Segretario di Stato, il whisky firmato Poli Distillerie

Blended Whisky Segretario di Stato by Poli Distillerie
Un blended whisky distillato da una nota distilleria vicentina e firmato da Jacopo Poli. Una iniziativa coraggiosa giustificata da una realizzazione di grande interesse.

Una delle firme di qualità della grappa, la storica azienda artigianale veneta Poli Distillerie fa esordire sul mercato il suo primo whisky chiamato Segretario di Stato, ottenuto dopo cinque anni di maturazione in legno e quasi due in affinamento in barrique ex Amarone. Produzione limitata, appena tremila bottiglie, e prezzo interessante, sotto i 50 euro.

La “prima volta” di un’azienda che ha più di un secolo di storia alle spalle desta un’attenzione del tutto particolare. Se l’azienda in questione è da decenni una delle firme di qualità della grappa italiana, allora la curiosità cresce e si deve proprio andare a vedere di persona. Polin Distillerie, con sede a Schiavon, nel Vicentino e a due passi dalla città simbolo del distillato di vinaccia fin dal nome, Bassano del Grappa, ha fatto debuttare sul mercato il suo primo whisky di puro malto.
Jacopo Poli e il suo team avevano già fatto capire di voler allargare gli orizzonti dei propri alambicchi nel 2015, quando avevano presentato il loro Gin Marconi 46 in appena duemila bottiglie. La scommessa era stata rapidamente vinta, oggi il Marconi 46 viaggia tra le 50 e le 60 mila bottiglie l’anno, tanto che nel 2018 un secondo gin, Marconi 42, dal profilo più “mediterraneo” rispetto al capostipite, aveva visto la luce. Ma il whisky era ed è tutto un altro discorso, sia in termini di realizzazione sia in termini economici ovvero di investimento.

Segretario di Stato, nome in omaggio a un sacerdote di Schiavon salito agli onori della carica omonima in Vaticano, ha diversi “anni di nascita”. Certo, il 23 febbraio 2022 con la presentazione alla stampa di settore e non, ma anche il 2013 quando è stato distillato il primo batch e forse anche decenni prima quando Jacopo e consorte s’innamorano della Scozia visitando una distilleria dopo l’altra. Il chicco d’orzo forse ha cominciato a germinare in quel momento.

Sta di fatto che produrre un whisky non è come produrre una grappa. Certo possedere l’arte distillatoria che i Poli si tramandano l’un l’altro fin dal 1898 aiuta, ma alcune cose sono diverse. La materia prima ovviamente, ma anche la forma dell’alambicco, il tipo di malto usato e le sue percentuali, la maturazione in legno e il blending. A tutto ciò si aggiunga che la scelta del nome e la volontà dell’azienda ha fatto sì che l'etichetta che riporta la sagoma della basilica di San Pietro e relativo colonnato nonché dicitura, siano stati approvati e concessi all’uso dalla Santa Sede in un accordo che fissa, almeno per i prossimi cinque anni, la tiratura massima di questo whisky. Appena 1.800 bottiglie nel 2021, suppergiù tremila per gli anni a venire.

Va detto che il distillato è decisamente all’altezza delle aspettative, elevate, che si è abituati a riservare ai prodotti Poli. Il whisky parte con due distillazioni parallele, una riservata al malto torbato e l’altra a quello non torbato, i due diversi new make trascorrono poi cinque anni in botti usate, infine il blend con una percentuale riservata al new make torbato del 40% e il finish per il quale la scelta è ricaduta su barrique ex Amarone per un ulteriore anno almeno. All’assaggio si distinguono note fruttate, ma anche calde di frutta secca, una leggera speziatura, l’apporto della torba si sente ma non è invasivo, 43% vol davvero piacevoli. Prezzo decisamente abbordabile stante la qualità e la novità, sotto i cinquanta euro. Facile prevedere che la prima tiratura scomparirà rapidamente.

 

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