Da passione a professione: la birra crea lavoro

Presentata la quinta ricerca di Osservatorio Birra /Fondazione Birra Moretti su "Le (insospoettabili) professioni della birra" che descrivono un settore in netto sviluppo.

Saper spillare con un bel sorriso

La ricerca "Le (insospettabili) professioni della birra" di Osservatorio Birra/Fondazione Birra Moretti conferma il ruolo propulsivo del settore riguardo all'occupazione e al lavoro.

«Tra il 2015 e il 2017 infatti si possono contare 4.400 posti di lavoro in più - afferma Alfredo Pratolongo, direttore di Fondazione Birra Moretti - creati dalle 871 aziende italiane produttrici della birra, per un totale complessivo di 2,47 miliardi di euro del monte stipendi, con il 50% dei dipendenti con meno di 10 anni di anzianità».

In un panorama economico che stenta a svilupparsi, l'industria della birra va in controtendenza (+5%), più del doppio rispetto alle attese del mercato. Realizzato da Althesys, società di consulenza professionale, per conto di Osservatorio Birra/Fondazione Birra Moretti, lo studio ha riguardato un significativo campione di 7mila dipendenti di aziende distribuite lungo tutta la catena di formazione del valore. La quinta ricerca di Osservatorio Birr/Fondazione Birra Moretti è stata presentata nella moderna sede di Università della Birra a Milano.

Il settore risulta particolarmente attrattivo per i più giovani che vedono valorizzate caratteristiche come spirito di iniziativa, capacità professionali, adattamento alle situazioni, varietà di scelta. Spesso altamente specializzati, sono 15 i profili più richiesti:
mastro birraio
tecnologo alimentare
ingegnere chimico alimentare
responsabile laboratorio e controllo qualità
responsabile sicurezza
coordinatore sostenibilità
automation specialist
digital innovation manager
commerce specialist
tecnico grafico
brand ambassador
beer specialist
spillatore
barman
sommelier della birra.

Di particolare interesse e dinamismo sono cinque profili altamente specializzati.
Tecnologo della birra, una sorta di mastro birraio 4.0 che si occupa della elaborazione delle ricette e della produzione della birra. Oltre alle necessarie competenze tecniche (conoscenza delle materie prime e delle fermentazioni biochimiche eccetera), oggi vengono richieste anche competenze manageriali, flessibilità e problem solving.
Commerce Specialist, un ruolo che val adi là della semplice capacità di vendere perchè comprende conoscenze ecnonomiche con le quali stabilire rapporti di consulenza e partnership con il cliente-gestore dei pubblici esercizi.
Brand Ambassador, una sorta di trait d'union tra tecnico della birra e venditore, un ambasciatore d'azienda e del marchio, capace di riconoscere e degustare le varie tipologie birrarie e di presentare il prodotto ai punti di consumo come ai distributori.
Beer Specialist, figura mix tra un commerciale di alto profilo e un tecnico, come supporto specifico alla forza vendita dei distributori sul territorio, con capacità di negozazione e competenze tecniche sugli impianti di spillatura.
Sommelier della birra, figura professioonale a tutto tondo che abbina capacità tecniche di degustazione, presentazione dei prodotti, conoscenze su conservazione degli stessi e su abbinamenti gastronomici.

Sono tre i macrotrend attesi che avranno un impatto diretto sulla richiesta di profili professionali. Il 41% degli intervistati ha posto l'accento sulla sostenibilità, da quella  ambientale ai pack riciclabili, alla gestione dei rifiuti e degli scarti. Un altro 32% punta sullo sviluppo di nuovi gusti e segmenti di mercato come birre speciali, artigianali e healthy. Un altro 18% scommette sulla diffusione della innovazione digitale e dell'e-commerce.

Per continuare a far crescere il settore, ben l'85% delle imprese di filiera sa di dover investire in formazione, con una media per dipendente dalle 6 alle 20 ore. In Italia purtroppo sono poche le opportunità di formazione professionale, a parte i pochi corsi di laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari. Per cercare di colmare questo gap, è stata di recente fondata a Milano la Università della Birra, voluta da Heineken Italia e Partesa (partner di Fondazione Birra Moretti), che offre corsi tecnico-pratici sui vari aspetti del mondo birrario, dedicato ai professionisti del settore horeca e modern trade, in collaborazione con istituti superiori come Liuc-Business School di Università Carlo Cattaneo di Castellanza (Varese) ed enti pubblici come Comune di Milano e Regione Lombardia.
Tre sono i pilastri che reggono l'intero percorso didattico: cultura birraria (dall'orzo al bicchiere), sales capability (come vendere), gestione aziendale (dal magazzino al rapporto costi-ricavi). Per il primo anno accademico 2018, i corsi sono stati frequentati da circa mille partecipanti professionali.

Oltre alle lezioni frontali e in remoto, i corsi si avvalgono della più moderna tecnologia, dai computer alla realtà virtuale. Grazie infatti a un accordo con Acer, l'azienda di Taiwan leader dell'Information Consumer Technology, vengono utilizzati notebook Predator Triton 500 abbinati a visori Acer Ojo 500 Windows Mixed Reality per seguire i più diversi percorsi virtuali interattivi. «In questo modo - precisa Massimo Furlan, direttore dell'Università della Birra - la formazione diventa un investimento che dà valore alle persone, contribuendo inoltre allo sviluppo del business».
«Forti di oltre 40 anni di esperienza nel mondo Information Technology - precisa Tiziana Ena, Pbu & marketing manager di Acer Italy - abbiamo costruito il nostro successo su una cultura dell'innovazione che ci consente di anticipare le tendenze di mercato e offrire ai nostri clienti, come Università della Birra, dispositivi affidabili e all'avanguardia».

 

 

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