Metà Savoy, metà Papeete. È così che Mario Farulla vede Baccano, il ristorante/cocktail bar a due passi dalla Fontana di Trevi, di cui è diventato bar manager da maggio dell’anno scorso. Dopo più di dieci anni in giro per il mondo, dietro al bancone dei bar d’hotel più esclusivi (Ritz e Four Seasons tanto per citarne qualcuno), Mario Farulla all’alba dei suoi 35 anni è tornato a Roma e in sole due settimane già aveva una nuova scena da calcare, in cui riportare le sue esperienze, le sue conoscenze, il suo stile, in versione più easy rispetto all’hotel blasonato.
Drink protagonisti
«Erano anni che non vivevo in Italia, eppure quando sono arrivato da Baccano non mi sono sentito spaesato. Sarà perché qui il 90% della clientela è straniera. Sarà perché il rapporto con i colleghi è molto aperto, in un’atmosfera dinamica, ma non ingessata». Baccano nasce 5 anni fa, come “un ristorante per turisti, senza essere turistico”. Si è sempre puntato più sulla cucina, tanto che negli anni è diventato un punto di riferimento per un pranzo o una cena, meno per un cocktail. La sfida per Farulla era quella di invertire la rotta e far diventare Baccano un posto dove non si va per mangiare, ma per bere. O meglio, per mangiare bevendo un buon drink, oppure per iniziare ordinando un cocktail e accompagnarlo con qualcosa da mangiare. Magari una delle 14 tipologie di ostriche in carta, da abbinare a uno dei 60 Champagne in lista, o ancor meglio a uno degli 80 whisky o a un buon Martini, preparato con uno dei 40 gin selezionati da Farulla.
«Quando sono arrivato - spiega - ho fatto un’enorme lavoro sulla bottigliera, che oggi conta 400 etichette, delle quali circa 90 sono Cognac, Calvados, Armagnac, molto presenti nei miei cocktail. Ho puntato su questo tipo di distillati, nonostante nell’immaginario comune siano visti come fine pasto, relegati al consumo singolo e a una fascia d’età e di reddito medio-alto, in realtà fanno parte della storia della miscelazione, come base di molti cocktail classici». La scelta, spiega il barman, è stata dettata anche dall’ambiente di Baccano. Da un lato dagli arredi, che Farulla definisce «Un po’ bistrot, un po’ tavola calda americana». Dall’altro lato Cognac e simili si coordinano perfettamente con il target medio della clientela, specie per quanto riguarda gli italiani: big spender, età medio-alta, buoni conoscitori dei distillati.
Spritz, sempre al top
«Anche se - chiosa - inutile negarlo, la metà dei drink che ci chiedono sono Spritz, dato che la nostra clientela è composta da per lo più da stranieri che lo vedono come un cocktail iconico, che rappresenta l’Italia come la pasta al pomodoro. E chi sono io per dire loro che non lo voglio fare?».
Del servizio da hotel Farulla ha conservato l’approccio, molto orientato al cliente. «Il drink perfetto è il minimo richiesto, è l’extratouch di simpatia, di cura dei dettagli, con il sorriso e prendendosi cura del cliente nello stesso modo in cui vorresti essere trattato. Ai miei ragazzi dico sempre: mai servire il cocktail e abbandonare il cliente». E poca scenografia: «Ho vietato il throwing, perché fa perdere tempo e non possiamo permettercelo se dobbiamo servire tanti drink, specialmente nel fine settimana».
Pochi ma buoni
Anche l’impostazione della carta è puntata sulla semplicità, pochi ingredienti, ma buoni. «La mia è una miscelazione estrema e radicale. Sono per la sintesi, per il drink totalmente calibrato, per il less is more: i miei cocktail di norma hanno 3 ingredienti e un bitter, grandi bottiglie e prodotti sempre freschi». Home made solo se aggiungono qualcosa al drink, migliorandolo. «È il caso della nostra brine per il Dirty Martini, che prepariamo con colatura d’alici e che ha un gusto salino, leggermente piccante e con il vero sapore dell’oliva. Oppure la marinatura di pompelmo con finocchio selvatico, origano e rosmarino che abbiamo studiato per il nostro Royal Negroni, che entrerà a breve in carta, impreziosito con acqua d’ostrica Regal».
Quest’ultimo drink è un esempio della sinergia fra bancone e cucina, impersonata dallo chef Marco Milani, che lavora molti alcolici anche nelle sue preparazioni, così come studia insieme a Farulla gli ingredienti in pairing. «Da noi sono state sdoganate le cene al bancone, che è una cosa abbastanza rara per una città come Roma, ma in questo siamo stati aiutati dalla nostra clientela internazionale, che ha fatto da traino anche agli italiani».