Le 5 cose che i giovani chiedono al lavoro (e che gli imprenditori faticano a metabolizzare)

Giovani Lavoro
I gestori fanno fatica a trovare giovani disposti a lavorare nei locali. Ma fanno ancora più fatica ad accogliere (e accettare) le loro richieste, figlie di nuove sensibilità. Un esperto racconta le cose principali che i giovani chiedono e come trovare una quadra tra le loro esigenze e quelle dell'imprenditore (cambiando ottica)

Non si trovano giovani disposti a lavorare nei bar, almeno non quanti ne occorrerebbero. E lo stesso problema si presenta nella stragrande maggioranza dei settori, siano produttivi o di servizi. Gli imprenditori si lamentano della situazione e, sempre più spesso, faticano a trovare profili che corrispondano alla loro idea di collaboratore perfetto (leggi Le 5+1 cose che un imprenditore cerca nel (futuro) dipendente).

Abbiamo chiesto a Oscar Galeazzi, fondatore di LavoroTurismo.it, sito di ricerca di personale online, di raccontarci, dal suo privilegiato punto di osservazione (il suo servizio è usato da circa 6.000 aziende e 200mila persone) quali sono le principali richieste che fanno i giovani durante i colloqui di lavoro e che gli imprenditori faticano a comprendere.

I giovani? Sempre meno

Partiamo da alcuni dati di realtà. I numeri fotografano una realtà impietosa: dal 2011 al 2023, sono emigrati all'estero 550mila giovani italiani di 18-34 anni; 377mila di loro sono rimasti fuori Italia.
Il contesto è un Paese dove la natalità è ai minimi storici, in calo dal 2013, dove la popolazione si riduce ogni anno di 300mila persone e vanta un'età media tra le più alte del mondo: 46,8 anni.
Secondo la Banca d'Italia, entro il 2040 la popolazione tra i 15 e i 64 anni si ridurrà di 5,4 milioni di individui (-14,4%).

Come racconta l'ultimo rapporto del Cnel, "il 35% dei giovani residenti nel Nord Italia è pronto a trasferirsi all'estero. Tra le motivazioni principali, spiccano le migliori opportunità lavorative (25%), le opportunità di studio e formazione (19,2%) e la ricerca di una qualità della vita più alta (17,1%)". Puntano soprattutto agli Stati Uniti, o ai principali Paesi europei. Per i loro coetanei, invece, l'Italia non è una meta ambita: "Per ogni giovane che arriva in Italia dai Paesi avanzati - racconta il rapporto del Cnel -, otto italiani fanno le valigie e vanno all'estero. L'Italia si piazza all'ultimo posto in Europa per attrazione di giovani, accogliendo solo il 6% di europei, contro il 34% della Svizzera e il 32% della Spagna".

Aspettative non corrisposte

Oscar Galeazzi, fondatore di LavoroTurismo.it

Bisognerà allora cercare di tenersi buoni quei pochi che rimangono, facendo di necessità virtù? «Capire chi sono e come ragionano è fondamentale - afferma Galeazzi - se si vuole ingaggiarli. Possiamo discutere all'infinito sul fatto che il loro modo di ragionare sia giusto o sbagliato, ma il dato di realtà è che chi continua a ragionare con le categorie di sempre fa sempre più fatica a trovare collaboratori». Le catene sono state più veloci ad adeguarsi: il rischio è che si accaparrino le risorse migliori, lasciando ai gestori indipendenti chi rimane.
E la prima differenza sostanziale è che, «contrariamente alla generazione dei loro genitori - spiega Galeazzi - per loro l'aspetto economico non è più l'elemento più importante».

Le 5 cose che i giovani chiedono al lavoro

Ecco allora, in ordine di importanza, le cinque esigenze/richieste più diffuse tra i giovani in sede di colloquio di lavoro e le possibili risposte da dare per trovare la quadra tra le richieste dei candidati e le necessità dell'impresa, bar o ristorante che sia:

1. Flessibilità (orari, luogo, modalità di lavoro)

Un primo grande ostacolo è la richiesta, comunissima, di non lavorare tutte le sere o tutti i weekend, o di non volere l'orario spezzato. Incomprensibile, per l'imprenditore legato al modello tradizionale di lavoro. Ma sempre più locali offrono un lavoro su turni non spezzati,5 su 7 o 6 su 7, con 1 o 2 sabati e domeniche al mese free. C'è anche chi, specie tra le catene,  riesce a offrire flessibilità di orari (scegli tu quali orari coprire) o una piccola parte di remote working (ad esempio, per la gestione delle prenotazioni).

2. Crescita personale e professionale 

«Possibilità di crescere, percorsi formativi, sentirsi valorizzati sono esigenze molto comuni tra le nuove leve - afferma Galeazzi -: "cosa imparo e quanto imparo" sono domande che ricorrono in fase di colloquio. Un problema, per tutte quelle piccole aziende che non hanno mai creduto nella formazione del personale ritenendolo un costo anziché un investimento».
«Oggi - prosegue l'esperto -, grazie alle tecnologie, la formazione può essere poco costosa e molto impattante. Ma non va sottovalutata l'importanza della formazione interna, che può essere un'occasione per valorizzare il proprio personale attraverso il cross training, una parola difficile per dire una cosa semplice: se un dipendente è bravo in una cosa, ad esempio la latte art, anche se magari lavora da noi da poco tempo può insegnarla ai colleghi. È un modo intelligente per far emergere le competenze dei collaboratori: si dà un riconoscimento in denaro a chi fa il corso, gli si dà lustro, si comunica a tutti che chi sviluppa capacità distintive viene premiato e ne nasce anche una sorta di team building informale. I corsi non per forza devono essere strettamente legati al lavoro: l'importante è che sviluppino competenze, conoscenze e connessioni che poi hanno una ricaduta positiva sul modo in cui le persone svolgono il proprio lavoro».

3. Senso e impatto del proprio lavoro 

«Le aziende oggi fanno fatica a motivare le persone - spiega Galeazzi -. Al contrario, i giovani sono interessati al tipo di aziende per cui lavorano e prediligono quelle con una missione chiara e un impatto positivo sulla società o sull'ambiente. Pochi gestori si preoccupano di definire e di comunicare i valori e la missione della propria azienda. Quelle il cui concetto è "si lavora per guadagnare" faranno sempre più fatica a coinvolgere i giovani, ai quali il solo beneficio economico non basta (ammesso che ci sia); lo stesso vale per le "aziende che giocano sporco", che non sono chiare e trasparenti verso i propri collaboratori. Occorre coinvolgere i giovani nei progetti, trasmettere loro una missione ("Lavoriamo per far star bene le persone che vengono da noi"), favorire la loro partecipazione attiva nelle decisioni importanti, riconoscere e sottolineare il valore del contributo che danno. Sono molto apprezzati anche i progetti sociali o ambientali in cui le aziende coinvolgono i dipendenti. Le catene di ristorazione lo hanno capito e lo stanno facendo; il rischio, se non imparano a farlo anche i gestori indipendenti, è che le catene si accaparrino i più validi e i più motivati».

4. Tecnologia e digitalizzazione

«Le nuove generazioni sono nativi digitali - sottolinea l'esperto -: non accettano di lavorare in modo sbagliato o stupido. Perché un cameriere dovrebbe ancora fare chilometri avanti e indietro quando con un palmare può mandare gli ordini in cucina e ricevere via auricolare l'informazione che il piatto o il cocktail è pronto? Chiaro, per chi è abituato a lavorare come ha sempre fatto tutto questo è difficile da accettare. Ma si perdono un elemento: spesso i giovani sanno meglio di loro come si potrebbe semplificare un'attività. Basta chiederglielo o ascoltarli. Introdurre strumenti collaborativi e digitalizzare i processi renderebbe anche più efficiente l'attività».

5. Ambiente di lavoro umano/inclusivo

«I giovani sono cresciuti in un ambiente protetto. Hanno e fanno poca esperienza e sono poco abituati a reggere alle tensioni  - sottolinea l'esperto -: motivo in più per evolvere nella direzione della creazione di un ambiente di lavoro sereno, fondato sul rispetto delle persone, sull'apertura alla diversità, su conivisione e ascolto. I giovani scappano da luoghi di lavoro "tossici": un'urlata fuori posto o una scenata davanti ai clienti sono motivi sufficienti per andarsene».

Al contrario, conclude l'esperto, «apprezzano le aziende che si curano del benessere dei dipendenti, magari offrendo supporto psicologico, eventi aggregativi o attività di team building».

Un piccolo test per riflettere

Chiudiamo con un invito e un esercizio finale. Che fungono da conclusione aperta.

L'invito è ad astrarsi - per il tempo dell'esercizio - dalla propria attuale situazione, dalle difficoltà, dalla comprensione delle nuove generazioni.

L'esercizio è il seguente: se il mio bar (la mia azienda) avesse più flessibilità negli orari, garantisse una crescita personale e professionale ai dipendenti, fosse in grado di dare un senso al proprio lavoro e di avere un impatto positivo sulla società, fosse sufficientemente digitalizzata e avesse un clima di lavoro sereno, avrei un'azienda migliore o peggiore di quella che ho oggi?

 

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