Coffee Mantra di Firenze: un mantra di nome specialty

Miscela base calibrata su misura, espressi decorati in latte art, caffè specialty raccontati con perizia. Succede al Coffee Mantra di Firenze

Via della Mattonaia subito rimanda la mente agli opifici un tempo attivi in questa zona ai margini del centro di Firenze, in cui oggi si incontrano un buon numero di studenti delle vicine Biblioteca e facoltà di Architettura e gli abitanti del quartiere che amano passeggiare in questa strada pedonale. All’angolo con Borgo la Croce si trova Coffee Mantra: come molti coffee shop ha una superficie ridotta (22 mq) e si presenta decisamente vitale e informale. Alle spalle del banco l’ampia lavagna presenta le preparazioni di caffetteria, alcune proposte food e gli specialty monorigini del giorno, che cambiano periodicamente. «Io e Laura abbiamo lavorato a lungo nel mondo del bar come bartender in locali notturni - ci dice Giovanni Benini, titolare con la moglie del locale -. Sentivamo che era arrivato il momento di creare qualcosa di nostro, di metterci in gioco. Un incontro casuale con Tommaso Bongini di Gearbox Coffee Roasters ci ha fatto scoprire il mondo del caffè, che un barman per lo più trascura in quanto un’estrazione gli richiede troppo tempo. L’abbiamo conosciuto a fondo, soprattutto nella parte relativa agli specialty, che abbiamo deciso di offrire. Certo, non è una cosa semplice: raccontarli, farli comprendere ai clienti richiede una grande passione; per fortuna abbiamo vicino due università e qui vengono molti giovani di mentalità aperta che spesso mi chiedono un prodotto nuovo, perché vogliono cambiare. È interessante il fatto che, davanti alla qualità, non guardano al prezzo dell’espresso, di una tazza doppia o di un’estrazione a filtro. Attualmente vendiamo circa 3 kg di caffè al giorno, una media che non ci aspettavamo e che ci soddisfa».

Una clientela giovane

Giovanni ricorda con piacere quello che identifica come “il momento più bello dall’apertura”: la prima fila di ragazzi che aspettavano senza fretta che arrivasse il proprio turno, una scena che si ripete spesso; talvolta attendono anche 10-15 minuti. La miscela di base è stata messa a punto e via via perfezionata con Tommaso Bongini: si è arrivati a un rapporto 50/50 di caffè provenienti dalla Colombia e dal Brasile: al primo sorso è la nota acida a prevalere; successivamente quella dolce, che lascia un piacevole retrogusto. «Quello dello specialty è un bel mondo, che per lo più non si conosce - riprende Benini -. Per questo lo racconto accennando di volta in volta le diverse parti della filiera. Il quartiere risponde benissimo, anche perché abbiamo fatto “viaggiare” molti nelle terre del caffè, spiegando come avviene la coltivazione, la lavorazione, senza termini tecnici, ma facendo comprendere che si stanno avvicinando a prodotti molto particolari».

Nella stagione calda le preparazioni fredde hanno contribuito a far comprendere che ci sono altri metodi di estrazione oltre l’espresso. Al Mantra Coffee nel pomeriggio il caffè (quando lo visitiamo la singola origine è un Kenya) viene posto in infusione e filtrato dopo 12 ore; ne vengono serviti circa 6 litri al giorno. A chiedere questa preparazione o il V60 sono prevalentemente i giovani, che per mantenere l’attenzione durante lo studio preferiscono una bevanda più lunga, da portare con sé e bere lentamente. «Non siamo in una zona turistica, ma molti vengono da noi perché ci conoscono o hanno saputo che qui possono gustare gli specialty - afferma Laura Tanzella - e si stupiscono di trovare un locale più internazionale rispetto a quelli del centro. Mi piace moltissimo il rapporto con il cliente e una “battaglia” che stiamo conducendo è quella contro il caffè lungo. A chi lo chiede spiego cosa comporta una sovraestrazione in termini di amarezza e perdita di aromi. Consigliamo piuttosto di rimanere sul semplice espresso o di scegliere un double shot: più di uno ci ascolta e ne rimane soddisfatto».

Ascoltare le richieste

Nessuna crociata, invece, contro lo zucchero, anche perché, sentendo parlare di caffè speciali, è lo stesso cliente che spesso chiede se debbano essere zuccherati o meno. Di qui l’invito a non farlo: se non risulterà gradito, si potrà aggiungere, ma molti non lo fanno, convenendo sul fatto che si tratta di caffè con una buona dolcezza. Nel piccolo locale è un continuo fluire di clientela: sono tanti gli espressi richiesti insieme a bevande con latte o caffè filtro da asporto. La vetrinetta inserita nel banco propone brioche, bagel con diverse farciture nonché pizzette e macedonie: l’esperienza ha insegnato a dosare bene l’offerta, rendendola mirata, ma soprattutto senza sprechi. Sul fondo del banco, visibile solo da un lato perché coperta sul fronte anteriore da un muro, si trova la macchina espresso che, riprende Giovanni: «È fondamentale: abbiamo scelto la Evo2 di Dalla Corte, che ritengo abbia un buon rapporto qualità/prezzo, ed è precisa e performante».

A questa postazione provvede Alessandro Giunti a fare estrazioni espresso e realizzare bei decori in latte art su una crema dalla tessitura finissima; il giovane barista ha seguito corsi Sca e fatto da poco la sua prima gara di caffetteria, che lo ha divertito e gli ha permesso di scambiare opinioni ed esperienze con altri professionisti. L’amico-fornitore-consulente Tommaso Bongini arriva a metà mattinata. Per lui il rapporto con il cliente è fondamentale perché fornisce un prezioso feedback direttamente da chi beve la tazzina. Tommaso osserva il movimento nel locale, degusta e suggerisce come migliorare un’estrazione o il servizio; è una collaborazione importante, soprattutto quando si è in “rodaggio” e gli errori vanno ridotti al minimo, ponendo le basi per un’attività lunga e ricca di soddisfazioni.  *

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