Sarà un po’ perché l’inverno si fa sempre più caldo o un po’ perché la gente cerca nuove occasioni per socializzare, ma i dehors stanno diventando sempre più popolari. Un tempo quasi osteggiati dalle amministrazioni comunali, più spesso inclini a mettere i bastoni tra le ruote ai gestori che a facilitarne la realizzazione, ora invece sembrano sempre maggiormente apprezzati anche per la capacità di rendere più vivaci e decorosi aree e quartieri delle città. E, probabilmente, questo cambiamento di rotta è motivato anche dal netto miglioramento dei materiali, delle tecniche di costruzione e della progettazione dei dehors, che consentono ora di realizzare anche ambienti provvisori chiusi, utilizzabili nella stagione fredda e meno “rumorosi“ per la cittadinanza che vive nelle vicinanze. A Bologna, per esempio, un progetto lanciato nel 2012 che richiedeva ai gestori di realizzare dehors con connessione wi-fi, da offrire gratuitamente agli avventori per almeno mezz’ora, inizialmente era stato visto con una certa avversione dai proprietari di bar della città. Dopo tre anni di applicazione però, che hanno riguardato circa 600 locali, sembra che il progetto abbia riscosso il gradimento del pubblico e che i dehors bolognesi siano sempre più affollati.
A Bergamo, invece, il Comune ha prolungato da tre a nove gli anni di durata della concessione per gli spazi esterni dei locali e ha semplificato le procedure per poterli installare. Per esempio, il titolare non è più obbligato a presentare 7 copie del progetto agli uffici comunali, ma soltanto 2. Ed è anche stata istituita la figura del tutor comunale che ha il compito di aiutare gli esercenti nella stesura della domanda e nella presentazione del progetto. Se poi è necessario il parere della Soprintendenza alle Belle Arti, richiesta per le realizzazioni nel centro storico e in edifici d’epoca, sono sempre gli uffici comunali a occuparsi della trasmissione del progetto a chi di dovere. Ora l’Ascom locale, incoraggiata da questi passi avanti, sta spingendo per ottenere un’ulteriore concessione, cioè la possibilità di cucinare cibi negli stessi dehors per favorire lo sviluppo di un business legato allo street food, fenomeno decisamente di moda di questi tempi.
Nuove regole
Anche Milano, di recente, ha rivisto alcune regole per i propri dehors, in particolare per quelli dell’asse centrale che corre da piazza del Duomo a piazza Castello lungo via Dante. Un’isola pedonale che ha appena compiuto vent’anni e in cui i dehors, d’ora in avanti, non dovranno più avere coperture con teli di plastica e ombrelloni, ma dovranno avere strutture rigide, trasparenti, chiuse su tutti i lati. Per contro già dal 2014 il Comune ha concesso, in questa zona centrale, di aumentare dell’80% il plateatico, cioè lo spazio disponibile per la pavimentazione dei dehors.
No all’abusivismo
Certamente, nell’Italia delle 100 provincie e degli 8.000 comuni non è affatto facile per i gestori trovare procedure lineari e amministrazioni efficienti nel supportarli, quando decidono di ampliare la propria attività sulla strada. Le norme sono spesso diverse, anche discordanti, le imposte elevate e le richieste, a volte, al limite dell’incredibile. Come è accaduto lo scorso anno a un ristoratore torinese a cui la Commissione dehors ha chiesto di ritagliare e portare in visione un pezzo del telone della propria struttura per capire se fosse antiriflesso. Vero è che è necessario stabilire delle regole.
Roma, dove gli spazi esterni dei locali sono importantissimi, negli ultimi tempi ha cercato di porre qualche regola a una situazione di fatto fuori controllo. Dalla scorsa estate è stato approvato, dopo un lungo dibattito, il Catalogo dell’arredo comunale, che contiene l’elenco degli elementi d’arredo, tavoli, sedute, fioriere, corpi illuminanti, coperture e strumenti di riscaldamento, ammessi per l’arredo dei dehors.
La città è stata suddivisa in tre zone e gli esercenti hanno tempo fino alla fine del 2016 per mettersi in regola. Gli obblighi sono diversi di zona in zona: nel centro storico, per esempio, è vietato l’uso di pedane e non si possono impiegare tende per chiudere i dehors. Il provvedimento ricalca sotto certi aspetti quello già in vigore da anni a Venezia, che regolamenta in modo molto preciso come debbano essere strutturate le aree esterne ai locali pubblici. Sempre a Roma è scattata, da qualche mese, una maggiore sorveglianza sui dehors abusivi, fenomeno endemico del centro, che ha portato al sequestro e smantellamento di numerose strutture. Uno dei casi più recenti ha riguardato, a fine marzo, due dehors di via Veneto.
Le soluzioni
È fuori di dubbio che le soluzioni escogitate dalle aziende di settore consentono di realizzare gazebo e allestimenti in modo sempre più semplice e rapido, facilitando al tempo stesso la manutenzione e garantendo il massimo comfort agli ospiti.
Legni ecologici, materiali plastici sempre più robusti e resistenti alle intemperie, metalli leggeri e resistenti come l’alluminio o speciali leghe sono sempre più utilizzati sia per le strutture di sostegno di quelli che diventano veri e propri giardini o padiglioni d’inverno, sia per sorreggere ombrelloni e tende molto belli esteticamente.
Anche la tecnologia è entrata nei dehors in misura massiccia. Per esempio con sistemi elettronici che aprono e chiudono gli ombrelli o orientano chiusure parziali o lamelle oscuranti per modulare l’ingresso della luce o proteggere dal sole. O con soluzioni per la climatizzazione sempre più ingegnose: dagli scenografici bruciatori a gas in acciaio e vetro, che sostituiscono sempre più di frequente i classici “funghi” catalitici, alle lampade a infrarossi fino alle pedane riscaldanti, che nascondono una serpentina scaldata elettricamente per riprodurre l’effetto di un sistema a pavimento a bassa temperatura, una delle soluzioni più apprezzate per il comfort domestico. Sta inoltre prendendo sempre di più piede una tendenza alla specializzazione delle aziende del settore, che non si limitano più ad offrire soluzioni a catalogo ma hanno adottato una strategia simile a quella dei produttori di banchi bar. Stop alle soluzioni standard, per quanto i regolamenti comunali restringano spesso la possibilità di scelta, e via libera invece alle creazioni ad hoc e su misura, progettate sulla base delle specifiche necessità del singolo locale. Il tutto, però, utilizzando prodotti modulari, che consentono la massima elasticità nel definire il layout, pur basandosi su una produzione seriale che contribuisce a contenere i costi.
Si va sempre di più verso la personalizzazione dell’arredo: tavole, sedute, divani, poltroncine, pur essendo realizzati in serie, sono ormai disponibili in tali e tante varianti di colori da diventare di fatto prodotti unici che consentono di differenziare il locale.