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Attorno al tema dello street food all’italiana si stanno sviluppando nuovi format e insegne commerciali di successo. Un’opportunità anche per i bar indipendenti

Nel momento in cui ci sarà una ripresa dei consumi fuori casa, questa comincerà dal “fast food all’italiana”». A esserne convinto è Matteo Figura, foodservice manager di Npd, società che analizza nel dettaglio il mercato dal punto di vista del consumatore. La fine della crisi, in altre parole, privilegerà innanzi tutto gli esercizi in grado di fornire una ristorazione veloce, improntata sui prodotti della nostra ricchissima tradizione.
Ma che cos’è il fast food o quick service italiano? Quali tipologie di locali comprende? «Nelle nostre analisi - spiega Figura - tutto quanto non è servito al tavolo rientra nella grande categoria del “quick service”, il servizio veloce. In questa modalità, è l’avventore stesso a prelevare il prodotto al banco e a consumarlo sul posto o al tavolo. Se l’operazione avviene usando un vassoio parliamo di “self service”. In tutti gli altri casi, in cui viene servito un prodotto italiano che non siano caffè o cappuccini, parliamo fast food all’italiana».

Una “famiglia” molto allargata

Si tratta di una categoria vastissima, che va dal bar che svolge il servizio di pausa pranzo all’infinita serie di locali ibridi, eredi dell’antica tradizione delle tavole calde o fredde di un tempo. Andiamo dalla piadineria alla polenteria, dalla rosticceria al chiosco di street food, fino ad arrivare a modelli più strutturati, come i format di Giovanni Rana o di Eataly. Questa “famiglia” di locali, che spesso sono multifunzionali perché cambiano faccia nell’arco della giornata, ha fatto riscontrare fino al 2012 una buona crescita nelle presenze e nei consumi. Il 2013 si è invece concluso con un calo abbastanza marcato, pari al 2% circa in meno rispetto al 2012. «Di per sé - osserva Figura - non è una contrazione preoccupante, ma balza all’occhio in un mercato, come quello del fuori casa, che si distingue per una notevole stabilità. Siamo comunque arrivati a un livello sotto il quale non scenderemo. Ma se finora la “fuga” è stata dalla ristorazione tradizionale, quella con il servizio al tavolo per intenderci, ora anche il quick service comincia a soffrire e, secondo le nostre previsioni, continuerà a farlo almeno fino a metà del 2014».

Da dove occorre ripartire

Al tempo stesso, però, stiamo osservando i primi segnali di un rallentamento della decrescita. Ed è proprio in una situazione di questo tipo che il fast food all’italiana, secondo Figura, può rivelarsi un’opportunità. «Questo tipo di locale - spiega - si presta più di ogni altro all’innovazione dell’offerta, allo sviluppo di nuovi concept e anche di catene, in un processo che porterà il nostro bar tradizionale a trasformarsi in qualcos’altro». Un segnale molto chiaro della potenzialità del fast food all’italiana lo si deduce osservando i momenti di consumo caratteristici di questo tipo di locale che, come abbiamo detto, propone cibo veloce della tradizione italiana, dal panino con la milza tipico di Palermo alla porchetta di Ariccia, dai salumi piacentini alla pasta fatta in casa. Un profilo diverso da quello medio della ristorazione veloce italiana, con un peso maggiore di tre momenti chiave: colazione, pranzo e aperitivo. «Per una struttura che è già attrezzata a fornire un cibo veloce - dice Figura - come una piadineria o una rosticceria che propone gli arancini a pranzo, è più facile aprirsi alla colazione e all’aperitivo perché ha già, per esempio, gli strumenti per lavorare il cibo, cioè una cucina, un laboratorio o, comunque, un’organizzazione del lavoro per la trasformazione o la preparazione». Un altro filone su cui lavorare, secondo Figura, è quello dello street food, sempre più presente in un’informazione, soprattutto televisiva, incentrata sulla riscoperta del cibo della nostra tradizione, facile e veloce da preparare. Dalle polpette al risotto, esistono mille spunti per creare locali monotematici, incentrati sullo sviluppo di un solo prodotto alimentare declinato in più modi e da proporre in diversi orari della giornata.

Il momento di investire

Secondo Figura assisteremo alla comparsa di esercizi di fast food all’italiana sempre più legati a catene o in franchising. «È questo - osserva l’esperto - il momento di investire. Ed è molto probabile che assisteremo, proprio sul tema dei fast food all’italiana, alla nascita di nuove iniziative e a una riorganizzazione del mercato del fuoricasa secondo uno schema più simile a quello tipico di mercati più evoluti, in cui le catene hanno un peso molto più importante».
Vorrà dire allora che il bar del piccolo proprietario è destinato a sparire? No di certo. «Anche il piccolo bar - suggerisce Figura - può convertirsi a questa formula, e la tendenza già in atto. Abbiamo anche diverse segnalazioni di ristoratori classici che pensano di chiudere e riaprire in una forma più “easy”, magari legata a una catena in franchising».
Tra l’altro, il fast food targato Italia consente di ampliare la vendita anche con take away e la consegna a domicilio. Un deciso cambiamento di abitudini rispetto al bar tradizionale, con tante opportunità da sfruttare.

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