In questi giorni sono sempre più numerosi i bar che hanno intrapreso una attività di consegna a domicilio di cibo, bevande alcoliche e cocktail pre-miscelati pronti all'uso. Tanto numerosi quanti sono state le domande sulla fattibilità e le procedure da attuare per effettuale questo servizio in totale sicurezza ed adempienza agli obblighi legali, fiscali e igienico-sanitari. Avvalendoci del parere di professionisti per ognuno di questi ambiti, facciamo una volta per tutte chiarezza su come muoversi per attivare il proprio servizio di cocktail delivery. Tanto per tranquillizzare gli animi, alla domanda: “si può fare?” la risposta – nella maggior parte dei casi – è affermativa. Vediamo come.
Come ci spiega il nostro esperto Sergio Ghisoni dell'Ordine dei Commercialisti di Milano, occorre prima di tutto comprendere quale sia la normativa relativa alle differenti tipologie di attività di vendita e somministrazione di alimentari e bevande. Questa ha un quadro di leggi valido su tutto il territorio nazionale, che però è influenzato da norme regionali e comunali. Prima di tutto va quindi chiarito tramite l'ufficio del SUAP (Sportello Unico delle Attività Produttive) del nostro Comune se la licenza che abbiamo nel nostro bar copre anche le attività di consegna. Nella maggior parte dei casi lo sarà, ma non in tutti.
Un bar generalmente ha una licenza di “somministrazione”, dunque di cessione per un consumo sul posto di alimenti o bevande lavorate e servite all'interno dei proprio locali, con facoltà di asporto. Questo genere di esercizio pubblico ha una aliquota IVA unica al 10%, che per esempio è diversa nel caso di negozi di vendita al dettaglio come le botteghe alimentari o le gastronomie e pizzerie al taglio, che hanno differenti aliquote a seconda del bene venduto (il pane ha per esempio una aliquota al 4% mentre il vino al 22%). In alcuni casi queste differenti modalità di servizio si sovrappongono, come quando un panettiere vende prodotti di gastronomia o un bar vende una bottiglia di vino da asporto. Anche in questo caso, la possibilità o meno di farlo, ricade sulla normativa regionale o comunale. Il consiglio è quindi, in presenza di una attività di vendita al dettaglio continuativa (come è il caso delle consegne a domicilio di bottiglie, cibo o cocktail), di inoltrare la segnalazione certificata di inizio attività (la cosiddetta “SCIA”) e di predisporre il registratore di cassa con le diverse aliquote IVA (nel caso delle bevande alcoliche al 22%). Bisogna inoltre comunicare all'Agenzia dell'Entrate i codici Ateco della nuova attività secondaria che stiamo svolgendo.
Come abbiamo visto, negli esercizi di “somministrazione”, normalmente il cibo e le bevande possono essere ceduti anche per asporto. Ma può provvedere l'esercente a consegnarli direttamente? Sì, ma con le dovute precauzioni: gli operatori devono rispettare le norme di sicurezza stradale, sul lavoro e alimentare. I vani di carico dei veicoli e/o i contenitori isotermici devono essere puliti e a tenuta stagna e sottoposti a frequente sanificazione. I prodotti devono poi essere inseriti in ulteriori appositi contenitori (esempio buste di carta o di altri materiali) che devono restare integri durante il periodo di trasporto e consegna. Chi svolge la consegna deve essere dotato di attestato di sicurezza sul lavoro e HACCP (già in dotazione per chiunque lavori in un bar).
Chi consegna è inoltre responsabile delle verifiche che si attuano nella normale somministrazione di alcolici: divieto di vendita ai minori e persone in stato di ubriachezza, divieto di vendita al di fuori degli orari in cui è consentita la somministrazione di alcolici (anche in questo caso, le fasce orarie consentite variano su base comunale). L'attività di delivery da parte di un bar - sia essa di cibo, bottiglie intere o cocktail - è una attività considerata “secondaria” a quella di normale somministrazione, ed è qui che entrano in campo alcuni limiti per quanto riguarda i volumi di vendita: se l'imbottigliamento è preventivo, continuativo e per numeri di un certo rilievo, potrebbe configurarsi una attività di produzione di alcolici (l'attività di un liquorificio, che presuppone ben altri adempimenti). Allo stato attuale non ci sono dei limiti definiti con precisione. Sergio Ghisoni dell'Ordine dei Commercialisti di Milano ci spiega che non c'è una soglia precisa sancita per legge ma che “oltre certi quantitativi” l'attività diventa non una semplice consegna ma una produzione di liquori. Se però l'imbottigliamento avviene al momento e consegnato in breve tempo, si rientra in una normale somministrazione per asporto (con IVA al 10%, come se venisse consumato nel bar).
Dal punto di vista delle normative igienico-sanitarie, le attività di somministrazione non incombono in grosse complicazioni, poiché già per loro natura sono soggette a restrizioni e procedure più rigorose di quelle di vendita a dettaglio. Con Alessio Decina, tecnologo alimentare della società di consulenza milanese “Giubilesi&Associati”, percorriamo quali sono i passaggi per un corretto avviamento del servizio a domicilio.
