Non si vive di solo design

Dal mondo –

Arredi griffati, Champagne, cocktail e piatti fieramente britannici. Al 34° piano del Centre Point di Londra il nuovo locale di Tom Dixon

Design Week di Milano del 2006. Tom Dixon, mito del design britannico, presenta al Superstudio di via Tortona il suo temporary bar per Bombay Sapphire. Lo battezza Blue Room. In quegli anni gli arredi vintage iniziavano a invadere i locali.
E quel “bar a tempo”, coi suoi arredi rétro, era come un frammento di passato catapultato nel presente: dalle sue Rubber Band chair, una sedia con bande elastiche in gomma “rubata” ai bar-latterie d’antan, alle tappezzerie in stile psichedelico anni ‘70.
Si trattava di una combinazione di elementi capace di creare un’atmosfera a metà tra un lounge e un vecchio domestico. Come può succedere osservando certe immagini del fotografo Martin Parr, un maestro nel descrivere la Britannia di serie B: quella fatta di caminetti di plastica, divani Chesterfield consumati e moquette spesse tre dita. Nel 2008 quel concept temporaneo di Dixon, seppur riveduto e corretto, ha preso vita nel centro di Londra. Il locale si chiama Paramount, regala una vista a 360° sulla città, e occupa i tre piani più alti di uno dei palazzi più iconici e amati della città, il Centre Point. Il polifunzionale accoglie uno spazio per eventi al 31° piano, un bar e ristorante al 32° e una Champagnerie al 33°. I proprietari Pierre e Kathleen Condou hanno affidato a Dixon l’intero progetto.
Ne è venuto fuori un locale di grande stile, all’interno del quale gli ospiti possono bere, mangiare e intrattenersi, in un ambiente dal design ardito che riflette lo stile sofisticato e modernista di Richard Seifert, l’architetto che negli anni dei Beatles e della Swinging London progettò questo palazzone di 117 metri a due passi da Tottenham Court Road.

Una scultura al bar

All’ingresso del Paramount il visitatore s’imbatte in un grande banco rivestito in rame. In effetti definirlo “banco” è riduttivo. Si tratta di una vera scultura, multisfaccettata e piena di angoli spigolosi sul fronte. Un messaggio implicito che suona, più o meno così: “non sederti, questo bel bancone serve solo per preparare cocktail. Accomodati più avanti, c’è un salottino riservato”. Il resto del locale è uno showroom di Tom Dixon: lampade pendenti, poltroncine coniche, un sistema di luci basse per godere del panorama della città dall’alto. Nel menu del bar, dalla grafica coordinata con l’immagine del locale, spicca la sezione dedicata ai Prosecco Cocktails (vedi Bellini) e Champagne Cocktails. A un prezzo medio di 12 sterline (14 euro) sono proposte specialità come il French 75 o lo Champagne Cocktail, un classico senza tempo preparato con Cognac, zollette di zucchero bagnate nell’Angostura Bitters e completato con Billecart-Salmon Champagne. Tra i drink più apprezzati, specie dal palato femminile, segnaliamo il Roseberry Fizz, che il menu definisce efficacemente come “a decadent opulence in a glass”, una lussuria nel bicchiere. Una coppetta con una base di lamponi freschi, sciroppo di rose e liquore di licci shakerati, completata con Champagne.
Al ristorante lo chef Colin Layfield ha puntato su un menu tipicamente inglese, una soluzione insolita in una metropoli cosmopolita come Londra. Nel menu troviamo: quaglia, insalata di patate e fagiolini con noci; piccione con polenta, grana e rucola; merluzzo con burro, gamberetti e limone e terrina di limone con spuma di lamponi e sorbetto di Champagne. Una cena completa si aggira sui 35-40 euro.

Premio a pagamento

Un’ultima nota. Il locale è nella rosa dei candidati per le categorie Migliori interni, Locale innovativo e Migliore sistema d’illuminazione del Restaurant and Bar Design Awards. Si chiama così il premio attribuito da una giura composta da stampa britannica, creativi e architetti. Un trofeo speciale in tutti sensi. Per partecipare, e aspirare alla candidatura, si devono compilare una scheda sul sito www.restaurantandbardesignawards.com e versare la cifra di 75 sterline (90 euro). In questo modo si può ricevere la visita dai critici gastronomici e degli altri giudici. Il fatto, sarà saltato all’occhio, è che si paga per essere inseriti tra i candidati. E tutti pagano la stessa cifra. Vuoi che sia l’unico modo per garantire trasparenza ed equità di giudizio? Magari è proprio questa l’unica strada percorribile per evitare combine, querelle, attribuzione di stelle, incoronazioni, scappellamenti e crisi isteriche a cui abbiamo assistito negli ultimi anni.

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