Dal Black Tail al Little Red Door, le migliori drink list del mondo (e d’Italia)

Breve selezione di drink list da tutto il mondo nelle forme più diverse: a libro, schede, giornale, cubo. Non solo fanno vendere, ma fanno anche venire voglia di mangiare.

Libri, dischi, cubi, opere d’arte, romanzi, schedari, giornali. In pochissimi anni non sono cambiati solo i contenuti delle drinks list, ma anche la loro architettura, la scansione, i materiali e, di riflesso, la loro grammatica. Passato il tempo delle liste impersonali suddivise in categorie di cui nessun cliente ha mai capito un tubo; tramontati i menu-fotocopia e seriali; in flessione la parabola dei menu digitali - che ci vorrebbero tutti tecnologici anche dopo un’intera giornata trascorsa abbracciati a smartphone, tablet e computer - ecco arrivare e liste dei millenials. Strumenti che quando funzionano, non rappresentano come vorrebbe il dizionario “un elenco di nomi e di cose o il foglio di carta su cui sono scritte”, ma diventano veicoli per comunicare e suggerire le scelte, mezzi per colpire la fantasia di chi legge, spiegare davvero cosa si va a proporre, anche nei dettagli se è necessario, al superiore scopo di catturare in modo positivo l’attenzione degli ospiti.
Un fatto è certo: sono in disuso i menu enciclopedici, quelli da aprire come una fisarmonica pur non essendo musicisti, quelli ormonali, muscolari, rabbiosi come un Tyson dei tempi d’oro, carte che sembrano fatte per atterrire (e atterrare) chi legge.

Facciamola semplice
Al contrario si sta affermando la dottrina del less is more. Come per i miscelati c’è il gusto di tornare a ricette semplici, di facile costruzione e beva. Funzionano i modelli che propongono pochi drink (da 5 a 10 specialità) con l’escamotage, talvolta, di aggiungere al piede o nelle note diciture come “sono disponibili tutti i cocktail classici”. Questo non vieta ovviamente che, per arricchire il menu, siano aggiunti altri elementi oltre alle ricette.
Su tutto vince l’idea della stagionalità della drink list, non tanto o non solo, per gli ingredienti in miscelazione, ma per dare una rinfrescata e degli elementi nuovi sui quali far giocare clienti. È come quando d’estate s’imbianca la casa: magari non serve, però alla prima spennellata l’aria sembra già diversa. Sul menu a rotazione stagionale gioca da sempre la famiglia Mag Café e 1930 di Milano. In particolare il 1930, guidato da Marco Russo, può contare sulla fumante macchina da scrivere di Michael Love - secondo la leggenda metropolitana rintanato e scrivente nel sottoscala - che accompagna ogni cambio di stagione con un romanzo. Dall’apertura del locale Love, un amore di romanziere, ha messo in fila otto libri-menu, dall’esordio “Suzanne Je t’aime” all’ultimo “Paradise”. Romanzi che, come in un Inno alla Gioia alcolica, al posto della prefazione riportano i cocktail di stagione.
Altro filone rovente, almeno nel nostro Paese, è l’ispirazione territoriale: prende più di Radio Maria. Gli Speakeasy Bari boys intitolano il menu ai “Pugliesi, turisti nella propria terra” con sei sezioni che parlano “glocal” come quei cartelli stradali che raccontano con bandierine e nomi di gemellaggi tra città lontane anni luce: Bari & Usa, Murge in Scozia, Gargano e Messico, Valle d’Itria = Italia e Salento of the Caraibi.

Debutto eccellente
Accanto agli stagionali si trovano menu destinati a resistere all’usura del tempo: un po’ come quelle riviste che ti ostini a conservare in salotto fino al prossimo trasloco. Come quello proposto dal BlackTail a New York, nuovo locale destinato a far parlare molto, se non altro perché è guidato dallo stesso team del Dead Rabbit, locale con ottime chance di raggiungere quest’anno la vetta del “World’s 50 Best Bars”. Tra le attività legate alla promozione, e sul modello di quanto già successo a The Dead Rabbit, c’è il suo libro-menu di 83 pagine (storie di Jared Brown, illustrazioni di Drinksology), diviso nelle sezioni punch, sour, cocktail, old fashioned e highball. Un tributo alla miscelazione cubana degli albori, ma rivista in chiave attuale come nel nobilissimo El Presidente preparato con rum di Puerto Rico e Panama, mezcal, vermouth italiano, curaçao, ancho chili e melograno.
La caratterizzazione del menu come esperienza di viaggio è uno dei leit motiv degli ultimi tempi. L’Oriole di Londra, premio New Best Cocktail Bar Totc 2016, ha giocato su una lista-album, con tanto di figurine, articolata in tre macro sezioni: Old World (Europa e Africa), New World (le Americhe), The Orient (Asia, Pacifico, Australia). La collezione comprende solo misture della casa firmate da Luca Cinalli, erede del successo mondiale del Nightjar di Londra. Sul viaggio, questa volta anche nel tempo e nella letteratura, ruota anche il concetto del menu del Mr. Fogg’s con le ricette idealmente telegrafate a Mayfair da Phileas Fogg flemmatico, ricco, enigmatico, uomo inglese vissuto in epoca vittoriana, con una certa attitudine per i viaggi da cardiopalma in mongolfiera. Ed è un viaggio, anzi un Grand Tour, fra passato, presente e futuro il nuovo menu del Propaganda di Roma. Livio Morena e Patrick Pistolesi hanno tradotto, il loro ultimo anno di viaggi e relativi biglietti aerei in un percorso tematico, ripercorrendone la storia in un menu che se nella forma evoca la storia delle grandi compagnie aeree (Pan American, Mexicana, Alitalia, Aeroflot ecc.) nella sostanza contiene descrizioni dei miscelati basate sulle loro caratteristiche organolettiche e non sugli ingredienti. Per esempio il Negroni Bianco è definito “strong, bitter, different”, il For Eva and Eva “floral, sophisticated, pink”. «L’obiettivo di questa carta – spiega Livio Morena – è di uscire dal mondo autoreferenziale della mixology, per ricominciare a occuparci del cliente. Non a caso abbiamo scelto di non mettere gli ingredienti in carta: per aprire un dialogo nuovo con gli ospiti». Il menu dà, il menu prende.
Il menu diventa fonte d’ispirazione e non solo per i clienti. Remy Savage, head bartender del Little Red Door di Parigi, locale incluso nella lista dei World’s 50 Best Bars, ha lanciato The evocative menu. “il menu delle suggestioni”, una carta di cocktail attraverso la quale esplorare la potenza dei sapori e la loro influenza evocativa sui sensi. Un menu singolare, nel quale gli undici drink che compongono la carta non sono riportati con nome e ingredienti, ma rappresentati da opere d’arte appositamente realizzate da artisti di fama internazionale.

Nella foto di apertura, la copertina della drink list a forma di menu-libro del Black Tail di New York (2016).

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