Londra è la bar scene che non finisce mai di stupire: potrebbero trascorrere settimane intere prima di saziarsi dell’offerta di cocktail bar della capitale inglese, e ciononostante sentiremmo il bisogno di tornare di tanto in tanto a vedere “che c’è di nuovo”.
E qualcosa di nuovo c’è sempre, statene certi. Tra le persone che più hanno contribuito a rendere celebre la capitale del bere miscelato, ce n’è una che ha firmato di recente il suo terzo successo: Tony Conigliaro - già noto per l’atmosfera noir e i cocktail misteriosi del 69 Colebrooke Row, nonché per i bicerin e i negroni invecchiati del Bar Termini di Soho - ha da poche settimane aperto Untitled a Dalston, un quartiere della East London che negli ultimi anni è divenuto casa di artisti e creativi che preferiscono starsene lontani dal caotico centro londinese. Riprendendo le sue radici studentesche mai dimenticate e la sua passione per l’arte contemporanea, Tony dedica a questa comunità creativa uno spazio in cui poter condividere idee, sviluppare progetti e intessere relazioni.
L’ispirazione nasce dalla Silver Factory di Andy Warhol, lo studio che nella New York degli anni Sessanta l’artista metteva a disposizione dei giovani talentuosi che incontrava e supportava.
Drink in progress
Nella stanza principale del locale un lungo tavolo con venti sgabelli che lo circondano su tutto il perimetro fa da centro della scena, mentre a capotavola spicca una testa del dio Pan, che osserva i commensali. Gli arredi sono elegantemente minimali, e devono essere pronti ad essere messi in discussione e cambiati ogni quattro mesi, cosa che avviene anche per le opere esposte e con il menu dei primi dodici cocktail presentati: Neve, Sicilia, Violino, Riso, Fantasma, Seta.
Questi sono solo alcuni dei nomi di una drink list in cui la sperimentazione la fa da padrone, in cui il distillato utilizzato non viene nemmeno menzionato, ma entrano in gioco le sensazioni che le poche parole che descrivono il drink suscitano sul lettore.
Ognuno di questi cocktail è pensato per un singolo bicchiere disegnato appositamente, in modo che ne sappia esaltare la sinuosità del gusto, dell’odore e del concetto ad esso associato. Il bar inteso come bancone di lavoro è invece praticamente inesistente; nulla viene preparato in loco, i cocktail arrivano direttamente pre miscelati dalla Drink Factory di Conigliaro, il laboratorio da lui fondato nel 2007 e dal quale escono tutte le idee di sviluppo per i tre locali e per le numerose collaborazioni in tutto il mondo.
E dal quale, soprattutto, escono tutte le ricette del team di barman e creativi che vi lavorano.
Prezzi pop
Grazie a questa pratica è reso possibile un altro aspetto interessante del locale: il prezzo contenuto dei cocktail, che non supera i dieci euro. È il frutto di un lavoro a monte, che consente però un impiego minore di personale in loco e pure una velocità di somministrazione più elevata. La scelta è volta a creare un ambiente accessibile a tutti, soprattutto ai giovani che non sempre hanno molta disponibilità economica.
Il bar apre alle undici la mattina, sette giorni su sette; il servizio di caffetteria è in collaborazione con Dark Arts, una torrefazione londinese situata a pochi isolati di distanza.
La cucina serve bar snacks come patatine al wasabi, sesamo con alghe marine o gelatine alla rosa e germogli.
Sinergie con Blumenthal
I piatti del menu della cena rimangono per il momento ancora misteriosi, ma quello che è sicuro è che sono stati studiati per fungere da abbinamento ragionato ai cocktail proposti.
Questo è infatti uno dei temi di studio preferiti da Conigliaro, che collabora da anni con il celebrity chef Heston Blumenthal nello studio della chimica del sapore e delle connessioni di gusto tra ingredienti sia liquidi che solidi.
Insomma, per quanto l’opera d’arte esposta sia e sarà anche in futuro “senza titolo”, è molto improbabile che rimanga a lungo sconosciuta al pubblico degli estimatori, londinesi e non.