L’aperitivo è tra le opportunità ancora redditizie. Seppure con connotati diversi rispetto al passato: il modello vincente è quello della cena low cost. Cresce il consumo di rossi
La spesa e i consumi degli italiani per l’aperitivo serale stanno aumentando. A rivelarlo sono i dati forniti da Npd Group/Crest Italy in esclusiva per il barometro sui consumi di Bargiornale. In totale si parla di ben 3 miliardi e 115 milioni di spesa nel solo 2011 (dati aggiornati a dicembre), per un totale di 654 milioni di visite. Vale a dire che ben il 6,1% delle “visite” degli italiani in un locale pubblico hanno come scopo l’aperitivo. Fenomeno, tra l’altro, in fase di cambiamento, spiega Matteo Figura, Foodservice manager di Npd: «Si sta allargando l’idea di aperitivo inteso come happy hour, cioè come momento di razionalizzazione dei consumi in cui non ci si limita più a bere qualcosa con l’accompagnamento di snack o stuzzichini, ma si consuma una vera e propria cena. Questo concetto era un tempo confinato quasi esclusivamente alla città di Milano e ai grandi centri del Nord e ora si sta diffondendo sempre più nel Centro Sud, in cui fino a poco tempo fa è stata predominante l’idea dell’aperitivo a base di analcolici o di bevande poco alcoliche». Ora gli italiani fanno i conti e non sono più inclini a raddoppiare la spesa per aperitivo e cena. Non solo. Secondo Npd si sta assistendo a una “migrazione” del pubblico dell’aperitivo serale, compreso soprattutto nella fascia di età tra 18 e 44 anni, dal locale specializzato (definiti “leisure” da Npd, cioè lounge bar, wine bar o simili) al bar tradizionale, nel quale mediamente si spende di meno. Un’analisi più dettagliata dei consumi rivela poi che il vino è sempre più importante nell’aperitivo, al primo posto nelle richieste per l’aperitivo nei locali “leisure” e al secondo, dopo le bevande a bassa gradazione alcolica, nel bar tradizionale.
L’onda lunga dagli Stati Uniti
Il perché lo spiega Oscar Cavallera, esperto di consumi fuori casa e direttore di Bar University. «Non è soltanto il fatto che l’aperitivo si è trasformato in una sorta di cena, in cui il consumo di cibo è accompagnato meglio da un bianco o da un rosso che da un cocktail a base di superalcolici. La transizione al vino è un’onda lunga, che parte dagli Stati Uniti, in cui tra l’altro si registra ultimamente una grande crescita nei consumi dei rossi nel momento dell’aperitivo. Aspettiamoci che la stessa cosa succeda presto anche da noi». Del resto il vino costa meno dei superalcolici e, nell’immaginario, è anche più salubre. «Non solo - aggiunge Corrado Mapelli, direttore marketing di Meregalli, tra i più importanti distributori di vino italiani -. La stretta ai consumi determinata dalle norme sul consumo di alcol consiglia il pubblico a orientarsi verso il vino».
A questo punto come si deve organizzare il gestore di un bar per allestire una proposta seria e gestibile di vino per l’aperitivo? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Vaccarini, sommelier di fama mondiale e presidente dell’Aspi (l’associazione dei sommelier professionisti italiani). «Le tipologie di vino che non devono mai mancare sono i bianchi con profumi fruttati e aromatici e gli spumanti. Per quanto riguarda la prima categoria mi riferisco ai vari Sauvignon, Gewürztraminer, Falanghina, Fiano d’Avellino. Per gli spumanti, oltre al Prosecco la proposta italiana pone l’imbarazzo della scelta: Franciacorta, Trentodoc, Oltrepo Pavese, ma anche al Sud si stanno producendo spumanti interessanti. Se ci si trova in una località di provincia si può puntare anche su bianchi frizzanti, molto apprezzati nei piccoli bar di paese per la loro freschezza e bevibilità. Il basso contenuto in CO2 permette ovviamente un consumo maggiore del prodotto all’aperitivo, ma anche al di fuori di questo contesto».
Più rossi e più autoctoni
Si sta comunque affermando sempre più anche il consumo di rossi nell’aperitivo. «Meglio però optare per vini leggeri, freschi, facili da bere - suggerisce a sua volta Mapelli -. Soprattutto è opportuno non strafare con il numero di etichette a disposizione. Al giorno d’oggi la cantina deve essere snella, i gestori non possono più permettersi di immobilizzare denaro per una proposta di vini troppo articolata. Questo accade per i ristoranti e a maggior ragione deve succedere in un locale da aperitivo, sia che si tratti di un’enoteca sia di un bar tradizionale».
Altra parola d’ordine: valorizzare i vini del territorio. «Il barista deve conoscere quello che propone - dice ancora Mapelli - e quindi il vino della zona in cui lavora si presta meglio anche a una visita diretta alle cantine, utile a rafforzare la cultura in materia enologica che chi è impegnato nella mescita deve obbligatoriamente avere. In questo un ruolo di supporto può venire anche dal distributore, a patto che sia adeguatamente preparato. E poi la cultura del vino va trasferita anche a chi effettua materialmente il servizio».
Operativamente quali indicazioni si possono dare? Qui interviene Oscar Cavallera: «Intanto è comprovato che il vino che si vende è quello che si vede. Quindi un consiglio d’obbligo è quello di mettere in vista le bottiglie, anche solo in un angolo creato apposta per l’aperitivo e in una vetrina solo di esposizione, dove l’avventore può vedere l’etichetta. Poi la mescita si fa da bottiglie tenute in cantinetta o in frigo alla giusta temperatura». La classica lavagna con i vini del giorno, e con l’indicazione del prezzo a calice e a bottiglia, può essere di supporto, «così come anche una veloce carta dei vini, da tenere sempre pronta per chi chiedesse di consultarla», suggerisce invece Vaccarini.
Far girare la cantina
Le bottiglie poi vanno fatte “girare”. Siccome qui si parla soprattutto di consumo al calice, una volta stappate vanno finite nel più breve tempo possibile. Suggerimenti in proposito? «Oltre a mantenere compatta la proposta, con un numero limitato di bottiglie - dice Cavallera - è importante scegliere vini che possano entrare anche in mix con gli alcolici negli aperitivi più richiesti, come lo Spritz o i “cooler” o ancora i mix di spumante e frutta come il Bellini. Quindi, pensando per esempio al Prosecco, meglio tenere un’etichetta di buona qualità, anche se un po’ più cara, da servire al calice e usare lo stesso vino per lo Spritz. Scegliamo poi bianchi da monovitigno, che si prestano meglio dei blend all’utilizzo nei cocktail mixati».
Per quanto riguarda i prezzi, come ci si deve regolare con il ricarico? «La vecchia regola di moltiplicare il costo della bottiglia per tre e poi dividere per otto, che sono i calici ricavabili da ogni bottiglia, è ormai superata - dice Cavallera -. Il prezzo dell’aperitivo deve scaturire da un business plan che deve tenere in conto tutto, non solo il costo del vino, ma anche quello del cibo, le spese vive, l’affitto»