Mentre quasi tutta la ristorazione italiana vive il momento del pranzo con difficoltà, i bar dimostrano, invece, di sapersela cavare molto bene, avendo modificato una proposta dedicata al lunch time che, fino a non molti anni fa, faceva fatica a stare al passo con i tempi. È quanto emerge dalle analisi che Formind conduce sui consumi di beverage e di food nei bar italiani. «Tutto il 2015 - dice Antonio Faralla, amministratore unico di Formind - ha mostrato molto chiaramente questa tendenza, con ottime performance sia dei bar con piccola cucina, il cui fatturato legato al food service è aumentato del 4,15% , sia dei bar con ristorazione veloce, cresciuti del +2,15% . Buono anche l’andamento del beverage, che nel bar diurno è cresciuto dell’1,35%».
Inizio d’anno incerto
Dall’inizio del 2016, in realtà, il trend non è proseguito sulla linea positiva dell’anno precedente (-1% il fatturato dei bar con ristorazione veloce, stabile quello dei bar con piccola cucina); ma, avverte Faralla, «è presto per parlare di un’inversione di tendenza: i dati sono relativi ai primi due mesi dell’anno e non necessariamente significativi, perché influenzati da un clima anomalo, molto caldo, che ha favorito il beverage ma ha influito in maniera negativa sui consumi di cibo». In realtà, sembra evidente che siano stati proprio i gestori dei bar a reagire più prontamente a una serie di trasformazioni che hanno cambiato le abitudini di consumo degli italiani nella pausa pranzo. Dice ancora Faralla: «La pausa pranzo è il momento di consumo in cui si registra il livello di competizione più elevato. Il gestore ha saputo sviluppare formule capaci di mantenere la spesa e di attivare meccanismi di fidelizzazione. Un occhio attento è stato posto alla qualità e al servizio, innovando formule che prevedono anche la consegna di cibi caldi in ufficio e lavorando sugli assortimenti. Un’attenzione maggiore è stata posta alle nicchie di mercato, cavalcando nuove opportunità». Senz’altro il gestore del bar è stato il più pronto a fornire proposte in un range di prezzo ideale, intorno ai 5-6 euro di spesa, corrispondenti grosso modo al valore del buono pasto medio. Una di queste, in crescita da tempo, è la ricerca di un’alimentazione sempre più sana e naturale e, in molti casi, vegetariana o vegana. Proprio in questo ambito per il gestore di bar si può celare l’insidia maggiore, ma, allo stesso tempo, l’opportunità di qualificare la propria offerta. «Permane qualche dubbio sulla qualità e la provenienza del prodotto vegetariano o vegano, soprattutto se biologico - osserva Faralla - perché la filiera non dà l’impressione di riservare un’attenzione particolare agli standard e alla qualità assoluta. È un fenomeno che si ripete ogni volta che si verifica un boom di consumi di una categoria di prodotto: c’è una corsa di tutti i protagonisti per occupare la nicchia. Col tempo la situazione si normalizza, perché i soggetti meno attrezzati sono destinati a scomparire». Nel frattempo è importante per il gestore che punta su una certa formula riuscire a distinguersi dalla concorrenza per la qualità delle forniture, che deve essere costante nel tempo, e fornire una garanzia al consumatore, destinata poi a tradursi in fidelizzazione. La ricerca di salubrità e naturalità si traduce anche nei consumi di bevande salutistiche, dai centrifugati alle spremute, ai prodotti in bottiglia (non quelli light). Crescono inoltre i consumi di vino e birra in fusti, ma con una chiara attenzione al bere responsabile.
Necessario contenere gli aumenti
La pausa pranzo continua dunque a essere un momento chiave per l’attività del bar, di cui rappresenta in media il 40% del fatturato. «È un’occasione di consumo che oggi il gestore dimostra di saper interpretare meglio rispetto alla colazione, dove invece si registra un calo», osserva Faralla. Le opportunità continuano a risiedere, come abbiamo visto, nello sviluppo dei mercati di nicchia e nell’attenzione a un’alimentazione salutare, basata su prodotti di qualità, ma con una costante attenzione al prezzo. «Dalla lieve flessione di inizio 2016 è evidente - conclude Faralla - che il consumatore non si sente ancora completamente fuori dalla crisi, esita a riprendere un certo tipo di stile di vita e resta parsimonioso. Sarà fondamentale, quindi, contenere gli aumenti per non turbare quel minimo cenno di ripresa che appena si percepisce».