Clienti ubriachi e responsabilità del gestore

Alcol –

In Italia non vige il divieto di vendita di alcolici ai minori, ma il gestore che li somministra a un minore di 16 anni rischia la sospensione dell’esercizio. Stesse pene anche per chi serve un cliente, in condizioni di manifesta ubriachezza, anche se il servizio è effettuato da altri

Più difficile “alzare il gomito” in terra francese. In arrivo il divieto di vendita di alcolici ai minori di 18 anni (oggi il limite è a 16) ma, soprattutto, la fine degli open bar, in voga soprattutto per l’ora dell’aperitivo, che permettevano il consumo illimitato di alcol a prezzo forfettario. Un’abitudine che facilita il “binge drinking”, bere solo per ubriacarsi, una pratica diffusa tra i più giovani. L’Italia invece, insieme ad Albania, Armenia, Bosnia-Erzegovina, Israele, Kyrgystan, Lussemburgo e Malta, è uno dei pochi Paesi in cui non vige il divieto di vendita ai minori. Vero è che è fatto divieto ai gestori di somministrare alcolici ai minori di 16 anni e le sanzioni per chi sgarra sono pesanti. Secondo quanto previsto dall’articolo 689 del codice penale, l’esercente che somministra bevande alcoliche a un minore di 16 anni rischia la sospensione della licenza, oltre a una pena pecuniaria da 516 a 2.582 euro. Stesse sanzioni per chi somministra alcolici a persone in manifesto stato di ubriachezza (art. 691 c.p.). E la pena è applicabile anche se al momento del servizio il gestore è assente.
La manifesta ubriachezza

A questo proposito vale la pena citare la sentenza della Cassazione n. 42248 del 8 luglio 2004 che ha reso definitiva la sospensione di un esercizio per quindici giorni e la condanna al pagamento di una pena pecuniaria di 517 euro a carico di chi aveva somministrato bevande alcoliche a persona in evidente stato di ubriachezza. Secondo i giudici “la manifesta ubriachezza può essere accertata senza dover fare ricorso ad accertamenti tecnici, essendo sufficiente, a tal fine, la sua immediata o diretta rilevabilità con riguardo al sintomatico comportamento tenuto dal soggetto”. Nel caso in questione, in particolare, la Polizia, in sede di controllo dell’esercizio pubblico, aveva rilevato che un avventore, al quale era stata appena fornita una birra al banco, farfugliava frasi sconnesse e prive di senso, mentre allontanatosi dal banco barcollava. Tutti comportamenti sintomatici di una manifesta ubriachezza e rilevatori di una diminuita facoltà di autocontrollo del soggetto, per i quali il gestore, secondo la Corte, era dunque passibile di sospensione dell’esercizio. Ma i giudici sono andati oltre, stabilendo che esiste una responsabilità anche se chi ha servito la consumazione non è l’esercente in persona (nel caso specifico si trattava di un’amica della titolare). “Fermo restando che sull’imputata, avendo sostituito la titolare dell’esercizio che si era assentata, incombevano gli stessi obblighi di quest’ultima, per l’applicazione della sospensione non è necessario che il colpevole sia anche l’esercente”.

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome