Il feedback utile: dall’effetto mamma al metodo giraffa

Raccogliere indicazioni sulle esigenze dei clienti e dare riscontri allo staff sui loro comportamenti sono potenti strumenti di miglioramento. Purché lo si faccia a regola

Cambiare e migliorare sono spesso ottimi propositi, destinati però a rimanere nel libro delle buone intenzioni. In compagnia di scomodi compagni di viaggio come smettere di fumare, mettersi a dieta, limitarsi con l’alcol (o smettere di bere). Per trasformarli da desideri in realtà occorre un metodo: «Lo strumento principe per migliorare in ambito lavorativo è il feedback - afferma Andrea Laudadio, amministratore delegato di Eulab Consulting e autore di un libro sull’argomento - a patto che sia raccolto correttamente e strutturato in un processo». Servono disponibilità all’ascolto e volontà di mettersi in gioco. «Grazie ai feedback - continua Laudadio - possiamo rilevare le esigenze dei clienti. Questo diventa un punto di partenza fondamentale per ideare e offrire servizi capaci di anticipare le richieste dei consumatori, ottenendo così un vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza». In un settore ad elevata concorrenzialità come quello del bar, diventa un metodo di lavoro che può fare davvero la differenza.

«Un altro vantaggio del feedback - afferma Laudadio - è che aumenta la creatività, promuove la fiducia e motiva i dipendenti. A patto però che venga raccolto in modo efficace e con il giusto atteggiamento».

Ascolto e accoglienza

L’utilità della raccolta di feedback dipende da un lato dalla natura delle informazioni raccolte, dall’altro dall’approccio di chi le raccoglie: «Chi riceve un feedback - spiega Laudadio - deve essere disponibile a riceverlo, ascoltare attentamente, disposto ad accogliere le percezioni altrui e capace di evitare reazioni controproducenti».

Essere disponibile a ricevere il feedback è una questione di atteggiamento: «Significa provare il desiderio di apprendere, di migliorarsi e di sopperire a eventuali mancanze. Il passo successivo è di ascoltare attentamente, che significa evitare di distrarsi, focalizzarsi sulla valutazione e cercare di comprendere ogni parola del proprio interlocutore».

Una prima insidia che si nasconde in chi ascolta un feedback è di cadere nella trappola dell’accettazione incondizionata del giudizio altrui o, al contrario, del suo rifiuto: «Occorre essere disposti ad accogliere le percezioni altrui, che, pur corrispondendo a una visione soggettiva dell’emittente, sono ugualmente spie importanti per rilevare punti di forza e debolezza del nostro operato».

Resta un’ultima insidia sulla strada dell’utilizzo proficuo del feedback: evitare le reazioni controproducenti. «In caso di feedback non produttivi non bisogna cadere nella tentazione di lasciarsi andare alle emozioni del momento: cercare un capro espiatorio o assumere un atteggiamento difensivo sono due classici esempi di comportamenti da evitare».

Se è vero che ricevere feedback negativi in modo costruttivo non è semplice, può essere altrettanto complicato dare feedback negativi ai collaboratori: «Il rischio principale è quello di cadere vittima dell’effetto mamma - spiega Laudadio -, ossia la riluttanza nel condividere informazioni negative per premura di come il ricevente potrebbe reagire. La conseguenza è che la comunicazione viene rimandata, distorcendo il messaggio o delegando la responsabilità di comunicare il messaggio».

Una soluzione è di ricorrere al “metodo giraffa”: «La giraffa è l’animale con il cuore più grande. Il metodo ideato da Rosemberg prevede empatia e comunicazione onesta: le emozioni si possono esternare senza ferire l’interlocutore, senza pretendere, ma proponendo: “Mi piacerebbe che tu facessi...”. Il feed­back deve essere comunicato in modo incoraggiante, con consapevolezza delle emozioni suscitate e con manifestazioni non verbali di sostegno, come ad esempio, una pacca sulla spalla».

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