Mixologist di frontiera

Sperimentazioni –

Abbiamo indagato sullo stato dell’arte della miscelazione con il contributo di sette squadre speciali di bartender. Un lavoro di ricerca che ha avuto il suo epilogo nel corso di Super-Bar

Sì è vero. Abbiamo esportato all’estero alcuni dei migliori barman, ma non è stata una vera migrazione di massa. Molti di loro, per nostra fortuna, sono ancora tra noi. Bargiornale, in occasione di Super-Bar, ha radunato sette team, dal Settentrione al Meridione, che rappresentano alcune delle più interessanti esperienze recenti. Da coloro che fanno già parte di un certo inner circle alle realtà meno note, ma non per questo meno meritevoli. Il laboratorio di miscelazione made in Italy è stato battezzato “Barman nello Spazio”. Dove il termine “spazio”, non sta a indicare una galassia a migliaia di anni luce, ma è sinonimo di un rinnovato spirito di ricerca che vive qui, ora, tra noi. Ai sette seminari gratuiti di mezz’ora hanno partecipato in veste di spettatori anche due maestri indiscussi del bartending internazionale: Peter Dorelli e Salvatore Calabrese. Avevano l’espressione compiaciuta. «Peccato che certi italiani non siano famosi all’estero. Questi sono talenti. Fate qualcosa per farli conoscere». Ed eccoli serviti.

Ingredienti casalinghi
I laboratori, sul palco centrale del Superstudio Più di Milano, si sono aperti con la squadra Fresco Cocktail Shop, in arrivo da Como con una carriola stracolma di frutta. Il “Fresco” nasce nel 2009 a Como. Il suo progetto, fin dagli esordi, è di sviluppare drink con frutta e verdura fresca. Con il passare del tempo il bar si è sempre più specializzato e, a distanza di qualche anno, la quasi totalità dei drink è elaborata con prodotti fatti in casa: puree, sciroppi, marmellate, zuccheri aromatizzati ecc. Sulla bottigliera nessuna prova di forza, ma solo poche bottiglie selezionate. L’essenziale - anche qui - è invisibile agli occhi. Il progetto per la prossima stagione, presentato in anteprima al bar show milanese, è quello di elaborare miscele preparate esclusivamente con prodotti stagionali. Sembra banale, ma non lo è affatto. Bisogna avere contatti diretti con piccoli produttori nazionali e saperli sfruttare. «In un momento così economicamente complicato - spiega Simone Maci, lo spin doctor del locale - è indispensabile fare un passo indietro e tornare a scoprire i sapori della nostra terra cercando contemporaneamente di non subire le sirene della grande distribuzione». La provocazione di Maci è stata raccolta da Andrea Attanasio, attuale titolare del locale comasco, che ha realizzato un Punch Siciliano e un Bloody Mary Vesuviano con prodotti tipici della Sicilia e campani. Alla miscelazione stagionale del Fresco si è alternata quella territoriale di Mattia Cilia, Loris Mauro, Riccardo Bruno, Andrea Nuzzarello e Leonardo Tasca. Ovvero i componenti della Mixology’s Living Room di Vittoria, in provincia di Ragusa. La Mixology’s Living Room è un salotto dove questi giovani bartender si riuniscono per creare e sperimentare nuovi cocktail. Hanno una passione comune: la sicilianità. Anche qui prodotti freschi, genuini, quasi tutti a km 0. I loro drink sono un omaggio ai personaggi storici siciliani e alle dominazioni che si sono succedute nella loro terra: greci, romani, arabi, normanni, angioini, spagnoli, borboni. Tutti hanno lasciato tracce indelebili, non solo nella cultura locale, ma anche a tavola. Ammesso, e non concesso, che la buona tavola e la cultura siano da considerare cose diverse. Così capitan Cilia e la sua ciurma hanno proposto un’interpretazione del Negroni, chiamata Federico II, a base di Marsala fine Martinez, Amaro Segesta e Gin Mare e il Balarm (l’antico nome arabo di Palermo), un drink preparato in un prezioso bicchiere in ceramica di Caltagirone. Il classico, reintepretato in chiave territoriale, è un fenomeno contagioso che sta facendo proseliti.

