Prezzi alti e poche promozioni. Cresce l’insoddisfazione verso i bar

Secondo TradeLab, il fatturato del fuori casa nel 2012 ha subito una riduzione del 2,5%. Al bar calano le visite in tutte le occasioni di consumo. Dal vending ai take away, crescono le formule meglio in grado di soddisfare le esigenze di risparmio dei consumatori

Si aggrava la recessione, ma non per tutti. L’analisi del canale bar realizzata da TradeLab sul 2012 evidenzia, per il secondo anno consecutivo, un calo nel giro d’affari del fuori casa. Il -0,7% a valori costanti del 2011 sarà seguito da un più pesante -2,5% nel 2012. «Si tratta comunque - afferma Bruna Boroni, consulente senior dell’istituto di ricerca e consulenza milanese - di un dato migliore rispetto all’andamento dei consumi casalinghi». Le interviste fatte ai gestori, però, restituiscono una fotografia che mostra come la crisi ci sia per molti, ma non per tutti: un quarto di loro registra un calo nel numero di clienti e ben 4 su 10 parlano di diminuzione del fatturato. Ma c’è anche un 10% che, nel proprio locale, ha registrato una maggior frequenza di visita dei clienti e/o un incremento di fatturato rispetto allo scorso anno.
Il dato che emerge con maggior evidenza dalle analisi di TradeLab è il calo generalizzato della frequenza delle visite al bar, che ha coinvolto tutte le occasioni di consumo: «Le flessioni più significative, a due cifre - spiega Boroni - riguardano le occasioni di consumo a più alto valore di scontrino medio: l’aperitivo, il dopocena, ma anche il pranzo». Viceversa, le consumazioni a scontrino più basso, come le pause e le colazioni, hanno mostrato rispetto all’indagine effettuata nel 2010 dei buoni segnali di ripresa in termini di peso sul fatturato. La caffetteria si conferma di gran lunga la principale voce di ricavi, con il 41% del fatturato totale, seguita nell’ordine da cibo, alcolici, birra e analcolici, tutti con percentuali comprese tra il 12 e il 15%.
L’analisi delle visite per età del cliente fa suonare un campanello d’allarme: «Quelli che riducono maggiormente la frequenza di visita - continua Boroni - sono i 25-34enni: un dato preoccupante, dal momento che a loro si devono ben il 35% dei consumi totali al bar». Un altro segnale forte arriva dal mondo degli over 65, un esercito in costante crescita che nel 2020 - secondo le previsioni - arriverà a essere il 25% della popolazione italiana: «Oltre il 20% di loro - afferma Boroni - evita il bar perché non trova un’offerta adeguata alle proprie esigenze».
La necessità di risparmiare è il principale motivo addotto dai clienti per spiegare la scelta di ridurre le visite al bar: lo affermano oltre un terzo degli intervistati.

Scontenti dei prezzi

Una popolazione cui si aggiunge quella, comunque numerosa (il 14%) che addita nei prezzi troppo alti la ragione della riduzione delle proprie visite al bar. L’insoddisfazione manifesta verso il livello medio dei prezzi è fortemente cresciuta negli ultimi due anni: dal 7,1% del 2010 è passata al 15,7% del 2012. Quali sono le conseguenze che questa insofferenza comporta? La tendenza, sempre più diffusa, a cercare altri luoghi e soluzioni alternative - più economiche - per soddisfare i propri bisogni. Così che chi rinuncia alla colazione al bar per farla a casa, chi sceglie di pranzare andando a far la spesa in un negozietto o prendendo qualcosa in un take away, chi rinuncia a qualche aperitivo e chi taglia sul numero di uscite dopocena. «Ma il fenomeno più marcato - afferma Boroni - è la sostituzione del bar con le macchinette del vending come luogo privilegiato per le pause. In questo caso, tuttavia, le scelta è soprattutto legata a un risparmio di tempo».
L’analisi di TradeLab evidenzia un paradosso piuttosto evidente: in una congiuntura caratterizzata dalla tendenziale diminuzione della domanda, la risposta dei gestori di bar è andata in senso opposto allo stimolo ai consumi. In media, infatti, si sono aumentati sensibilmente i prezzi. In particolare, nel periodo che va tra il 2004 e il 2012, nel quale il potere d’acquisto degli italiani si è ridotto, gli scontrini medi al bar sono cresciuti da un minimo del 41% per il dopocena ad addirittura il 94% nel caso dell’aperitivo, passando per il +41% del pranzo e il +50% della colazione.
Mancano le promozioni
Per contro, le promozioni restano un fenomeno piuttosto marginale (le utilizza meno di un bar su tre). E addirittura il numero di locali che realizzano attività di questo tipo è sensibilmente diminuito: era il 35,5% nel 2010, è sceso al 27,8% nel 2012. «La mancanza di promozioni - sottolinea Boroni - è il primo fattore di insoddisfazione dei clienti del bar. Ed è sempre più un nervo scoperto: nel 2010 si dichiarava insoddisfatto un cliente su tre, nel 2012 siamo a un cliente su due. Il motivo? Sono ormai abituati, per qualunque prodotto o servizio da acquistare, a dare la caccia alle promozioni, alle offerte, agli sconti. Al bar, invece, niente. «Il bar - afferma Mauro Lamparelli, direttore sviluppo di TradeLab - è forse l’unico canale di vendita in cui le attività promozionali dell’industria si fermano ai grossisti o ai locali e non arrivano mai al consumatore finale. Credo che grossisti e produttori dovrebbero fare di più per sensibilizzare i loro clienti con una formazione adeguata su come far fruttare questi strumenti di marketing».
Giochi o caffè?
Per sviluppare fatturato, i gestori hanno identificato sostanzialmente due strade. Una cospicua minoranza (il 30% circa) punta a investire sull’offerta di giochi e servizi: «Attenzione, però - ammonisce Boroni -: solo il 15% dei clienti pensa che sia importante che il bar offra servizi e giochi». E, con pochi soldi in tasca, il rischio è che chi entra al bar debba scegliere se comprare un Gratta e vinci o bersi un caffè: i margini, per i gestori, sono ben diversi.
Chi afferma di voler puntare sulla caffetteria è il 64%. E sono significative anche le percentuali di chi punta sul cibo (40%) e sugli alcolici (39%). Il futuro, quindi, passa ancora per la somministrazione.

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