Un progetto che nasce da un viaggio e che vuole essere esso stesso un viaggio. Nella cultura messicana, nei colori, nelle atmosfere, nella spiritualità complessa della terra dei Maya. Un “twist” su un bar messicano autentico, collocato in quella parte di Trastevere meno affollata e un po’ più aristocratica. La Punta Expendio de Agave è tutto questo, ma anche molto altro, a partire dall’unione di due fra i locali più rinomati della capitale, The Jerry Thomas Speakeasy e il Freni e Frizioni, che hanno dato il via alla creazione di una società in comune. Il primo è rinomato in tutta Italia come tempio del bere miscelato, nonché del gin e del vermouth; il secondo è il cuore pulsante della movida trasteverina, ma non per questo meno interessante dal punto di vista del buon bere.
Le anime di questo progetto sono Roberto Artusio e Cristian Bugiada, rispettivamente fra i cofondatori del The Jerry Thomas Speakeasy il primo e bar manager del Freni e Frizioni il secondo, imbarcatisi ormai più di tre anni fa in un viaggio zaino in spalla in Messico, fra distillerie di agave e bar di provincia. Spostandosi di notte, dormendo all’addiaccio, vedendo le stelle e bevendo puntas e non solo.
«La punta è la testa del distillato di agave, un giorno sorseggiandone su un pick up ci siamo detti, perché non dar vita a un progetto, a un’agaveria?», spiega Artusio. Il nome Punta è quindi venuto spontaneo, anche perché in romanesco “darsi la punta” vuol dire darsi un appuntamento.
Seicento referenze a tema
Appuntamento all’Agaveria, ovviamente, che è venuta dopo un po’ di tempo. Prima sono partiti con un tour on the road alla scoperta del Messico e delle sue distillerie, organizzati per piccoli gruppi di bartender e non solo, che tuttora vengono programmati e guidati da Roberto (il prossimo si terrà a breve).
Da ogni viaggio Roberto, Cristian e successivamente anche gli altri soci, ritornano con le valigie cariche di autentiche chicche messicane, come le maschere e le statuine de los muertos, trovate nei negozietti e nei mercatini, bottiglie di distillati semi-clandestini, ingredienti per cucinare, perfino dei quadri. «Tutto quello che c’è in questo locale parla di Messico e proviene dal Messico. Il miglior complimento che ci hanno fatto è venuto da dei messicani, che ci hanno detto di sentirsi in patria».
Solo agave, oltre seicento referenze declinate fra Tequila, Mezcal, Raicilla, Tuxca e Bacanora, e nessun altro distillato. «Sarebbe stato facile - dice Artusio - mettere qualche bottiglia di gin e fare gin tonic, ma quelli si bevono al Jerry, qui solo agave». Al massimo qualche vermouth, cordiali o liquori essenziali, che servono per la realizzazione dei drink, che cambiano a seconda del piano in cui ci si trova. L’agaveria è infatti suddiviso in tre ambienti - per ora sono solo due quelli visitabili - in ognuno dei quali si trovano bottiglie e cocktail differenti.
Sapori originari
Si parte dall’ingresso al piano terra, in cui c’è il ristorante vero e proprio, con la cucina affidata a Sarah Bugiada, che è andata a pescare ricette in giro per il Messico insieme a Roberto e Cristian.
Nel suo menu ha cercato di ricreare i sapori messicani con ingredienti originali o qualche volta riadattati con ildichiarato obiettivo di far dimenticare i cliché da cucina tex-mex superpiccante. Il menu cambia con le stagioni ed è una specie di libro di ricette messicane in doppia lingua (spagnolo e italiano).
La carta dei cocktail è invece una sorta di passaporto, in cui ciascun timbro rappresenta uno dei drink che si possono ordinare.
«Qui si fa una miscelazione più semplice, adatta alla situazione della cena, inoltre prepariamo piatti e margaritas da asporto, da vendere attraverso una finestrella aperta su un vicolo», spiega Alessandro Procoli, un altro dei soci di Jerry Thomas e dell’agaveria.
Silenzio, parla l’agave
Scendendo di un piano, si passa a un ambiente più intimo, con un bancone più piccolo: qui si possono mangiare solo finger food di accompagnamento, come i tacos, perché l’attenzione è tutta dedicata alla degustazione dell’agave. La carta è in formato “foglio delle offerte”, come se si fosse in un supermarket della distillazione ardita, con una lista dei cocktail più estremi e adatti ai palati forti.
Last but not least la cantina, ancora più giù, che fra qualche mese diventerà un nuovo polo di aggregazione per bartender (e non solo) interessati a saperne di più dell’agave.
Masterclass ed eventi
«Era un peccato lasciare questo spazio inutilizzato - afferma Alessandro Procoli - e siamo alla ricerca di uno spazio qui vicino che possa fare da magazzino, così da liberare questo ambiente e renderlo disponibile per master class, feste private, serate a tema agave e così via».
Il fil rouge della cultura messicana è seguito anche nell’arredamento, con un’attenzione particolare all’arte e uno spirito benefico di fondo. «Alle pareti abbiamo le opere di un collettivo di artisti messicani e ci piacerebbe in futuro poter fare da trampolino di lancio per vendere le loro opere in Italia», afferma Roberto. «C’è arte - aggiunge - anche nelle etichette di tequile e mezcal, perché ognuna racconta qualcosa di quel che si sta bevendo ed è un altro aspetto che ci ha colpito».
Anche con i distillatori si è instaurato un rapporto di collaborazione che va ben oltre la fornitura, e contempla un vero e proprio progetto di investimento sul territorio, per imbottigliare una linea signature e al contempo farli crescere e portare loro benessere.
Tortillas home-made
Affidata alla mano esperta di Sarah Bugiada (che vanta un’importante esperienza al Jumeirah con Kotaro Noda, poi è passata alla Fattoria di Fiorano e infine è approdata all’Agaveria), la cucina vuol essere la riproposizione di ricette autentiche pescate qua e là nei numerosi viaggi del gruppo di soci. Nel ristorante si evita di rifarsi alla cucina tex-mex di catena: il tentativo è quello di rimanere fedeli ai sapori originali assaggiati in Messico, nonostante non sia facile l’approvvigionamento delle materie prime. Verdure e altri prodotti freschi come il coriandolo provengono dal mercato Esquilino, il mercato etnico per eccellenza della Capitale.
E poi c’è una fitta rete di fornitori esteri selezionati: «Ne abbiamo trovati a Londra per esempio - racconta Sarah - da cui ci riforniamo per gli ingredienti di difficile reperibilità in Italia. E per completare ci sono le chicche che noi stessi riportiamo dai nostri viaggi, come per esempio i peperoncini, che vengono essiccati e conservati per il fabbisogno del ristorante». La conservazione delle materie prime e l’home made sono alla base della cucina dell’Agaveria, che prepara in casa anche tacos e tortillas, che normalmente vengono acquistate già pronte.