Omaggio a Napoli
La conferma viene anche dal progetto Aversa All Star, frutto di un lavoro corale dei bartender aversani Salvatore Mosca, Ciro Rampazzo ed Enzo Tanza, capitanati da Francesco Conte, rettore per la Campania del Classic Cocktail Club. Il loro laboratorio parte da un’inedita interpretazione del Bellini, che diventa “Lo Jommellino, il matrimonio segreto” in onore dei musicisti aversani Niccolò Jommelli e Domenico Cimarosa. Nella ricetta la Melannurca campana, frullata e servita con l’Asprinio brut, è abbinata a uno spiedino di capocollo di maiale nero casertano e ciliegina di mozzarella di bufala. Il percorso degli Aversa All Star prosegue con l’Irish Coffee che diventa “No grazie, il caffè mi rende nervoso”, omaggio alla napoletanità di Eduardo De Filippo, Totò e Troisi. Nella ricetta, al caffè preparato nella cuccuma, viene aggiunto il liquore alle noci Nucillo e panna da latte di bufala. Come vedete si tratta di vera e propria Campanology, crasi tra Campania e mixology. L’essenzialità, ovvero il ritorno a una miscelazione “primitiva” e senza troppi orpelli, è stata la cifra stilistica del Mo.Wa di Marina di Ravenna. Jimmy Bertazzoli, socio insieme a Massimo “Cino” Gorini e Valerio Sirotti del locale ravennate, utilizza nelle postazioni di lavoro pinze in legno e spago, noci di cocco e flaconi di plastica al posto dello shaker. Dice: «La plastica isola, il ferro conduce. Anche se occorre più tempo per raffreddare un barattolo di plastica la temperatura raggiunta dopo la shakerata si manterrà più a lungo. Lavorando con frutta fresca, la temperatura del drink diventa un requisito centrale». Il flacone, strumento di lavoro non inconsueto per chi mescola in Africa o in certe aree dell’America Latina, è divenuto insieme ai vasi di vetro uno dei trademark del locale. Segna un ritorno alle cose semplici, primitive, cavernicole come nel video presentato in occasione di Super-Bar che potete trovare anche su Youtube alla voce “La nascita della miscelazione primitiva at Mo.Wa Caribbean Bar”. Ed è anche autoironico, cosa che nell’ambiente non guasta. Si bada alla sostanza, ma in tutt’altra chiave, anche nelle specialità messe in campo dallo Shake di Rovellasca (Co). «Abbiamo voluto portare con noi sul palco di Super-Bar Alexia Crystal, una talentuosa modella e ragazza immagine che si esibisce in discoteca. Chiaramente è una provocazione. Molti locali sfruttano certi escamotage per catturare in modo facile la clientela. Di contro offrono una proposta scadente. Queste scorciatoie sono inutili e alla fine il conto è salato. Qualità dei drink e del servizio, sembra banale, ma è l’unica vera chiave per il successo». Così afferma Giorgio Tagliabue, gemello diverso di Dario Comini con il quale lavora a quattro mani, ma in locali diversi. Non stupitevi: entrambi sono maghi. Sul palco, insieme a Tagliabue, sono saliti il socio Leonardo Salerno e il bartender Davide Minervino, per presentare Tom Yum Kung, una tipica zuppa tailandese trasformata in un cocktail, un drink dedicato a Il Padrino con tanto di cannolo siciliano ripieno di spuma alcolica all’arancia rossa e Super-Bar Breakfast, la colazione del campione, accompagnata da una tazza di cereali, composta da un mix di yogurt, St. Germain e Bols Yoghurt Liqueur.

Top secret
Specializzato in vintage cocktail, ma con un tocco contemporaneo è il 1930 di Milano, boutique bar riservato ai portatori sani di tessera e dall’ingresso segreto. A Super-Bar era presente la famiglia al completo ribattezzata nell’occasione “Il team dei 12 apostoli del cocktail”. Si tratta di una delle più interessanti aperture dell’anno in corso, frutto del recupero degli spazi di una pizzeria chiusa da due anni che, al piano interrato, nascondeva un rifugio antiareo della Seconda Guerra Mondiale. Il progetto d’interni è una miscela ben riuscita tra un bistrot bohémien e un tipico speakeasy degli Anni Ruggenti. Tra le chicche il menù, in realtà un libro, che si apre con una brevissima lista di cocktail e termina con il listino degli spiriti. In mezzo c’è un romanzo a puntate firmato dal talentuoso scrittore Michael Love. Ogni stagione nel menù del 1930 cambiano i drink e il romanzo continua. Di questo locale ne abbiamo parlato anche durante la trasmissione Il Gastronauta di Davide Paolini andata in onda il 2 novembre (il podcast è disponibile su radio24.it).
Il titolare Flavio Angiolillo, il socio Marco Russo e Teo Rizzolo, ex di Dario Comini al Nottingham Forest di Milano, hanno elaborato di recente alcune miscele ispirate a piatti di cucina, pur non contenendo alcun ingrediente(o quasi) del piatto in questione. Parliamo di cocktail come il Risotto all’Ossobuco o il Sushi.
L’interpretazione dei classici in versione fuori schema ha riguardato anche il mondo drink esotici (o tiki). Daniele Dalla Pola del Nu Lounge di Bologna, insieme al braccio destro Matteo Palladino, hanno utilizzato per il loro laboratorio alcune macchine speciali per realizzare tre differenti versioni del Piña Colada: sorbetto, granita e gelato soft. Il tutto davanti allo sguardo, tra il divertito e il sorpreso di Jeff “Beachbum” Berry, vera autorità americana della cultura exotica. Lo dicevamo all’inizio: il talento nei nostri bar non è merce rara.

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