La third wave del caffè? In Spagna fa rumore!

Nella sola Barcellona si contano oltre 100 caffetterie di nuova generazione, con un tasso di successo molto alto. Ne tracciamo un profilo con Kim Ossenblock

Nella sola Barcellona si contano oltre 100 caffetterie di nuova generazione, con un tasso di successo molto alto. Ne tracciamo un profilo con Kim Ossenblock

Quando si parla di caffè specialty, difficilmente si citano Paesi come l’Italia o la Spagna, dove i consumi sono associati per lo più a tostature scure e a caffè non sempre di qualità. Fortunatamente le cose stanno cambiando nel nostro Paese come pure nella Penisola Iberica, anzi in quest’ultima l’evoluzione ha ritmi più rapidi, tant’è vero che nella sola Barcellona si contano un centinaio di caffetterie che offrono specialty, mentre a  Milano, ad esempio, si fatica ad andare oltre la decina.

Un rapido sguardo alla storia del caffè nei due Paesi: in Italia fece la sua comparsa a Venezia dove la prima bottega aprì nel 1683; in Spagna il primo locale nasce nel 1764 a Madrid per opera di due italiani, i fratelli Martinelli, a Barcellona nel 1781. Il prodotto era di buona qualità dato che proveniva dalle colonie del Centro e del Sud America, che ancora oggi producono caffè pregiati.

Torrefacto e specialty

La guerra civile spagnola che si svolse tra il 1936 e il 1939 segnò pesantemente il settore: la carenza di materia prima e la sua dubbia qualità introdussero la pratica di aggiungere lo zucchero nella fase finale della tostatura aumentando il peso dei semi tostati fino al 20%: nasce il cosiddetto Torrefacto. Una patina di zucchero caramellizzato riveste i chicchi con un film nero lucido e di sapore decisamente amaro: un modo per “isolare” e quindi conservare meglio il caffè e coprire i difetti. Quella che fu una necessità è diventata poi un’abitudine che ancora oggi è la più diffusa.

Fatta questa premessa, la realtà dei coffee shop e del mercato specialty sta crescendo. Ne parliamo con Kim Ossenblok, di Barcellona, titolare nella città della scuola Estudio de Café e autore del blog BaristaKim.

«I caffè “speciali” arrivano in Spagna circa vent’anni fa, ma è negli ultimi cinque anni che è avvenuta una diffusione capillare dei locali che li offrono. A Barcellona li propongono almeno cento caffetterie; non tutte li fanno bene, ma i baristi professionisti stanno migliorando. Alcuni, dopo avere fatto esperienza come dipendenti, decidono di mettersi in proprio, inoltre molti giovani spagnoli vanno a lavorare o studiare in città come Londra, New York, Melbourne, Amsterdam e Berlino, dove fanno il primo assaggio di specialty e quando tornano a Barcellona aprono un’attività. Fortunatamente qui la metà della clientela è straniera, abituata a una tostatura più chiara e a prezzi della tazzina più elevati; in caso contrario per molti sarebbe impossibile sopravvivere. Anche la stampa e la clientela locale si sono innamorati dei baristi specialty». Il tasso di successo delle attività che propongono questi caffè è segnalato come molto alto.

Un percorso graduale

Molti proprietari di coffe shop hanno seguito corsi sul caffè prima dell’apertura: la determinazione lungo questo cammino ha permesso loro di non avere o quanto meno limitare i problemi.

Un ruolo importante di chi sta al banco bar è fare comprendere che negli specialty non si deve cercare l’amarezza, ma una buona dolcezza accompagnata da aromi fruttati o di cioccolato. Dopo un primo approccio “soft” si potrà proseguire con gusti più intensi, ad esempio con una buona presenza di acidità. Si tratta di un cammino che alcuni baristi compiono anche nel nostro Paese, in cui l’ingresso della cosiddetta third wave procede a ritmi più lenti: «Questo avviene perché in Italia c’è una cultura dell’espresso più forte che nel resto del mondo - riprende Ossenblok - e tutti rispettano le competenze del barista. La tostatura per l’espresso e le miscele sono realizzate con cura e ritengo sia più faticoso effettuare un cambiamento. Entrambi i Paesi hanno poi il problema del prezzo della tazzina: se le persone sono abituate a un euro, è difficile convincerle a pagare di più per qualcosa che ai loro occhi è lo stesso prodotto. Ma sono sicuro che i giovani e i nuovi baristi riusciranno a trovare un modo per raggiungere nuovi consumatori».

Occhio al prezzo

Una chiave del successo delle caffetterie in cui si servono caffè di qualità è individuata nella loro capacità di stupire. Il barista lo può fare con la proposta di miscele che cambiano e offrono esperienze di gusto diverse, ma anche introducendo nuovi metodi di estrazione, come il filtro, che piace se realizzato con tostature leggere; chi non ama l’amaro del caffè spesso diventa un assiduo fruitore di queste preparazioni. Se il prezzo non è eccessivo, molti giovani li apprezzano. In Italia il cliente è abituato a questa preparazione, mentre in Spagna il gusto dolce della crema di latte è una novità che aiuta a vendere i cappuccini con gli specialty e insegna a bere caffè anche senza zucchero.

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