Young e Bose, culture a confronto

Mixology –

Australiano residente a New York il primo, indiano il secondo, raccontano storia, tendenze e mode di due Paesi apparentemente lontani, ma che trovano nella voglia di innovare punto in comune

Mondi, lontani, a confronto. Sono quelli raccontati a Super-Bar da Naren Young, australiano, ormai stabilmente accasatosi a New York, e Arijit Bose, indiano, che nel suo Paese vive, lavora e crede. E sono davvero due monti distanti tra loro Usa e India. Il primo all’avanguardia nel mondo del bere mix, capace di creare mode e tendenze e di portare sul palcoscenico internazionale i grandi nomi della mixology. Il secondo è invece un universo fatto di contraddizioni sociali ed economiche. Un miliardo di persone, ancora diviso in caste impermeabili l’una all’altra, ma che sta crescendo economicamente come pochi altri Paesi al mondo. E sta crescendo anche negli stili di consumo, come per esempio nei cocktail.
«Per molto tempo e fin quasi ai giorni nostri - spiega Bose - il bere è stato considerato un’abitudine negativa in India. Certo esistevano alcune bevande acoliche nel nostro Paese ed esistevano da tempo immemorabile, ma erano usate più per scopi terapeutici che altro. Per esempio, produciamo da sempre un distillato che si ottiene dalla canna da zucchero, una sorta di rum, e poi la Sura, una birra di riso. Ma entrambi erano più usati per scopi anestetici che per il gusto di consumarle». Furono gli ingleesi, durante la dominazione coloniale, a diffondere il piacere del bere, e furono, un secolo dopo, le grandi aziende del beverage ad avviare la diffusione della mixology in India.
«I barman indiani - prosegue Bose - devono molto ad alcuni brand ambassador, come Daniele Cordoba, Bacardi, e Tim Judge, Diageo, che sono stati i primi a stimolare il buon bere nel mio Paese».

In India cresce la richiesta
Ora la situazione si sta muovendo. Complice anche il fatto che lo sviluppo economico ha portato molti business man in giro per il mondo, li ha condotti in hotel e locali dove il bere mix è ai massimi livelli, la richiesta di cocktail innovativi sta crescendo. E naturalmente questo ha stimolato i professionisti del calibro di Bose a sperimentare nuove (per l’India) strade.
«Fino a 15 anni fa la cultura del drink era quasi inesistente in India - prosegue Bose - mentre oggi troviamo numerosi locali che meritano di essere conosciuti. Tra quelli al vertice ci sono l’Ellipsis e il The Table di Mumbai che prendono a riferimento i dining bar americani. Poi il The Monkey Bar di Bangalore e il Library bar e il The Arola, nuovamente a Mumbai, oppure il Blue Bar del Taj Palace Hotel di Delhi».

Tendenze in Usa

Opposta la situazione raccontata da Naren Young, oggi in forza al Saxon + Parole e agli altri bar di proprietà Avroko (come Public, Madam Geneva and The Daily). Young, nel raccontare le ultime tendenze, ha descritto i cocktail alla spina, quelli invecchiati (in bottiglia o in legno), e quelli semplicemente preparati poche ore prima del servizio e poi imbottigliati. «Oltre a recuperare antiche tradizioni - ha detto Young - c’è una caratterisitica che accomuna tutti questi cocktail. Ed è la velocità di servizio. Il barman non deve più miscelare al momento i vari ingredienti, ma serve quanto preparato in precedenza o pronto all’uso (come nel caso della spina). Il servizio si velocizza e il business ci guadagna. E cocktail invecchiati o imbottigliati in proprio sono anche facilmente vendibili al cliente. Il fascino di un cocktail affinato in botte è facilmente spendibile e così anche quello della bottiglietta di un certo mix che viene servita al cliente con la personalizzazione del locale e che funziona bene anche per l’asporto». Altre tendenze in atto? Al The Daily di New York si punta sui menù che cambiano ogni giorno, ma anche su Cocktail Cabinet Program, in pratica un piccolo spazio del locale affittato al cliente e dove questo può conservare i cocktail, distillati e liquori preferiti e consumarli quando desidera.

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