Così lo chiamano i suoi all’Artesian Bar di Londra. Alex Kratena si è conquistato questo soprannome grazie alla sua abilità di organizzare il lavoro, dai cocktail al personale, alla sala
Ha ritirato il premio Best Classic Hotel Bar di Imbibe Magazine nel 2009, il titolo di terzo miglior bar del pianeta nel 2011 da Drinks International e, da ultimo ma non certamente per importanza, la targa di miglior menù dei cocktail all’ultimo Tales of the Cocktail di New Orleans.
Alex Kratena si sarebbe potuto montare la testa, lui che di anni ne ha solo trentuno, e che dopo aver lasciato Brno (Repubblica Ceca), ha lavorato un po’ ovunque nel mondo senza farsi mancare niente: caffetterie, pub, discoteche, strip club e ristoranti stellati.
La testa però l’ha tenuta sulle spalle. Continuerà sempre, come ama ripetere, a ispirarsi a quel genere di professionisti che si tirano su le maniche quando c’è da lavare i bicchieri o pulire i bagni. E lo dimostra ogni sera col suo atteggiamento all’Artesian Bar al Langham Hotel, nel cuore della Londra più glamour. Come dice la sua spalla, il talentuoso bartender comasco Simone Caporale, sembra un direttore d’orchestra che riesce a far suonare tutto il personale come un primo violino.
Un artigiano dietro al bancone
Artesian (artesiano), nel caso di Kratena, fa rima baciata con artisan (artigiano). Nel suo approccio all’ospite è puntuale, sorprendente e paziente. Anche quando davanti si trova un tizio italiano, col taccuino in mano, che spara troppe domande, mentre sul suo banco in marmo piovono comande a raffica.
Il tizio col taccuino, sfidando la pazienza di questo gigante buono di un metro e novantandue, vuole capire le chiavi del successo di questo bar dove ogni cocktail non è mai uguale all’altro. A cominciare dal ghiaccio che vediamo circolare.
Nei bicchieri ne passano otto tipi diversi: cubetti tradizionali, cubi, ghiaccio secco, sfere, diamanti, rocks (ghiaccio irregolare), spezzettato e con la “A” che ricorda il logo del locale. Il ghiaccio è una delle fissazioni del capo barman.
Di regola è particolarmente freddo, compatto come la pietra e puro come l’acqua di fonte. In sintonia col nome del bar. L’insegna “Artesian” prende spunto da un’antica fonte artesiana, che sorgeva a 110 metri di profondità e regalava acqua fresca a tutti i clienti dell’hotel a partire dal 1865.
Ora quella fonte non c’è più, ma il suo spirito vive nello shaker di Alex Kratena e nei suoi bicchieri. «Faccio collezione di bicchieri. Ogni volta che viaggio, cerco qualche contenitore insolito, perché ogni cocktail ha il suo vestito. Proprio come ogni cliente». Mentre commenta osserviamo le guarnizioni. Nessuna scelta cerebrale o pacchiana.
«Non perdiamo tempo nella mise en place. Non c’è bisogno di strafare per sentirsi dire wow». All’Artesian Bar utilizzano soluzioni semplici, ma di effetto: ritagli di fumetti manga giapponesi per il cocktail Spontaneity; confetti argentati per il Diamond Swizzle; petali di rosa per il Langham Cobbler; fiori di gelsomino per l’Oye mi canto e una testa di coccodrillo in gomma per l’Artesian Punch. Ogni miscela, dicevamo, ha il suo vestito. Quello del Langham Martini, ultima creatura di Alex Kratena, più che è un abito è un’armatura. Parliamo di una coppa argentata composta di ottone e nichel, con bevante e stelo separati per mantenere il drink ghiacciato. Il Langham Martini è confezionato con due parti di Tanqueray Ten, ½ di vermouth extra dry e… l’ingrediente segreto. Nella versione Langham Martini London è aromatizzato con uno spruzzo d’infusione di rabarbaro e fiori di sambuco; nella variante New York con mela e cannella; nel Langham Martini Milano con profumo di caffè, zafferano e mandorla; nel Martini dedicato a Tokyo con l’agrume Yuzu e il tè verde Sencha. Infine, nella versione Parigi, è vaporizzato con anice e lavanda.
Le botaniche dell’esperto
Dietro questi aromi c’è il lavoro di uno dei più celebri esperti di botaniche al mondo. Parliamo di Ivano Tonutti, in forza al Gruppo Bacardi-Martini, che si è occupato di seguire tutto l’iter di produzione. Le bottiglie personalizzate non sono un fatto nuovo per l’Artesian Bar. Sul suo bancone in marmo sono passate altre celebri bottiglie della casa. Specialmente di rum. Nella carta del locale ne contiamo 70 tra rum, ron e rhum, ma a spiccare sono l’Artesian 1990 Demerara Rum e l’Artesian 1997 Panama Rum.
Prodotti importanti da degustare a fine cena, in questo cocktail bar frutto di un’idea progettuale ardita che mescola antico e moderno, orientalismo esotico e nostalgia vittoriana, stile Chippendale e gusto cinese. Del progetto se n’è occupato il David Collins Studio, bravo soprattutto nel creare uno spazio dove estetica, funzionalità ed ergonomia suonano nella stessa orchestra. Quella diretta, ogni sera, dal maestro Alexino Kratena.