Drink list, una lunga storia di menu

L'evoluzione del bere miscelato passa anche attraverso i menu dei locali. Siamo andati a spulciare la collezione della New York Public Library per scoprire corsi e ricorsi dei drink

Nella foto, la cover del menu del Motown Café di New York (1970)

La New York Public Library dispone di un insieme impressionante di menu storici dal 1843 fino ai nostri giorni - circa 45.000 - di cui 19.380 digitalizzati e accessibili on line. La maggior parte dei menu appartengono a un’unica collezione: la “Buttolph Collection”, donata alla NYPL da Miss Frank E. Buttolph (1844-1924).
Il menu (dal francese “minuta”, “lista dettagliata”) nasce sulle tavole di nobili ricchi e potenti, per poi trasferirsi nel più prosaico uso quotidiano della ristorazione “pubblica” e quest’ultima nasce quando la rivoluzione francese lascia inoperosi i cuochi delle cucine nobiliari. Nel volume Larousse Gastronomique del 1938 si menziona La Grande Taverne de Londres, fondato nel 1782, come il primo ristorante parigino che introdusse un menu. Quando nell’800 si passa dal servizio alla francese (oggi lo chiameremmo buffet) a quello alla russa (singole portate in successione) il menu come lista dettagliata diventa un elemento essenziale per il servizio.
La carta prende piede anche negli Stati Uniti a metà ‘800, rimanendo pressoché inalterata sino agli anni ‘20-’30 del ‘900. Nell’ottica di un continuo arricchimento dell’offerta, nei menu appare anche il bere miscelato: il primo che incontriamo nella collezione della New York Public Library è datato 1856 e viene da un saloon: il Mark Akerman Saloon di Toronto, oggi scomparso.

Toronto, culla delle drink list
Ciò che colpisce l’occhio del bartender consapevole è la varietà di tipologie di bevande miscelate tra cui potevano scegliere gli avventori: 18 Punch, 14 Smash, 13 Cobbler, 9 Julip [sic!], 1 Julep, 8 Cocktail, 8 Fix, 2 Sangaree, 2 Sour, 1 Egg Nogg, 1 Pussa Caffa [sic!], e poi vini e liquori come Catawaba, Curaco, Old Tom, Stone Fence, Port Wine Negus, Mulled Port Wine, Extract de Absinthe, e un Dr. Green’s Anty-Dyspeptic Bitter. Considerando che la Bar-Tender’s Guide di Jerry Thomas - da tutti considerata il punto di riferimento iniziale del bartending moderno - uscirà circa 6 anni più tardi (1862), abbiamo una fotografia della vitalità della miscelazione in un’epoca generalmente vista come la sua infanzia.
Degna di nota è la località di Toronto, generalmente non considerata centrale per lo sviluppo del bere miscelato, come furono invece New York, Boston, Philadelphia, San Francisco. Va detto a parziale spiegazione che proprio nel 1856 Toronto diveniva - anche se solo per due anni - capitale delle Province Unite del Canada, meta di forte immigrazione dall’Europa e vivacissimo porto commerciale. Un altro interessante menu riferibile alla miscelazione è quello del North Conway Hotel (1860 ca.): alla categoria Native Wines troviamo quelli che molto probabilmente erano vini aromatizzati ai frutti di bosco locali come wild cherry, rhubarb, blackberry, elderberry, currant...
Nel menu del Saratoga del 1881 del Saratoga Springs troviamo per la prima volta i vermouth e un abbozzo di divisione merceologica per tipologia di spirits: Brandies, Whisky, Rum and Gin, Liqueurs and Cordials. Il menu del Café New York Restaurant, (1900) è invece interessante perché uno dei primi in cui compare la formula “menu del giorno”, qui proposto a 1,25 $ (ca. 35$ attuali) e un cocktail consigliato: un rinfrescante “Sun-Ray Ginger Ale Horses’ Neck” a 25¢, probabilmente analcolico (Wondrich, D., Imbibe!, II ed., 2015, TarcherPerigee).
Al Frank’s Famous Restaurant, in piena Harlem, nel 1917, troviamo una fotografia di quello che poteva essere la miscelazione un paio d’anni prima del “Volstead Act”. Oltre a una ricca scelta di distillati (18 Rye) birre e vini, vediamo come le categorie dei miscelati oscillino tra tipologia e ingredienti, e come i cocktails non siano ancora diventati il bere miscelato per antonomasia: Cocktail, Fizz, Collins, Punch, Sour; il Martini ancora oscilla tra sweet e dry, ci sono Bronx, Frozen Daiquiri, Side Car (curiosamente non nei Brandy cocktail), l’Alexander nella doppia versione brandy/gin, Clover Club, Stinger, Rum Cola e Cuba Libre... I menu post-proibizionisti proseguono in modo abbastanza uniforme fino agli anni ‘60, testimoniando di come si continuassero a bere drink per lo più anteriori al 1920: New China Café, S. Diego 1937; Tortola, S. Francisco 1937; Joe di Maggio’s Grotto, S. Francisco 1938; Forbidden City, S. Francisco 1943; Cafe Zanzibar, NY 1943 e molti altri. Le uniche novità sembrerebbero essere la vodka (Screwdriver, Vodka Martini o il menu tutto a base vodka della Russian Tea Room di New York) e probabilmente il Tiki, di cui però nella collezione non abbiamo rinvenuto tracce, se non qualche Zombie e Grog.
Nel menu del The Plaza di New York (1954) scopriamo una fotografia in 5 pagine e 17 categorie di bevande miscelate dell’epoca, dopo la quale molti vedono, forse ingiustamente, un generale declino del bere miscelato.
Nel 1970 troviamo il menu graficamente molto elaborato del Motown Café, dove appaiono alcune tendenze future: sweet&sour, cranberry juice, Blue Margarita, Kahlua Bailey’s e Midori, drink con 5-6 distillati Long Island style... Sugli inizi degli ‘80 scoviamo due menu dove la fanno da padroni i drink con gelato: The Great Caruso ed Emmeline’s Raw Bar. Una carrellata che chiude col menu del Promenade cafe al Rockefeller center nel 1985, la cui lista dei drink potrebbe essere tranquillamente quella di un bar dei primi del ‘900.

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