Le penne sono servite

momenti di consumo –

Rivitalizzare la pausa pranzo al bar con i primi piatti surgelati si può. I consigli dei nostri esperti in termini di igiene, ergonomia e marketing

La pausa pranzo è una delle principali voci di introito per i bar. Nello scegliere dove andare a mangiare a mezzogiorno gli italiani continuano a premiare il bar, ma con numeri assoluti in calo. Scendono nel 2011, rispetto al 2010, la spesa complessiva per la pausa pranzo, il totale delle visite e il valore dello scontrino medio, calcolato in 8,69 euro (secondo i dati forniti da Npd Group/Crest Italy in esclusiva a Bargiornale). Del resto, secondo stime di Federconsumatori, i prezzi applicati nei bar e nei punti di ristoro self service sono aumentati in media di oltre il 3% rispetto allo scorso anno. Un pasto tipo al bar, può arrivare a costare 12,31 euro al giorno, per mezzo litro d’acqua, un piatto di pasta, macedonia e caffè. Una cifra elevata, che vuol dire una spesa mensile di 270,82 euro, il 123% in più di quanto si spendeva per lo stesso tipo di servizio nel 2001. Non c’è da stupirsi, quindi, se un numero sempre maggiore di lavoratori si porta il pranzo da casa o lo compra in negozi e supermercati, riducendo le puntate al bar.

Il nuovo corso dei surgelati

Di fronte a questo dato di fatto c’è qualche strumento in mano al gestore per migliorare il proprio servizio, proponendo un pasto caldo e sfizioso alla propria clientela ma a costi concorrenziali?
Una strada da esplorare, molto meglio di quanto fatto finora dalla media dei locali pubblici italiani, ci sarebbe. Si tratta dei primi piatti surgelati, prodotti che grazie all’innovazione tecnologica e all’impegno delle aziende più serie del settore hanno fatto passi da gigante negli ultimi anni. «Un tempo - dice Vittorio Gagliardi, presidente dell’Iias, Istituto italiano alimenti surgelati (www.istitutosurgelati.it) - ci trovavamo di fronte a ricette molto basiche e a una varietà ridotta di proposte, ma oggi non è più così. I primi surgelati a disposizione del mercato sono moltissimi, di alta qualità e preparati in una grande gamma di proposte, consentendo così al consumatore finale di scegliere anche piatti sfiziosi, preparati con cura, anche dietetici per chi li desidera».
Un salto in avanti è stato reso possibile dall’introduzione ormai consolidata della tecnologia Iqf (individually quickly frozen), in cui ogni elemento (per esempio il singolo tortellino o gnocco, in un primo piatto) viene surgelato individualmente e separatamente dagli altri. In questo modo lo scongelamento è più rapido e omogeneo e avviene senza la formazione di grumi o di blocchi di cibo ancora freddi all’interno. «Si sono differenziate anche le tecniche di preparazione - dice Gagliardi - per cui un surgelato per microonde oggi viene appositamente formulato e preparato per questo tipo di apparecchiatura». Questo comporta il fatto che anche un bar senza licenza di cucina, dotato quindi del solo microonde, può davvero presentare alla sua clientela un primo piatto come si deve, uniformemente caldo e ricco di fragranza e di sapori.

Spazi per crescere

I margini di crescita per il bar ci sono tutti. Dice ancora Gagliardi: «Il 92% degli italiani consuma alimenti surgelati a casa propria, ma la percentuale scende al 70% nel fuori casa. Questo accade perché le aziende del settore non sono ancora riuscite a trasmettere completamente al gestore l’alto livello di qualità e salubrità raggiunto dagli alimenti surgelati». Ma le cose stanno cambiando: le aziende più agguerrite, quelle che hanno investito di più nello sviluppo di questi prodotti, sono in grado di assistere i gestori anche con materiale promozionale, menù graficamente accattivanti e strumentazione fornita in comodato per una preparazione ottimale. I margini di crescita sono evidenti se si considera il segmento dei surgelati “ricettati”. Secondo statistiche Iias, nel consumo domestico questa categoria copre il 9% del totale dei surgelati acquistati (47.090 tonnellate su un totale di 539.251 nel 2010), mentre nel settore catering (che aggrega ristorazione, mense, bar, tavole calde) la percentuale dei prodotti surgelati “ricettati” scende al 4% (13.295 tonnellate su 297.685 sempre nel 2010). Certo, nel proporre questi prodotti il professionista non deve fare errori. La scelta del prodotto è fondamentale. «Attenzione ai no brand - dice per esempio Gagliardi - perché rappresentano un’incognita in ogni senso. Il suggerimento è rivolgersi ad aziende note, grandi marchi ma anche imprese artigiane che da anni lavorano nel segmento, possono dimostrare la qualità attraverso i prodotti e la costanza dei risultati, indicando chiaramente la sede e la provenienza sulle confezioni».

Offrire una vera esperienza di gusto

Pesano molto anche l’aspetto finale e il modo di servire il piatto. Un bar senza licenza di cucina non può rielaborare i piatti pronti ed è tenuto a informare in modo chiaro la clientela che serve prodotti surgelati. Ciò non toglie, sottolinea Carlo Meo, esperto di consumi e amministratore della società milanese Marketing&Trade (www.marketingtrade.it), «che il surgelato può avere successo soltanto se riesce a rivaleggiare con il prodotto fresco in termini di aspetto, qualità e presentazione. Questo a maggior ragione per i primi piatti, segmento particolarmente difficile in Italia, perché si confronta con un pubblico che sa benissimo prepararsi un’ottima pasta a casa propria. Il barista deve quindi offrire un primo piatto appetitoso, anche se scongelato, di bell’aspetto e a un costo senz’altro non superiore al buono pasto». Come si può dare al cliente quel qualcosa in più con un piatto surgelato?
Secondo Oscar Cavallera, esperto di marketing e pr e direttore dei corsi della Bar University: «Troppo spesso i primi piatti surgelati hanno un aspetto misero. Per renderli più appetitosi basterebbe trovare 15 secondi in più per impiattare la porzione e renderla più presentabile. Si può anche cercare di essere originali, pensando per esempio a una ciotola».

Servirsi delle attrezzature giuste

Ma attenzione. I bar senza licenza di cucina devono informarsi con scrupolo delle normative che a livello del loro Comune riguardano la somministrazione di piatti precotti surgelati. In molti casi, infatti, per questi esercizi non è consentita la manipolazione dei prodotti, che vanno serviti in confezione sigillata e monodose. Se è vietato perfino l’impiattamento bisogna almeno assicurarsi di una cottura a regola d’arte. «Bisogna avere un microonde professionale - sottolinea Cavallera - mentre troppi bar in Italia hanno modelli per uso domestico. Quindi fate un acquisto ad hoc o fatevi aiutare dall’azienda fornitrice». Se si punta sui surgelati, pensate che i vostri primi possono essere preceduti nella pausa pranzo da un piccolo snack, sempre surgelato. «Una sorta di amuse-bouche - conclude Cavallera - da proporre a ricarichi bassi per creare fidelizzazione».

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