Dalle proprietà medicamentose tramandate dai monaci al consumo nei locali: gli amari hanno cambiato gusto grazie alla pubblicità
Come quasi sempre accade nel settore dei liquori, anche alle origini degli amari c'è lo zampino dei monaci. Esperti manipolatori d'erbe, i religiosi compresero ben presto che c'era una domanda di “medicamenti”, e che soddisfarla avrebbe generato risorse preziose per il sostentamento di se stessi e dei monasteri. Non a caso, l'antenato dell'amaro è l'elisir, preparazione a base di piante benefiche infuse in acqua o in alcol, cui si attribuiscono proprietà curative. Ed “elisir di lunga vita” si chiamò una sorta di panacea di tutti i mali, che prometteva, con la sua efficacia medicinale, di allungare la permanenza su questa terra.
Dalle ricette segrete dei monaci al marketing
Non stupisce, quindi, che i depositari di tanta preziosa sapienza si preoccupassero di mantenerne il controllo e che, di conseguenza, le ricette fossero tenute segrete e trasmesse da una generazione all'altra con il mandato di mantenerle tali. Benedettini, cistercensi, trappisti, certosini (a loro si deve la famosa Chartreuse) furono tutti fabbricanti di amari ed elisir. E quasi ogni regione italiana ebbe eccellenti produzioni artigianali.
Che questa famiglia di alcolici sia oggi di casa più al bar che in farmacia, non significa che abbia perso le sue proprietà: gli amari fanno digerire (soprattutto quelli con un'alta gradazione alcolica e privi di componenti dolci), e sono prodotti con erbe officinali, spezie, radici, cortecce, foglie, fiori e bucce di frutta. Al tempo stesso, il prodotto si è modificato sotto l'influenza del marketing e della comunicazione (ci sono campagne, in questo settore, che sono pietre miliari nella storia della pubblicità), si è segmentato per rispondere a esigenze di consumo diverse, ha incontrato consumatori nuovi, è stato proposto - e richiesto - come aperitivo o come spirit da meditazione.
Valori tradizionali e pubblicità
«I marchi leader - spiegano in Distilleria Bottega - abbracciano un'ampia fascia di consumatori che comprende sia giovani sia persone mature. Il livello economico di riferimento è generalmente medio e, per alcuni prodotti, anche medio-alto». Se il settore è sostanzialmente stabile dal punto di vista quantitativo, non mancano, però, segnali di vivacità, dato che molte aziende si sono impegnate a suggerire nuove modalità di consumo, proporre materiali di servizio innovativi, inventare cocktail e atmosfere coinvolgenti.
Più che il prodotto, che continua a vivere dei suoi valori tradizionali, si prova a cambiare quello che gli sta intorno: dalle bottiglie alle campagne pubblicitarie. «Storicamente, il marketing ha influito pesantemente in questo settore - osservano alla Rinaldi Importatori - Per necessità o per scelta, i produttori hanno sempre puntato poco sul prodotto e molto sul lifestyle: dai veterinari ai “gusti pieni della vita”, dalla Milano da bere al Cosa vuoi di più dalla vita… E questo ha una logica, soprattutto se si considera che quello degli amari è un mercato di giganti, dove combattere a colpi di marketing è normale e fisiologico». E, a proposito di marketing e di nuove occasioni di consumo, c'è un futuro, per esempio, per l'amaro come ingrediente di miscelati? «Sicuramente è più compatibile con i long drink freschi e dissetanti - affermano alla Distilleria Bottega - Siccome sono prodotti con una propria spiccata tipicità organolettica, gli amari si prestano solo in parte alla mixability».