«Cresciamo e ci moltiplichiamo»

Formule imprenditoriali –

Non accontentarsi di un locale di successo, ma lanciarsi in nuove avventure (senza abbandonare le vecchie). Il segreto? Cercare nei dipendenti di oggi i soci di domani. È la ricetta di Stefano Lascatti, titolare del Columbus

 Creare locali che non c’erano. Non certo in assoluto, ma in riferimento alla realtà territoriale dove opera, un pugno di comuni dell’hinterland milanese, tra la via Emilia e l’est. Stefano Lascatti, vent’anni di esperienza nel mondo dei pubblici esercizi, ha intrapreso questa strada 15 anni fa, aprendo a San Donato Milanese, allora comune-dormitorio con saracinesche rigorosamente abbassate alle 19.30 per tutti, un grande pub serale, il Banshee. Con in testa un’idea: trovare all’interno del gruppo di lavoro dei professionisti con cui poter impostare un percorso di crescita imprenditoriale. A distanza di tre lustri, l’idea è diventata realtà: oggi Lascatti ha appena aperto il suo terzo locale, il Fooding (vedi riquadro nella pagina successiva), che si affianca all’Osteria dei Vinattieri e al Columbus, il più importante dei tre. La direzione dei locali è affidata a ex dipendenti “promossi” a soci operativi: Antonio Vadalà al Columbus, Guglielmo Miriello con la moglie Rosanna al Fooding (dopo aver passato quattro anni al Columbus a creare cocktail).

Lounge con cucina

Il Columbus, aperto cinque anni fa, rappresenta l’evoluzione del lounge bar verso la cucina: «La nostra idea - spiega Lascatti - è stata quella di dar vita a un locale che abbinasse alla possibilità di bere bene quella di un mangiare di qualità a prezzi ragionevoli». Qui i cocktail costano 7-8 euro, a pranzo si spende una media di 16 euro, che diventano 25 per la cena.
Il locale è aperto sette giorni su sette dalla mattina alle 7 alle 2 di notte; chiude tra le 15 e le 18 tutti i giorni, ma anche il lunedì sera; il sabato apre solo la sera, la domenica anche per il brunch. Sorge nel cuore della zona industriale di un comune dell’hinterland milanese, Peschiera Borromeo: letto così, sembrerebbe un luogo poco raccomandabile per aprire un locale. Invece è stato (parte) del suo successo.
«Abbiamo aperto qui - dice Lascatti - perché nei dintorni non esisteva niente di simile. Vista la presenza di tante industrie e di qualche albergo nelle vicinanze, il successo del pranzo lo avevamo messo in conto. Quello che non ci aspettavamo era di avere una risposta così elevata anche a cena». Il fatto che il locale sia facile da raggiungere e non abbia problemi di parcheggio sicuramente incide. «Il successo di un locale - afferma Lascatti - è fatto di una pluralità di fattori: io cerco di costruire posti dove si beve bene, si mangia bene, ci sia un corretto rapporto-qualità-prezzo, un’atmosfera gradevole, buona musica e un buon servizio. Non è importante piacere a tutti, ma trovare la propria nicchia di clienti: l’ambiente “ricercato”, di per sé, finisce per attirare una clientela abbastanza omogenea». Nel caso del Columbus, durante la settimana sono le persone che lavorano in zona, mentre nei fine settimana i clienti arrivano da Milano e dai locali limitrofi, attratti da un’atmosfera lounge “metropolitana” che non ha però i costi e gli annessi e connessi (traffico, parcheggi, affollamenti) dei format urbani.

Aggiornamento continuo

Il bere bene è una caratteristica cui Lascatti tiene: e la cocktailerie è uno dei punti di forza del Columbus. Nelle sere di punta il banco arriva a sfornare oltre 200 cocktail. E la proposta è costruita su misura per chi ha voglia di addentrarsi nella conoscenza del bere miscelato. L’ultima novità si chiama “Cock tales” ed è una drink list “take away”, concepita come un micromagazine da portare a casa e collezionare, visto che ad ogni stagione ci sarà una nuova edizione. Contiene pochi selezionati cocktail, presentati per tipologie e raccontati in modo invogliante, accanto a piccoli approfondimenti su alcuni dei prodotti usati per prepararli, dall’Hendricks Gin al tè Lapsang Souchong. Non mancano nemmeno i drink per gli intolleranti al glutine: non hanno il bollino, ma visto che li ha inventati il barman, un celiaco, sono a prova di super allergici. «La lista che cambia - dice Lascatti - è il frutto del nostro modo di lavorare: fatto di ricerca e aggiornamento continui. Andare periodicamente a vedere cosa succede nei locali di Londra e New York per noi è un piacevole obbligo». Ma il viaggio continua anche a Peschiera, «attraverso tanti libri e tanto internet».

L’attenzione alla cucina

La cucina, invece, ha il suo punto di forza nelle carni alla griglia, dall’Angus argentino all’Aberdeen scozzese, fino alle poco comuni proposte di struzzo e cavallo (prezzi tra i 15 e i 25 euro).
«Il risto-bar - spiega Lascatti - rispetto al puro bar offre la possibilità di fare fatturati molto maggiori. Ma aumentano anche i rischi, perché i ricarichi in cucina sono decisamente minori. Se la parte bar funziona e quella ristorante no diventano guai. Ma la cucina, più ancora del bar, per funzionare deve essere curata. Ci vogliono dei professionisti “sani”, capaci anche di fare i conti». E, a proposito di imprenditorialità, Lascatti chiude sottolineando un aspetto che non tutti tengono in conto: la manutenzione. «Molti di quelli che hanno successo la trascurano del tutto: per me è un errore».

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome