Le Regioni e i pubblici esercizi

Le regole per i pubblici esercizi dopo la riforma del 1998.



La riforma firmata da Bersani nel 1998 e la modifica del Titolo V della Costituzione hanno affidato alle Regioni la gestione delle complesse questioni legate al commercio, lasciando alla competenza statale solo la gestione della concorrenza.



Il processo di liberalizzazione del commercio è stato dunque assegnato alle Regioni, che pure hanno spesso mostrato una certa diffidenza in materia.



Un capitolo importante della vicenda riguarda i pubblici esercizi, sui quali il governo ha varato recentemente un provvedimento di indirizzo per rimediare ad un vuoto normativo più che decennale.

La riforma per i pubblici esercizi nasce da un lato da una lacuna (la legge quadro del 1991, la 287, non è mai stata pienamente applicata) e dall'altro lato dal federalismo introdotto dalla riforma del Titolo V della Costituzione.



In pratica le Regioni oggi vogliono colmare la lacuna applicativa della vecchia legge 287.



La schiera dei riformatori del settore è guidata dall'Emilia Romagna, che ha cancellato il contingentamento e unificato le licenze, delegando ogni Comune a stabilirne il numero da immettere nel proprio territorio.



Il testo della legge per esteso è pubblicato in NORMATIVA REGIONALE.



Il compito non facile delle Regioni è dunque quello di tutelare chi ha già le licenze, senza bloccare però l'ingresso dei nuovi operatori.



Tale compito è sentito anche dalla Regione Piemonte, dove nel luglio 2003 è stato emanato un Regolamento relativo alla somministrazione di tramezzini, brioches e piattini nei bar e nella piccola ristorazione.



La giunta regionale subalpina ha varato un provvedimento che definisce i requisiti minimi per l'esercizio dell'attività a seconda della diversa tipologia.

In pratica, il documento definisce quattro categorie di esercizio:

1) il classico bar, caratterizzato da attività che richiedono solo un minimo lavoro di manipolazione per toast, piadine, brioches surgelate sottoposte a doratura;

2) gli esercizi autorizzati alla somministrazione di alimenti conservati e di piatti semplici, preparati con tecniche culinarie elementari come macedonie, insalate, piatti a base di salumi e formaggi;

3) strutture in cui si somministrano, oltre agli alimenti di cui ai punti precedenti, piatti configurabili come piccola ristorazione (pastasciutte, insalate di riso, piatti di carne);

4) la ristorazione tradizionale.

Per ciascuna di queste categorie sono previsti requisiti comuni riferiti a caratteristiche strutturali e a modalità di corretta gestione igienica e requisiti specifici rapportati al numero di coperti.



In particolare deve essere presente almeno un servizio igienico opportunamente dimensionato e accessibile ai soggetti portatori di handicap (obbligatorio per i locali di superficie maggiore ai 250 mq e per i locali di nuova costruzione).



Tutti gli alimenti esposti e non confezionati (pasticceria, dolciumi, panini, tramezzini) nonché altri prodotti venduti non confezionati, devono essere protetti dal contatto con il pubblico.

In altre parole se l'esposizione di stuzzichini per aperitivi è consentita per tempi di esposizione e quantità limitate, panini, tramezzini e dolciumi devono essere conservati in appositi contenitori o in vetrine refrigerate con temperatura facilmente leggibile dall'esterno.

Tutti gli esercizi devono essere dotati di acqua potabile o, nel caso di sistemi di approvvigionamento autonomo, frequenti nelle località di montagna, deve essere presente il certificato di potabilità.



LegalWeb sta verificando le evoluzioni normative per i lettori di bar giornale lex.






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