Il primo “Blade Runner”, era il 1982, ha introdotto nell’immaginario del food un concetto che oggi è la normalità, il sushi bar metropolitano, quello dove il cliente mangia al bancone e scappa via. Nel nuovo “Blade Runner 2049”, circa a metà del film, si mangia e si beve toccando semplicemente le icone di un immenso wall, aspettando poi che nel box corrispondente diventi disponibile il prodotto fisico. Nessuna innovazione, esiste già da due anni in Usa, si chiama Eatsa: è un concetto di ristorazione dove il personale non esiste, i soldi neanche e le persone fanno tutto da sole (a parte cucinare ovviamente, a quello ci pensano tradizionalissimi cuochi). La cucina c’è ma non si vede, e se si vedesse la si scoprirebbe piena di persone che lavorano freneticamente, ma che saranno forse sostituite in futuro da robot. È un progetto che sfrutta la diffusione globale sui nostri device (smartphone, tablet) dei sistemi operativi Ios e Android come fonti inesauribili di servizi per le persone e di dati per le aziende; Etsa è stato creato, non sorprende, da guru della Silicon Valley. Ha aperto in un solo anno sei location (per chiuderne però poi quattro l’anno successivo).
Dentro una vending
Proviamo a descrivere cos’è Etsa: immaginate un locale che è come una grande vending machine e uno smartphone gigante. Si ordina via telefono o Ipad, oppure direttamente nel locale da uno dei 12 chioschi con Ipad e si può pagare solo con carta di credito. Leggendo i dati del cliente, e chiaramente memorizzandoli per il futuro, su uno schermo viene evidenziato il nome di chi ordina (così da rassicurarlo sul fatto che il suo pranzo è in fase di preparazione) e gli viene indicato il numero del “cubby”, lo scaffale digitale che inizierà a lampeggiare quando il pasto è pronto. Cliccando due volte, “Sesamo” si apre e il cliente può ritirare il pasto. Ideale a pranzo, massima velocità e nessuna relazione interpersonale.
In sala nessun servizio
Per quanto riguarda la gestione, in sala non esiste nessun servizio, se non quello di pulizia, tanto che al momento tutte le operazioni umane sono spostate in cucina e nell’analisi dei dati dei clienti. E in un futuro la società si tramuterà in una data-company piuttosto che in un operatore foodservice.
Per quanto attiene al menu, si rifà alla nuova tendenza di un piatto unico fatto di materie prime freschissime che uniscono carboidrati a proteine, mischiando vegetali (frutta e verdure) a etnicità (spezie e salse). Ciotole belle da vedere come il cirashi giapponese, che riescono contemporaneamente a dare l’impressione di sfamare e di apportare preziose e genuine sostanze nutritive (il che, tra l’altro, non è nemmeno falso). Qualche ricetta? Burrito Bowl, Hummus e falafel, No worry curry, Spice Market, Egg Plant Parm. Chiuso a cena, aperto per la prima colazione, il prezzo per singola ciotola è di 6,95 dollari.
Naturalmente per il sostegno e la promozione di una formula così innovativa, un ampio uso dei social è stato d’obbligo. Oltre al sito (un po’ scarno, a dire il vero) Eatsa ha inizialmente puntato molto sul proprio blog oltre che a essere su Facebook, Instagram e Twitter.