Campionati tricolori del caffè. Parlano i numeri uno

Nomi e storie dei nuovi campioni del caffè incontrati al Sigep. Rappresenteranno il nostro Paese alle finali mondiali del circuito World Coffee Events di Sca

Ricerca, metodo, cura dei particolari hanno caratterizzato le gare svolte nella Hall Sud di Rimini Fiera in occasione di Sigep 2018 (20-24 gennaio), che nel corso di quattro giornate hanno designato i finalisti alle finali mondiali del circuito World Coffee Events di Sca - Specialty Coffee Association. In pedana molti visi nuovi e intorno un buon numero di personaggi di spicco di diverse specialità che hanno preferito “saltare il turno” per vari motivi: dai costi organizzativi alla necessità di disporre di molto tempo per gli allenamenti e, last but not least, allo scarso supporto dato dalle aziende del settore. Prima di passare in rassegna i nomi dei vincitori nelle diverse discipline, dalla latte art al roasting, un commento sulla scelta dei caffè di gara che se, fino a qualche anno fa, era legato al livello di acidità della varietà, ora sembrano emergere altri criteri di selezione come la rotondità, la pulizia o la presenza di note fruttate e speziate. Lo diciamo perché il caffè di gara prescelto da tutti i concorrenti è stato il Geisha, una varietà di origine etiopica che si caratterizza proprio per le sue note floreali, fruttate e dolci. Il gusto è forse cambiato o si è cercato di conquistare le giurie con un caffè decisamente alla moda?

Dai Barwards al titolo italiano

Proviene, dunque, dall’Etiopia il monocultivar Oma Lot 51 di Geisha Village selezionato dal campione mondiale Rubens Gardelli con il quale Alessandro Galtieri, titolare della caffetteria Aroma di Bologna, ha vinto il campionato italiano Brewers Cup. L’estrazione è avvenuta nel V60 con una proporzione di 60 g/l d’acqua a 95°C. In tazza l’aromaticità ha preso il via con il dolce dello zucchero grezzo, quindi, note di gelsomino, frutti rossi, lamponi e aromi di arancio rosso, pompelmo rosa, limone, pera. Sul finale, le note calde del cacao e una complessità data da un sentore  sapido mescolato a dolcezza e acidità. «Sono reduce dalla vittoria ai Barawards di Bargiornale come migliore caffetteria e sto vivendo un periodo ricco di soddisfazioni - racconta Galtieri -. Dopo tanti anni nel mio locale ho deciso di aprirmi al confronto e allo scambio con gli altri». Un altro Geisha lavato della finca Carmen Estate di Panama è stato l’alleato della gara del campione italiano Baristi Davide Cavaglieri, consulente di Diemme Caffè e formatore della Street Coffee School. La catena del freddo è stato il filo conduttore della prestazione, con chicchi tostati abbattuti a -20°C per avere uniformità di particolato in macinatura; l’erogazione ha preso il via con polvere di caffè a 0°C e acqua a 93,5°C che ha dato un gusto bilanciato e innalzato la parte tattile. Riuscita la bevanda al latte, con tazza ghiacciata e latte caldo: al primo sorso è emersa un’acidità di more che poi ha dato toni più scuri come la mandorla. La terza bevanda ha riunito l’esperienza delle precedenti. «Un bicchiere fuori posto mi ha fatto perdere un po’ di concentrazione - spiega Cavaglieri - ma dopo questo lieve calo sono riuscito a dare nuovamente spinta alla mia prova». Nella gara Ibrik, Simone Cattani, trainer presso la Coffee Training Academy di Verona, ha identificato in un Panama Geisha il caffè più indicato per dare un buon corpo al preparato e, al contempo, non eccedere in amarezza: un equilibrio trovato attraverso la tostatura. «Per la bevanda personalizzata - precisa Cattani - ho rivoluzionato la visione dell’ibrik e creato un drink leggero, fresco e gassato. All’estrazione in filtro (8 g di macinato e 68 g di acqua) ho aggiunto 10 ml di spremuta di melograno per esaltare la nota fruttata e acida e poi con il sifone ho creato un drink frizzante e fresco rifinito con una spruzzata di cedrata».

Lattiera come una penna

Le tre preparazioni di Manuela Fensore campionessa italiana di latte art, hanno rappresentato un angelo dormiente, uno seduto che ammira la luna e uno in volo, simboli del periodo buio di una malattia, della speranza di riprendersi e della guarigione. «La lattiera è la mia penna e il latte è il mezzo con cui trasmetto le mie emozioni e dò serenità ai clienti» racconta la campionessa dopo una vittoria inaspettata con finale a sorpresa: prima è stata chiamata come terza classificata per poi vedersi inaspettatamente proiettata al primo posto. Definisce il locale milanese Barlady Cafè, che gestisce con la socia Carmen Clemente, “un bar di confine” in quanto posizionato tra il quartiere periferico e ricco di storia del Giambellino e la nuova Milano “bella”.

E veniamo alla prova Coffee in Good Spirits, in cui Dan Bacaintan ha presentato una rivisitazione del Bloody Mary. Ha utilizzato 40 g di caffè Panama Geisha finca Harmann con una sfumatura di pomodoro nel gusto, 50 ml di Grey Goose Vodka, un gambo di sedano, spuma di pomodoro, sale e pepe. Ha unito 40 g di caffè e 400 g di acqua a 93°C in un thermos, shakerando e filtrando sopra cubetti di ghiaccio realizzati con lo stesso caffè. In un bicchiere coppa Fizz ha poi versato il caffè shakerato, la vodka, la spuma di pomodoro,  rifinendo il tutto con una guarnizione di pomodoro e sedano. «Sono consulente presso Vibiemme, trainer e faccio consulenza a Londra - rivela a fine gara Bacaintan -. Nella capitale inglese mi capita di lavorare con persone di tante etnie e ho scoperto diversi modi di osservare le cose e imparato a rispettare tutto, caffè compreso».

Blend dal Rwanda

Risale a cinque anni fa la decisione di Emanuele Tomassi di inserire nella sua pasticceria, gelateria e caffetteria Caos Caffè di Aprilia (Lt) un locale destinato alla tostatura. Decisione sacrosanta e lungimirante visto che si è aggiudicato la finale di roasting con

protagonista un Rwanda prodotto da una coopertiva femminile, dolce e leggermente acido; per la miscela, invece, Tomassi ha lavorato con un Burundi Kibute Sogestl Kirimiro, un Panama Palmyra Estate lavato e un Brasile “Ouro Verde” naturale, tutti di Imperator. «Ho scelto di utilizzare un 70% di Burundi - racconta Tomassi - perché era l’unico che esprimeva dell’acidità in tazza insieme a note floreali e fruttate, mentre il Brasile non aveva particolari sentori e il Panama conferiva un po’ di cioccolato e dolcezza; li ho utilizzati entrambi per il 15%. Ho, quindi, deciso per una tostata leggermente più lunga per esaltare la dolcezza del blend».

Vittoria inaspettata

«Davvero non mi aspettavo di vincere!», il primo commento a caldo di Helena Oliviero, vincitrice della  gara di Cup Tasting con 8 tazze indovinate su 8 in 2’18”. «Durante la gara ha assaggiato molto con il retrogusto, non fermandomi quindi alle prime sensazioni, e la comprensione delle diverse tazze è stata immediata perché contenevano origini differenti. Per chi vuole avvicinarsi a questa disciplina consiglio di fare un corso che fornisca un metodo di lavoro e una guida ai gusti base».

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