Diventiamo un Paese per vecchi?

Regole&divieti –

Si moltiplicano le ordinanze anti-movida, che spesso però sono una risposta nei confronti di eccessi e degrado. Da Ascosempione, a Milano, un’ipotesi per riuscire a mediare tra le esigenze di tutti

Sul fatto che siamo un Paese che invecchia, dubbi non ce ne sono: lo certifica impietosamente la statistica, che colloca l'Italia ai primi posti nella Ue per percentuale di anziani e agli ultimi per numero di bambini sotto i 14 anni. Il dubbio che stiamo invece diventando un paese per vecchi lo ha insinuato un gruppo di titolari di bar della zona di Comacchio, sui lidi ferraresi, i cui promotori sono tra i più assidui frequentatori del nostro gruppo su Facebook. Hanno infatti dato vita al gruppo “Non è un paese per vecchi”, in risposta polemica contro l'ordinanza del comune di Comacchio (Fe), che stabilisce lo stop alla musica nei locali estivi all'1 di notte (1,30 venerdì e sabato), blocco della somministrazione di alcolici alle 2 di notte e chiusura dei locali alle 3.
Stiamo davvero diventando un Paese per vecchi, che combatte i giovani e il loro desiderio di divertirsi? Partiamo da una certezza: negli ultimi tempi le cosiddette ordinanze anti-movida si stanno moltiplicando in tutta Italia, dalle grandi città, come Roma e Bologna, ai Comuni più piccoli, a partire naturalmente da quelli turistici, dove la questione è più sentita. D'altra parte, non è solo la movida a essere oggetto di nuovi divieti: dal codice della strada alle norme anti-immigrazione, gran parte delle leggi emanate negli ultimi mesi vanno nella direzione di aumentare regole, obblighi, controlli.
La cosiddetta comunitaria, tuttora in discussione, fisserà nuovi limiti: allo stato attuale prevede il divieto di vendere alcolici nei luoghi pubblici (ristoranti, bar e chioschi esclusi) e lo stop alla vendita per tutti i locali mezz'ora prima della chiusura.
Ma torniamo alla movida: i titolari dei locali hanno ragione a lamentarsi per le sempre maggiori restrizioni imposte al loro lavoro. E che dire dei giovani? Hanno ragione a rivendicare il diritto al divertimento. Ma chi vive in una zona piena di locali, non ha forse ragione a chiedere di poter dormire la notte, di rientrare a casa senza fare lo slalom tra le machine in seconda e terza fila e di uscire di casa la mattina senza fare lo slalom tra rifiuti, vetri rotti ecc. Chi gestisce un locale notturno e odia le proteste dei vicini, come reagirebbe se chi abita sopra di lui dedicasse tutte le mattine allo studio della tromba?

La sfida? Metter tutti d'accordo

L'unica strada percorribile, a questo punto, è probabilmente abbandonare la strada di “chi protesta o si lamenta di più vince” e cercare tutti insieme, titolari di locali, residenti, politici e giovani, delle mediazioni. Capendo che i diritti e i doveri vanno sempre di pari passo, e che il “diritto a fare come mi pare” non esiste. Un possibile spunto di riflessione viene da Milano: Ascosempione, l'associazione dei locali della zona Arco della Pace guidata da Fabio Acampora, titolare del Living, ha scelto di pagare 4 vigilantes per le notti di venerdì e sabato. Il loro compito? Convincere, con le buone, a non esagerare in eccessi e schiamazzi.

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome