Whisky cocktail vecchi e nuovi

Mixability –

Dai classici di Chris McMillian alla ricerca di Gianmario Artosi: gli insegnamenti di due grandi barman per chi vuole cimentarsi nella miscelazione

New Orleans sta al cocktail come Chris McMillian sta alla storia della miscelazione a base di whisky. La creatività dei bartender al lavoro nella celebre città della Louisiana ha generato alcune tra le bevande miscelate più famose al mondo. Qui si dice sia nato il primo cocktail a base di whisky, il Sazerac (vedi ricetta in basso): deriva quasi sicuramente dal Brandy Cocktail. Quando venne a mancare il Cognac, a causa della fillossera, fu sostituito con il rye whiskey, mantenendo come principio amaricante l’assenzio e il Peychaud’s bitter. La carica amara fu stemperata nel bicchiere (la storia vuole fosse un coquetelle) da una zolletta di zucchero.
Nella città sulle rive del Mississippi, culla del bere miscelato, dove ha sede un’istituzione come il Museum of the American Cocktail, Chris McMillian è un punto di riferimento per gli amanti del whisky: per esperienza, per cultura, per competenza e… anche per la stazza fisica (è una sorta di gigante). Senza contare che è tra i fondatori del Museum. Lo abbiamo incontrato allo Slow Fever Cocktail Bar, spazio di mixology realizzato da Velier in collaborazione con Slow Food nell’ambito dell’ultima edizione del Salone del Gusto di Torino.
Le specialità di McMillian sono Sazerac, Mint Julep, Ramos Gin Fizz. I suoi cocktail sono i classici: in questi crede e questi studia, risalendo alle loro origini.
Variazioni sul tema non le concepisce proprio. Guarda con occhio benevolo le nuove tendenze, in cui vede crescere presenze aromatiche come cetriolo, rabarbaro, sedano; gusti più sapidi; specialità alcoliche, succhi e topping innovativi con cui creare bevande per le nuove generazioni.
«Per i giovani barmen che vogliono esprimere la propria creatività è un periodo bellissimo - afferma McMillian -. Ma un mio cocktail non ha più di tre ingredienti e possiede un gusto semplice e appagante». Con questi soddisfa i clienti del Bar UnCommon, ospitato all’interno del 1925 Renaissance Pere Marquette Hotel, albergo storico trasformato in una struttura raffinata tutta dedicata al jazz.
Valorizzare la tradizione non è però l’unica strada per chi vuole fare miscelazione con il whisky. Evoluzione e contaminazione sono le strade scelte da Gianmario Artosi, barman all’Hotel Marriott di Milano. La sua ricerca parte da 4 whisky e altrettante ricette classiche legate a essi. Come il Rob Roy, in cui lo scotch si fa morbido al palato grazie alle erbe e spezie del vermouth rosso. Il gusto forte e delicato rende il whiskey irlandese il più adatto a unirsi al caffè, lo zucchero e la panna nell’Irish Coffee. Nel Manhattan, la rotondità del rye è esaltata dal vermouth rosso e due gocce di Angostura. La “dolcezza” del bourbon emerge nell’Old Fashioned. Perché innovare? «I miei maestri pensavano che fosse difficile inventare nuove ricette valide. Ma gli umani hanno scoperto che con l’aereo si vola più lontano e ci si stanca meno che con i piroscafi. Viaggiando hanno scoperto nuove piante, spezie, prodotti naturali e anche chimici. La complicità dei barmen ha fatto scaturire nuove creazioni e nuove mode».

Variazioni sul tema classico

Ed ecco due variazioni sul tema whisky frutto della ricerca di Artosi. Fanno riferimento al mondo Irish Coffee le sue preparazioni che uniscono al whiskey, creme di liquore, yogurt e gelati. L’Old Fashioned si presta per accogliere altra frutta, oltre alle guarnizioni codificate (arancia, limone, ciliegine). E il Rob Roy? «Non c’è rivisitazione che possa oscurare la ricetta originale».

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