Cresce la voglia di mix tradizionali

Tendenze –

Alcuni grandi classici potrebbero tornare nella lista dei 60 cocktail ufficiali dell’Iba. Numerosi barman studiano “antichi” ingredienti per dar vita a nuovi sapori

Sono, per ora, solo voci di corridoio, ma pare che tra i prossimi sessanta cocktail ufficiali dell'International Bartenders Association ci saranno dei ritorni illustri. Saranno ufficializzati solo a maggio, ma sembrano sicuri gli ingressi di pezzi storici della miscelazione come Aviation, Sazerac, Ramos Fizz e Pisco Sour. Secondo la nostra talpa si torna all'antico, ma un antico rivisto e leggermente corretto.

Le tre scuole

Tre sono state fino a oggi le strade della ricerca. La scuola degli “alchimisti”, che ha sperimentato nuove forme per il cocktail (spume, gelatine, molecole), i bar chef che hanno lavorato su nuovi aromi e miscele e, infine, coloro che hanno puntato al recupero e al rilancio della tradizione più pura.
«Stiamo riscoprendo le nostre radici. Abbiamo la possibilità di miscelare i classici usando prodotti sempre più raffinati. Ma non sono solo i super premium a fare la differenza. Quello che conta è la crescita dello scambio d'informazioni tra le diverse culture. Americani, francesi, asiatici e italiani sono a un colpo di clic uno dall'altro. Senza contare che aumentano le pubblicazioni e le ristampe di vecchi ricettari». A parlare è il globetrotter del cocktail Dom Costa, con bar (il Liquid) ad Alassio (Sv), ma la valigia sempre pronta. Così mentre in Italia si ristampa un grande classico come “Il Manuale del vero gaudente” di Jerry Thomas (Feltrinelli), in Inghilterra il barman e giornalista Charles Vexenat traduce “Bariana, Recueil pratique de toutes boissons américaines et anglaises”, un classico del 1895, scritto da Louis Fouquet (ed. Mixellany Books-Jared Brown).

Eventi internazionali

Allo stesso tempo crescono gli eventi internazionali in cui le giovani avanguardie (non le vecchie carampane) sperimentano alla maniera dei loro antenati. Lavorano con bitter, cordiali, sciroppi, elixir, ratafià e infusi, fatti in casa, o meglio, nei laboratori di pasticceria. Succede al raduno mondiale annuale dei migliori mixologist chiamato “Tales of the cocktail” di New Orleans (la stessa città che ospita il “Museum of american cocktail”), al Bar Show di Londra, al Cocktail Spirits di Parigi, un evento dedicato alla grande tradizione francese e a un recente concorso di cocktail organizzato da Hendrick's a Londra dedicato ai cocktail dei ruggenti anni Venti. Torna la moda, torna la musica (il Charleston nei locali più trendy di Berlino), torna lo spettacolo (il Burlesque di Dita Von Teese) ed è naturale che tornino anche i cocktail. Tira un respiro di sollievo Fabio Bacchi, il filosofo dei classici: «Torniamo a quella fase in cui i barman pensavano più a esaltare le basi che a costruire ricette con tutta la tavolozza di colori. Dovremmo essere più scultori che pittori. Il pittore aggiunge colore ai colori, lo scultore toglie, elimina, fa un lavoro di pulizia. Si può rivisitare un Americano in punta di piedi, magari con fettina di cetriolo al posto di quella d'arancia. Il problema è che molti senza conoscere l'Abc cercano di strafare. Il primo test di uno chef in un albergo di lusso? La pasta al pomodoro e le patate bollite. Se non conosci le basi, non puoi lavorare. Lo stesso dovrebbe valere per un barman».
Insomma per Bacchi, non servono gli effetti speciali alla Avatar. Per crescere è necessario scavare nel nostro passato. Saranno i tempi, le mode, la spinta dell'industria o certe politiche di comunicazione geniali capaci di parlarti di lunghe tradizioni, anche quando il prodotto è nato ieri, fatto è che gli amanti dei classici possono finalmente brindare.
Fulvio Piccinino è uno di loro. Miscelatore con base a Vercelli, si considera un ricercatore nella tradizione: la sua specialità non è creare drink nuovi, ma proporre cocktail e liquori dal sapore vintage come le polibibite futuriste rivisitate in chiave contemporanea e le bevande dell'America dei gangster e delle pupe.

Tandem e biciclette

«Tuaca, Galliano, Frangelico, l'elenco sarebbe lungo. Ci sono parecchi prodotti nazionali che hanno ottenuto più fortuna all'estero che in Italia. Ho riscoperto certi cloni del DiSaronno come l'amaretto di Venezia o l'amaretto di Torino. E poi vere tipicità come l'Alchermes, Aurum, Sangue Morlacco, il Ratafià, il Persi piemontese e il Persico Varnelli. Ho fatto ricerca sulle ricette legate a questi e ad altri prodotti storici. Per esempio? Il Tandem, unione di Crodino e Biancosarti, che nasceva negli anni Settanta per contrastare il successo del Bicicletta, il bianco con Campari». Altri tempi davvero, ma mica per forza meno interessanti o affascinanti.
Classici dimenticati e drink evergreen sono da sempre materia di studio e riscoperta del Classic Cocktail Club. Francesco Conte dello Shaker Club di Aversa, membro dell'associazione fondata nel 1995, è entusiasta. «Ogni sera cerco di sintonizzarmi con chi sta dall'altra parte del banco. Ho un gruppo di fedelissimi con cui mi ritrovo verso l'orario di chiusura. Adorano sentire la storia di questo o quel drink. Una volta in un bar di periferia ho trovato un'antica bottiglia di Amer Picon Bitter, un prodotto francese fuori produzione da anni. L'ho acquistata per preparare dei martini e la uso con un contagocce da farmacia. Dopo aver miscelato gli ingredienti in un boston d'epoca, ho proposto il cocktail ai miei clienti in un bicchiere Déco, raccontando la sua storia, i personaggi storici, le dive, le auto, le spiagge, il mondo a cui era legato. Più che un cocktail è stato un viaggio». Perché dai, ammettiamolo, siamo cresciuti, ma certe favole ci piacciono ancora tanto.

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