La sapienza botanica rispunta nei drink

Cocktail –

Negli Stati Uniti le ricette tornano a guardare alle origini quando il “cocktail” era ancora la magica pozione dei farmacisti. Testimonianza del fenomeno in una sfida tra barman americani a Taormina, su invito di Amaro Averna

Un ristorante a qualche metro dall’Anfiteatro greco di Taormina. Prendono posto dietro un banco improvvisato Debbi Peek, Thomas Waugh, Damon Dyer, Don Lee e Jeff Hollinger. Cinque bartender, tra i più quotati degli Stati Uniti, che pochi minuti prima hanno partecipato all’hotel Capo Taormina alla finale della The Averna Cocktail Competition, una gara a tappe negli Usa in cui si sono sfidati 150 agguerriti concorrenti.
Al banco parte Don Lee del Please Don’t Tell di New York, vincitore della Competition di Averna, che prima saccheggia le cucine alla ricerca di erbe aromatiche, chiodi di garofano, cannella e altre spezie. Poi, mette le sue spezie in pentola (la bowl) per creare un punch con l’Amaro Siciliano, succhi di frutta e altri ingredienti più o meno consueti. Gli risponde Damon Dyer, bartender newyorchese, che dalla tasca della giacca sfila il suo Bittermen’s Xocatl Mole Bitters, una boccettina di bitter al gusto di cioccolato fondente e ne versa qualche goccia in una miscela con albume, rum, zucchero Demerara. Controbatte Waugh dell’Alembic Bar di San Francisco con una bowl profumata di Fees Mint Bitters (bitter artigianale alla menta) in cui aggiunge scaglie di cioccolato. La biondissima Debbi Peek di Chicago non si tira indietro e nella sfida improvvisata comincia a spremere agrumi su agrumi, taglia scorzette e frulla un discreto numero di frutti di bosco per preparare il suo aperitivo perfetto.

Un salto indietro nel tempo

Lo spettatore attento a questo punto fa un salto indietro: di 150 anni circa. Sembra di vedere i pionieri del cocktail, quelli che lavoravano con prodotti studiati da loro stessi, una fase antica della mixologia in cui si miscelava esclusivamente con ingredienti freschi, o si cercava il cordiale più giusto per preparare la concoction, la mistura alcolica perfetta.«Non sono nostalgico dell’Ottocento. Per me l’Ottocento è appena iniziato», commenta Thomas Waugh. «Nel senso che faccio parte di quella schiera sempre più ampia di barman, che vanno a saccheggiare ricettari d’epoca, a scoprire come lavoravano i padri del nostro mestiere». Intende personaggi entrati nella leggenda come Jerry Thomas che, a fine ‘800 usava spirit artigianali, prodotti dal suo farmacista di fiducia. Il resto lo faceva Thomas, miscelando sempre in modo spettacolare, cocktail come il Blue Blazer. E gli ospiti al bancone del Metropolitan Hotel di New York andavano in estasi per i suo gesti, spettacolari come quelli di un barman flair. Anzi si può dire che il primo barman (i puristi non leggano) era un bartender flair.

Le miscele che ritornano

Certo ai tempi del “professor Thomas” le cose erano un po’ diverse da oggi. Il pubblico per esempio adorava le miscele forti. In circolazione c’erano cocktail dai nomi inequivocabili: Connecticut Eye Opener’s (l’apri occhi del Connecticut) o l’Alabama Fog Cutters (Il fendinebbia dell’Alabama). In questa fase naif gli ospiti stravedevano per i cocktail a base di latte e uova come gli Egg Nog, si divertiva con miscele con assenzio (la “Fata Verde” dell’epoca non quella politicamente corretta distribuita oggi).

Cordiali, infusioni, creme fatte in casa

Ciò che rimane di quella esperienza, non sono tanto i cocktail, che col tempo e le mode sono ovviamente cambiati, ma è quel tentativo di ricercare nuovi ingredienti, di scoprire prodotti di nicchia, di crearsi il proprio “laboratorio”. Un po’ come si faceva ai tempi di Jerry Thomas quando lui e altri barman all’avanguardia si affidavano al professore di chimica e farmacista svizzero Christian Schultz, l’autore del “Manuale di preparazione di liquori, cordiali & sciroppi”. Come allora sembra tornato, dagli Stati Uniti all’Inghilterra, il gusto della scoperta. Si propongono, magari riveduti e corretti, i cocktail delle origini: interi universi di juleps, cup, sling. Nelle vaschette del banco rientrano spezie ed essenze preziose, dalla noce moscata ai fiori del beniamino. Tornano sul bottigliere anche i cordiali (liquori speziati) più singolari al cumino, alla ciliegia, cannella, cardamomo, alle prugne, al sedano (ottimo nella preparazione del martini). E poi le creme realizzate con oli essenziali (di macis, rosa, vaniglia, ecc.) e i bitter in tutte le loro varianti da quelli agli agrumi a quelli profumati con genziana o camomilla.

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