Presupponendo che l'attività di consegna (cocktail delivery) si integri ad una attività già in essere, l'autorizzazione principale della Asl resta quella pre-esistente. Il piano di autocontrollo andrà però modificato in alcune sue parti: alcuni dei materiali ed oggetti per contatto alimentare che andremo ad utilizzare per le consegne potrebbero non essere presenti nel nostro piano di autocontrollo; se usate buste sottovuoto, bottiglie o contenitori per il trasporto di alimenti che in precedenza non avete mai utilizzato, questi dovranno essere aggiunti al vostro manuale Haccp. Va inoltre verificato, attraverso il fornitore dal quale li avete acquistati, che questi materiali siano idonei al contatto con gli alimenti e con l'alcool (alcune tipologie di buste per sottovuoto non lo sono, alcuni contenitori di plastica se a contatto con alcool rilasciano componenti tossiche, il cartone in determinate temperature si altera ed altera il cibo con cui è a contatto, e questi sono solo alcuni esempi). Va aggiornata poi la procedura di veicolazione, che consiste nella tempistica e nel controllo delle temperature che intercorrono tra la produzione e la consegna di un bene. Parlando di cocktail serviti in tempi brevi, siamo in presenza di prodotti che non necessitano particolari attenzioni nella conservazione soprattutto in termini di temperatura, poiché è l'alcool stesso a fungere da conservante. Nel caso siano presenti all'interno del miscelato alcuni elementi più facilmente deperibili come i succhi di frutta, vale il principio secondo il quale più alta è la concentrazione di questi e di conseguenza più bassa è la gradazione alcolica, e più sarà necessario accorciare i tempi di consegna. Per fare un esempio pratico: un Negroni in bottiglia chiusa può essere tenuto a temperatura ambiente anche un giorno intero, un Daiquiri dovrà essere consegnato quanto più vicino possibile al momento in cui viene prodotto. Ogni cocktail che viene consegnato (cocktail delivery) deve essere corredato di alcune specifiche di produzione: luogo di preparazione, dettaglio degli ingredienti all'interno, data di produzione, data di scadenza, gradazione alcolica finale e presenza di eventuali allergeni. Gli ingredienti possono non essere necessariamente descritti sul contenitore di consegna, e questo vale sia per il cibo che per i cocktail (per esempio possono semplicemente essere descritti sul menù, sia esso cartaceo che online).
Nei termini fin qui indicati, quelli relativi alla consegna a domicilio (cocktail delivery) fatta da esercizi con regolare licenza di somministrazione, non si incombe in un pagamento di accise, poiché queste sono già state “assolte”, ovvero già pagate al momento dell'acquisto delle bottiglie. Un dobbio sorge però leggendo il Testo Unico Accise, il quale all'articolo 29 disciplina la “trasformazione, condizionamento e stoccaggio di prodotti alcolici”. Secondo le domande che abbiamo posto direttamente all'Agenzia delle Dogane, per essere in regola occorre presentare richiesta specifica ai loro uffici regionali o comunali 60 giorni prima dell'avvio dell'attività (per approfondimenti leggere l'art. 20 del “Decreto Ministeriale 153 del Marzo 2001”https://assistenza.adm.gov.it/KnowledgeBases/Tel_Dogane_Proc_Accise/attach/Normativa/DM_27-03-2001_153_Depositi_fiscali.pdf ), in questo caso l'attività non può comunque prevedere uno stoccaggio e prevede la sola vendita a singoli privati. Come abbiamo detto, le accise in questo caso sono già state assolte, ma c'è ancora un vincolo, che se non rispettato è perseguibile per legge: Il nuovo prodotto, creato da assemblaggio di materie prime, deve avere un grado alcolico più basso di quello delle sue parti. In altre parole, il grado alcolico del cocktail finito non può essere superiore a quello che dovrebbe essere facendo un calcolo delle gradazioni degli ingredienti. È un caso molto particolare, avviene quando c'è una rifermentazione interna e di conseguenza la creazione di una gradazione alcolica maggiore di quella iniziale. Se questo processo è voluto e controllato, occorre segnalarlo all'Agenzia delle Dogane e seguire un iter per renderlo a norma. Se non è voluto avete sbagliato qualcosa dal punto di vista igienico, e quindi non avete letto attentamente quanto scritto sopra
Riassumendo:
- Chiarire presso il SUAP del Comune se la licenza in vostro possesso consente l'attività di consegna a domicilio
- Inoltrare la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) all'Agenzia delle Entrate
- Comunicare all'Agenzia delle Entrate i codici ATECO relativi alla nuova attività che andrete a svolgere
- Fare richiesta presso l'Agenzia delle Dogane 60 giorni prima dell'inizo attività, per poter essere in regola con la “trasformazione, condizionamento e stoccaggio di prodotti alcolici”. Senza questo adempimento non è possibilile avviare l'attività di delivery.
- Modificare, con la consulenza del vostro tecnologo alimentare, il piano di autocontrollo HACCP alle nuove procedure di veicolazione e ai recipienti utilizzati per il confezionamento
- Ogni consegna deve essere corredata da alcune specifiche di produzione: luogo e data di produzione, ingredienti, data di scadenza, gradazione alcolica e presenza di allergeni.
- La gradazione alcolica segnalata in etichetta deve essere verificata dell'Agenzia delle Dogane.
- L'attività non può comunque prevedere uno stoccaggio e consente la sola vendita a singoli privati.