Nel 2010 i produttori hanno visto crescere il fatturato Italia del 18,1%. Riprende anche l’export, ancora lontano dai livelli precrisi. Ma i torrefattori lamentano un generale scadimento della professionalità dei baristi
Benissimo in Italia e bene anche all'estero, che rappresentata oltre i due terzi del fatturato del settore: è la fotografia flash del 2010 del mercato delle macchine professionali per caffè, che in Italia fattura 281 milioni di euro suddivisi tra 30 imprese (con il 58% del mercato in mano alle prime quattro). A realizzarla è stata Cogent, società milanese di ricerche di mercato specializzata nella filiera del caffè.
La crescita a due cifre del mercato italiano (+18,1% a valore) ha consentito di assorbire i contraccolpi della crisi: il fatturato 2010, infatti, risulta del 2,4% superiore rispetto a quello del 2008. Non vale lo stesso per l'export, che pur avendo registrato nel 2010 un +10,7% a valore rispetto al 2008, mostra un calo medio annuo dell'8,3% nel triennio 2008-2010.
«La crescita del mercato italiano - spiega Giandomenico De Franco, partner di Cogent e curatore della ricerca - è stata trainata dalle macchine tradizionali, semiautomatiche e automatiche, che rappresentato il 91% dell'intera produzione. Ma rispetto agli anni precedenti, il segmento delle superautomatiche è stato protagonista di un maggior dinamismo, soprattutto nelle versioni compatte». L'incremento del fatturato di settore è rimasto tuttavia inferiore a quello del numero di macchine vendute: «Il calo complessivo del prezzo medio - continua De Franco - riflette una tendenza generalizzata della domanda a orientarsi verso macchine professionali della fascia di prezzo medio-bassa» Un riflesso, quest'ultimo, di un consumo del caffè che, nel fuori casa, mostra segni di sofferenza.
Concorrenza più ampia
Stando alle stime, il 2010 dovrebbe registrare, per il quarto anno di fila, un calo nei consumi del caffè nel canale horeca. «Dalle 63mila tonnellate consumate nel 2006 - afferma De Franco - si è passato alle circa 58mila del 2009. E nel 2010 c'è stata un'ulteriore flessione». Tante le cause, a partire dal calo generalizzato del potere d'acquisto dei consumatori, che ha portato a una certa disaffezione per il rito dell'espresso nei pubblici esercizi: «Negli ultimi anni - continua De Franco - si è assistito a un forte sviluppo del vending, fatta eccezione per una lieve battuta d'arresto tra il 2008 e il 2009, affiancata dal boom delle macchine per cialde e capsule per il canale sia domestico sia away from home, oggetto di una moltiplicazione di versioni e modelli dal 2000 a oggi. Molte famiglie e molti uffici se ne sono dotati. Ed è chiaro che, di fronte a un costo per cialda o capsula di 30-40 centesimi contro i 90 di un caffè al bar, non sempre di qualità superiore, i consumi fuori casa abbiano finito per ridimensionarsi».
Professionalità in calo
La qualità rischia di diventare il vero tallone d'Achille dei pubblici esercizi: «I torrefattori - rivela De Franco - lamentano un generale scadimento della professionalità nel mondo dei bar. Le rotazioni nei cambi di gestione sono sempre più veloci e tanti, tra quelli che aprono un bar, non conoscono né i fondamenti della professione, né quelli della gestione di impresa. Tanto che i torrefattori più strutturati hanno cominciato a offrire corsi su come gestire un locale accanto a quelli su come fare il caffè».
Il problema per i torrefattori è che, fornendo perlopiù le macchine in comodato d'uso, in molti casi devono affrontare un cambio di gestione del locale prima di aver ammortizzato il costo dell'investimento.
«E spesso in questi casi hanno anche il problema dei riutilizzo della macchina, generalmente restituita in condizioni precarie. La manutenzione delle macchine, infatti, è sempre più trascurata. Tanto che negli ultimi anni il mercato dei pezzi di ricambio ha registrato una crescita significativa».
La questione della qualità investe anche la miscela: «Non è un caso - afferma De Franco - che dal 2005 al 2010 siano cresciute sensibilmente le importazioni di caffè dal Vietnam, uno dei pochi Paesi che non ha visto rincarare la materia prima prima del 2010. Notoriamente, la qualità di questi chicchi non è delle migliori».