Bar a basso impatto

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Non c’è trend che tenga, ormai la sostenibilità è diventata la via obbligata per le imprese che puntano all’efficienza. Tre le aree d’intervento: consumi elettrici, acqua e rifiutiè diventata la via obbligata per le imprese che puntano all’efficienza

Cosa vuol dire diventare ecosostenibili? L’ecosostenibilità di per sé è un concetto molto semplice: ridurre al minimo l’impatto della propria attività sull’ambiente, che può essere diretto o indiretto. Un esempio di impatto diretto è la produzione di rifiuti, il modo in cui si osservano le norme della raccolta differenziata o, ancora, il consumo di acqua potabile. Quello indiretto è più complesso: per esempio, si inquina di più scegliendo stoviglie usa e getta oppure piatti di ceramica? Nel valutare queste situazioni non esiste una risposta univoca. La cosa più importante è essere convinti che l’opzione “green” sia quella giusta in termini di efficienza gestionale (senza ovviamente trascurare l’aspetto etico). Una volta presa la decisione, le strade da seguire sono fondamentalmente tre e riguardano i consumi elettrici, i consumi idrici e la produzione di rifiuti. Per quanto riguarda l’elettricità due sono i passi fondamentali: scegliere apparecchiature con consumi bassi, secondo le indicazioni dei produttori. In questo gli esercenti non hanno ancora tutti gli strumenti a disposizione perché manca l’obbligo dell’etichetta energetica per le attrezzature professionali, che, invece, deve accompagnare per legge quelle riservate al mercato domestico. È recentissima comunque, l’introduzione dell’etichetta energetica per le tv e ci sono grandi novità anche per le attrezzature professionali per la refrigerazione (leggi articolo a p.76). Altra strada è l’eliminazione di tutte le lampadine a incandescenza, che vanno sostituite con modelli a fluorescenza o con lampade a Led. La seconda area critica è il risparmio d’acqua. Qui grande attenzione va posta ai servizi igienici con rubinetti azionati da fotocellula o da pedale e, quindi, attivi soltanto durante l’effettivo utilizzo. Per i water occorre infine scegliere modelli con flusso ridotto a 2,5 o 3 l, con risparmi per ogni sciacquo di circa il 50% di acqua rispetto ai modelli tradizionali. Problema attualissimo è infine la produzione di rifiuti. Nei comuni dove si applica la differenziata è opportuno seguire alla lettera le indicazioni della locale azienda di raccolta, che spesso attua servizi particolari per vetro, lattine e cartone. Sorge poi il problema di quali strategie adottare per ridurre a monte la produzione di rifiuti. Una delle raccomandazioni è scegliere prodotti con la minor quantità di imballi. In Italia, secondo Conai, si immettono al consumo 11,2 milioni di t l’anno, di cui il 75% viene recuperato. «Ma non necessariamente tutto il rifiuto viene effettivamente riciclato, anche se recuperato con la differenziata», spiega Marinella Correggia, autrice del volume “Zero Rifiuti” (102 pp, 5 euro, www.altreconomia.it). Il consiglio più ricorrente è dare spazio all’acqua trattata o a spremute. Un’indicazione che però non è sempre semplice da mettere in pratica. La linea che può invece seguire il gestore è privilegiare, ove possibile, il vetro e le lattine rispetto alla plastica e, riguardo quest’ultimo imballo, preferire i formati più grandi rispetto a quelli più piccoli. È inutile però servire al tavolo solo bottiglie da 1,5 l in Pet se poi metà del contenuto non viene consumato e si finisce per buttare via l’acqua oltre alla bottiglia. Questo per sottolineare che tutta una serie di consigli che sembrano sensati per l’ambiente domestico non lo sono altrettanto per un locale pubblico.

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