialità ha subito una battuta d'arresto. Le vendite si sono orientate soprattutto sui prodotti mainstream, sulle grandi marche: «Le restrizioni delle attività nei locali serali hanno determinato da parte dei gestori la rinuncia ai fusti - spiega Carbone -, per evitare il rischio di non riuscire a vendere l'intero contenuto. L'asporto ha favorito la scelta di prodotti facilmente vendibili, come quelli dei marchi più noti. Il risultato è stato un calo, oltre che negli assortimenti, anche nel prezzo medio: -3% rispetto al 2020 e -5,3% rispetto al 2019».

Negli spirit ci si orienta sulla fascia premium

Andamento opposto per il mercato degli spirit, dove il crollo degli acquisti speculativi e una domanda più attenta alla qualità dei prodotti acquistati ha fatto crescere il peso dei prodotti premium: «I distributori, per ridurre le scorte, hanno incrementato le vendite di cartoni o anche di singole bottiglie - afferma Carbone -. La maggior richiesta di prodotti premium ha fatto sì che il prezzo medio sia salito del 9,1% rispetto al 2020 e del 10,9% rispetto al 2019».

In prospettiva, più attenzione alla marginalità

La tendenza a ridurre gli assortimenti e abbassare i prezzi, con il graduale ritorno alla normalità, è destinata a riassorbirsi: «Le dinamiche di lungo periodo - conclude Carbone -  indicano la tendenza da parte dei grossisti alla ricerca della marginalità, orientando il proprio portafoglio verso le categorie più performanti: spirit, bollicine, vini, aperitivi».

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